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Il fortino della droga a Licata: quattro misure cautelari

In manette uno degli indagati della nota vicenda delle torture sugli invalidi civili a Licata

Pubblicato 4 anni fa

Avevano creato una vera e propria piazza di spaccio, a Licata. A finire nella rete dei Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Licata un’intera famiglia licatese residente in una zona di case popolari. Due gli arresti (domiciliari) e due obblighi di dimora: in manette sono finiti Geson Lauria e Antonio Casaccio. Quest’ultimo è indagato anche per la nota vicenda delle torture sugli invalidi civili a Licata. Altre due misure cautelari riguardano invece due donne che si occupavano della logistica.

L’operazione della scorsa notte ha visto impegnati trenta militari dell’Arma che hanno eseguito quattro misure cautelari disposte dal Gip su richiesta della Procura della Repubblica di Agrigento ed effettuato numerose perquisizioni.

L’indagine, iniziata tra il 2019/20, sviluppatasi attraverso attività investigative tecniche e con pedinamenti, ha permesso di cristallizzare numerosi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti (hashish, marijuana e cocaina) e soprattutto un continuo via vai di acquirenti e consumatori, protetti da numerose “vedette” molto spesso minorenni. Durante l’attività investigativa, si è avuto modo di verificare un episodio che ha destato particolare allarme in quanto uno degli spacciatori è riuscito ad organizzare una cessione di stupefacente ad una donna per il tramite del marito che parlava indisturbato dal carcere di Agrigento dove era detenuto per altra causa.

Un mercato della droga attivo 24 ore su 24, dichiara il Capitano Francesco Lucarelli Comandante della Compagnia CC di Licata. L’attività nasce da una aggressione durante la quale un licatese fu tempestato dal lancio di oggetti sul suo balcone. Calmata la rissa, all’esterno di un’abitazione fu trovato un quantitativo di marijuana e partendo da questo spunto investigativo è stato dato il via alle indagini che hanno portato alle misure odierne. Un’attività a conduzione familiare, bambini utilizzati come vedette che avvisavano l’arrivo degli “sbirri”, mentre poi un ruolo fondamentale era quello delle donne che organizzavano le dosi da cedere. Molti giovani e meno giovani che si rifornivano, continua il capitano Lucarelli, tra questi anche un maestro di scuola di elementare”.

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