“Stalking e diffamazione ai parenti del procuratore Viola”, chiesto processo per due agrigentini
Secondo l’accusa i due agrigentini, originari di San Giovanni Gemini, avrebbero creato fasi profili per diffamare e perseguitare un avvocato e un imprenditore, cugini del procuratore capo di Milano
Al via questa mattina la prima udienza preliminare a carico di due agrigentini – Alfonsa Genco e Antonino Genco – 52 e 56 anni, entrambi di San Giovanni Gemini – imputati dei reati di diffamazione aggravata e atti persecutori, commessi mediante l’utilizzo di falsi profili social. Secondo quanto accertato dagli inquirenti, i due imputati — avvalendosi sistematicamente degli account fittizi denominati “Claudia Risi”, “Daniela Bartoli” e “Gessica Gen” — avrebbero diffuso, su larga scala e in modo seriale, contenuti denigratori, offensivi e minacciosi ai danni dell’avv. Marianna Viola, stimata penalista siciliana, e del di lei figlio, Pietro Nicola Salemi, imprenditore agricolo e titolare dell’Agriturismo “Casalicchio” di Cammarata.
Le offese hanno colpito anche il padre dell’avv. Viola, Giulio Cesare Viola, nonché il loro congiunto, Dott. Marcello Viola, cugino delle persone offese, anch’esso originario di Cammarata, attualmente Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, figura di massimo rilievo istituzionale a livello nazionale, già impegnato nella lotta alla criminalità organizzata presso la DDA di Palermo e successivamente Procuratore a Trapani e Procuratore generale a Firenze. Le sistematiche diffamazioni che in modo mirato hanno pure coinvolto il Procuratore Marcello Viola, peraltro, sono state realizzate nei periodi cruciali degli anni 2022 e 2023, in cui erano in corso le indagini della Procura della Repubblica di Perugia sul c.d. “caso Palamara”, che aveva portato alla bocciatura del Procuratore Viola nella nomina a Capo della Procura della Repubblica di Roma e alla nomina del Dott. Michele Prestipino, poi annullata dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Determinante, nell’iter investigativo e processuale, è stato il contributo tecnico e giuridico fornito dall’Avv. Gioacchino Genchi, già funzionario della Polizia di Stao e consulente storico di numerose Procure italiane, tra cui quelle di Palermo e Caltanissetta nei processi sulle stragi mafiose del 1992. Grazie alla sua esperienza quarantennale nel campo dell’informatica giuridica e forense, l’Avv. Genchi – grazie anche alla equipe dei collaboratori e dei consulenti informatici del suo studio – ha affiancato le persone offese sin dalla fase della denuncia, fornendo agli inquirenti elementi decisivi per la tracciabilità e l’identificazione degli autori reali dei post anonimi diffamatori.
Dalla complessa attività di indagine tecnica, svolta dagli operatori della Polizia di Stato del Commissariato di P.S. “Libertà” di Palermo, diretti dal Vice questore Manfredi Borsellino, grazie anche agli specifici atti di impulso difensivo e all’eccellente coordinamento del pubblico ministero della Procura della Repubblica di Palermo Ludovica D’Alessio, è emersa la riconducibilità univoca dei profili “fake” alle utenze telefoniche di Alfonsa e Antonino Genco, grazie alla mappatura degli indirizzi IP e al confronto con i dati di traffico telematico e telefonico delle utenze cellulari e di telefonia di base intestate e in uso agli imputati, che da anni nutrivano una profonda avversione nei confronti della famiglia Viola di Cammarata. Nello specifico: L’indirizzo IP dei profili “Claudia Risi”, “Daniela Bartoli” e “Gessica Gen” è risultato associato a una utenza mobile intestata ad Alfonsa Genco; I log di accesso ai medesimi account sono stati collegati a una linea telefonica fissa intestata ad Antonino Genco, a ulteriore conferma della gestione coordinata e preordinata degli account da parte degli imputati.
Le diffamazioni sono state sistematicamente pubblicate su gruppi e pagine Facebook a elevata visibilità, tra cui “Facebook official group – Cammarata San Giovanni Gemini” (oltre 12.700 membri), “Amicizia” (quasi 10.000 membri) e persino sulle bacheche social di importanti testate regionali come il Giornale di Sicilia, Agrigentonotizie.it e Telestudio 98. La strategia diffamatoria ha determinato un grave stato d’ansia e prostrazione psicologica nelle persone offese, costrette a controllare quotidianamente le piattaforme per prevenire ulteriori aggressioni. Il danno si è esteso anche all’impresa agrituristica di famiglia “Casalicchio”, che ha subìto un crollo di presenze nei mesi interessati, soprattutto da parte della clientela locale, con danni economici documentati. Il caso, esemplare per dinamiche e gravità, evidenzia un fenomeno sempre più frequente: la “character assassination” digitale, realizzata con strategie ossessive e mirate a screditare pubblicamente i soggetti esposti, professionisti e famiglie attraverso una macchina diffamatoria online che sfrutta l’anonimato e la viralità delle piattaforme social. Il procedimento penale ora passa al vaglio dell’Autorità giudiziaria. Le parti offese auspicano un processo celere e giusto, che possa ristabilire la verità e restituire piena dignità alle persone e all’impresa colpite da una delle più aggressive forme di violenza digitale emerse in ambito giudiziario negli ultimi anni.