Giudiziaria

L’omicidio del marmista di Cattolica Eraclea, nuovo processo per Sciortino: annullata assoluzione 

Ancora un ribaltone nel processo sull’omicidio di Giuseppe Miceli, il marmista di Cattolica Eraclea ucciso il 6 dicembre 2015

Pubblicato 2 settimane fa

Ancora un ribaltone nel processo sull’omicidio di Giuseppe Miceli, il marmista di Cattolica Eraclea ucciso il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio in via Crispi. La Cassazione ha annullato l’assoluzione di Gaetano Sciortino e disposto nei suoi confronti un nuovo processo da celebrare davanti altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo. Sciortino, difeso dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, operaio sessantenne di Cattolica Eraclea, era stato condannato in primo grado della Corte d’Assise di Agrigento a 24 anni di reclusione per poi venire assolto “perché il fatto non sussiste” in secondo grado.

Oggi, la Cassazione ha annullato proprio quest’ultimo verdetto. Si dovrà, dunque, celebrare un nuovo processo. I giudici ermellini hanno accolto il ricorso avanzato dal procuratore generale Giuseppe Fici e dell’avvocato Antonino Gaziano che rappresenta i familiari della vittima. La vicenda risale alla fine del 2015 quando il cadavere del marmista fu rinvenuto all’interno del suo laboratorio.

Chi ha agito lo ha fatto con estrema efferatezza, utilizzando come armi del delitto alcuni attrezzi e un’acquasantiera in marmo. Gaetano Sciortino venne arrestato dai carabinieri due anno dopo il delitto. Ad “incastrarlo” – secondo l’ipotesi accusatoria – ci sarebbero stati alcuni elementi: il ritrovamento di una scarpa in un’area rurale la cui impronta sarebbe compatibile con quella repertata dai Ris sulla scena del crimine; il presunto pedinamento del giorno precedente e la distruzione di alcune punte da trapano da parte dei figli dell’imputato (intercettati) che appartenevano alla vittima. 

L’impianto accusatorio aveva trovato parziale accoglimento nel giudizio di primo grado quando della Corte d’Assise di Agrigento condannò Sciortino a 24 anni nonostante la Procura avesse chiesto la pena dell’ergastolo. In Appello la ricostruzione degli inquirenti fu completamente smontata e l’imputato venne assolto “perché il fatto non sussiste”. Oggi l’ennesimo ribaltone con un altro processo da celebrare.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *