Cultura

Vis-à-vis (Amazzone) di Giulio Paolini al Museo “Griffo”, il 5 settembre l’evento di presentazione

L'opera "Vis-à-vis (Amazzone)" di Giulio Paolini entrerà a far parte delle collezioni permanenti del Museo Archeologico Regionale "P. Griffo" di Agrigento

Pubblicato 1 ora fa

Venerdì 5 settembre alle ore 18.00 presso il Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” di Agrigento verrà presentata al pubblico l’opera “Vis-à-vis (Amazzone) (3)” di Giulio Paolini (Genova 1940) che entrerà a far parte delle collezioni permanenti del Museo Archeologico Regionale “P. Griffo” di Agrigento. 

Il progetto di acquisizione dell’opera, promosso dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, ideato e curato da Giusi Diana e Antonio Leone, è stato realizzato grazie al sostegno del PAC2024 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Alla presentazione interverranno, tra gli altri, il Direttore del Parco Archeologico Roberto Sciarratta e Bettina Della Casa Direttrice della Fondazione Giulio e Anna Paolini di Torino.

Come dichiara Giulio Paolini, a proposito della recente acquisizione della sua opera al Museo di Agrigento: “Poche volte nella mia lunga carriera sono stato così felicemente sorpreso dall’apprendere che una mia opera trovasse dimora in un luogo così perfettamente consonante con la sua stessa natura. Non avrei potuto immaginare un contesto più affine, e di questo desidero ringraziare coloro che hanno fortemente desiderato e voluto realizzare questa particolare acquisizione”

L’opera di Giulio Paolini dal titolo “Vis-à-vis (Amazzone)” (3) del 2019, composta dalle due metà del calco in gesso della testa di una copia romana dell’”Amazzone ferita” attribuita allo scultore greco Policleto (V sec. a C.) conservata nei Musei Capitolini di Roma, poste una di fronte all’altra vis-à-vis come recita il titolo, trova nella Sala XV del Museo P. Griffo una inedita prossimità con il grande cratere attico a figure rosse (460 a.C.) del Pittore dei Niobidi proveniente dalle necropoli di Gela, raffigurante, nel corpo centrale, l’Amazzonomachia con l’episodio dell’uccisione di Pentesilea, regina delle Amazzoni, da parte dell’eroe Achille, che secondo il mito se ne innamora, nel momento stesso in cui la colpisce a morte. Nell’ opera di Paolini le due metà del volto dell’ Amazzone sono accostate ad una tela di grandi dimensioni sospesa a parete su cui sono tracciate a matita rossa, le due diagonali, cifra identificativa (quasi una firma dell’artista), che evocano, in termini concettuali, lo spazio della rappresentazione. Questo elemento delle due diagonali rosse che ritroviamo lungo tutta la sua produzione, è presente fin dal suo primo quadro “Disegno geometrico” del 1960, artificio prospettico che connota lo spazio della rappresentazione, vera e propria dichiarazione d’intenti, che rimarrà il punto di eterno ritorno della sua ricerca artistica. Lo scambio di sguardi, tra le due metà del volto dell’Amazzone, si interroga, nelle intenzioni dell’autore, sulle ragioni dell’esistenza stessa dell’opera d’arte, in quanto tale, e del suo farsi attraverso il nostro sguardo. Nelle parole dell’artista: “Quando metto uno di fronte all’altro due esemplari identici di una stessa scultura antica non voglio essere l’artefice o il riscopritore di quelle sculture, ma l’osservatore che coglie la distanza che le divide, quindi tutte le possibilità di rapporto o di assenza di rapporto che si determinano tra loro, e tra quell’immagine e noi” . 

Per Roberto Sciarratta Direttore del Parco Archeologico: “La recente apertura del Museo Griffo al dialogo tra collezioni di arte antica e contemporanea, grazie all’acquisizione di una serie di fotografie di Claudio Gobbi, un progetto realizzato da ruber.contemporanea e curato da Giusi Diana con il sostegno di “Strategia Fotografia 2023″, promosso sempre dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, ha dato avvio ad una piccola ma raffinata sezione museale, da arricchire con opere di riconosciuti artisti italiani e internazionali che abbiano nella loro poetica un continuativo rapporto con l’antichità classica. Doveroso iniziare da Giulio Paolini, uno degli artisti italiani più riconosciuti a livello internazionale che, fin dagli anni ’70, ha coltivato nelle sue opere un preciso rimando all’antichità classica, in particolare grazie alla presenza di calchi di statue antiche”. 

Sulla presenza di opere d’arte contemporanea in contesti archeologici, mettendo in dialogo manufatti di epoche diverse, secondo una visione trans-storica dell’arte, come raccontano i due curatori del Progetto Giusi Diana e Antonio Leone: “Le due opere, apparentemente distanti: un capolavoro della ceramografia attica e l’enigmatica opera di uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale internazionale; attraverso assonanze iconografiche, si accendono al nostro sguardo di inedite suggestioni, che vanno nella direzione della percezione di quella comune “inattualità” che per Giulio Paolini è la “disposizione generale costante dell’Arte”. 

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