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L’inchiesta “Appalti e mazzette”, si indaga anche sulle imprese ritenute in odor di mafia

Uno scambio di informazioni e fascicoli è certamente avvenuto tra la procura di Agrigento e la Direzione distrettuale antimafia di Palermo

Pubblicato 2 giorni fa

Imprese sospette, poiché ritenute contigue alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, che avrebbero tentato di intercettare gli ingenti capitali di lavori e appalti attraverso l’imposizione di forniture, mezzi e personale. È questo l’ennesimo passaggio della maxi inchiesta che ipotizza un giro di tangenti per pilotare pubblici appalti nell’agrigentino. Si tratta di una mezza dozzina di ditte – tra Licata, Ravanusa, Favara e Porto Empedocle – finite al centro di investigazioni. Uno scambio di informazioni e fascicoli è certamente avvenuto tra la Procura di Agrigento, guidata da Giovanni Di Leo, e la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Quali siano state le determinazioni dei due uffici è ancora presto per dirlo ma indubbiamente la madre di tutte le inchieste – quella convenzionalmente denominata dai media “Appalti e mazzette” – potrebbe partorire ulteriori filoni investigativi.

Il cuore pulsante della poderosa attività di indagine della Procura di Agrigento è l’esistenza di un presunto “sistema” politico-imprenditoriale in grado di corrompere e pilotare gli appalti pubblici in favore di alcuni e a discapito di altri. Ma è altrettanto vero che, in oltre un anno di intercettazioni a tappeto, trojan, file spia e pedinamenti, potrebbe emergere tanto altro. Non soltanto, dunque, una lobby dei cosiddetti “colletti bianchi” – un cerchio magico composto da politici, imprenditori e faccendieri – ma anche un sottobosco fatto di imprese ritenute in odor di mafia che hanno da tempo fiutato l’odore dei soldi e la possibilità di guadagno.

Negli ultimi mesi, infatti, il territorio agrigentino è stato interessato da ingenti investimenti di capitali tanto nel settore pubblico quanto in quello privato: strade, scuole, strutture ricettive e molto altro. Un imponente flusso di denaro che certamente ha “ingolosito” le organizzazioni mafiose presenti sul territorio le quali, attraverso l’imposizione di forniture, mezzi e personale, intercetterebbero così i capitali. Non è difficile, dunque, ipotizzare che proprio la presenza di queste imprese ritenute “sospette” abbia fatto scattare più di un campanello d’allarme e che tutti gli elementi siano al vaglio degli inquirenti.

La storia continua.

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