Giudiziaria

Magistratura onoraria: sciopero dal 19 al 22 gennaio

I magistrati onorari hanno proclamato un nuovo sciopero che si terrà nei giorni dal 19 al 22 gennaio 2021. L’iniziativa si sostanzierà nell’astensione dei Giudici onorari di pace e dei Vice procuratori onorari dalle udienze civili e penali e dalle altre attività d’istituto. E’ quanto si legge nella lettera di proclamazione dell’astensione della Consulta della magistratura onoraria. Il testo della lettera: “ Si è appena […]

Pubblicato 3 anni fa

magistrati onorari hanno proclamato un nuovo sciopero che si terrà nei giorni dal 19 al 22 gennaio 2021. L’iniziativa si sostanzierà nell’astensione dei Giudici onorari di pace e dei Vice procuratori onorari dalle udienze civili e penali e dalle altre attività d’istituto. E’ quanto si legge nella lettera di proclamazione dell’astensione della Consulta della magistratura onoraria.

Il testo della lettera:

“ Si è appena chiuso un anno orribile, connotato da una drammatica crisi pandemica che ha svelato impietosamente tutte le criticità di una categoria di lavoratori, i magistrati onorari, vessata da oltre vent’anni di
imbarazzanti silenzi, proroghe attendiste, normazione ipovedente. L’assenza di tutele assistenziali e le modalità di retribuzione a cottimo, in ragione delle sospensioni ex lege e della costrizione delle attività, in uno con lunghi periodi di malattia e quarantene, hanno prodotto devastanti conseguenze nella vita di 5000 servitori dello Stato e delle loro famiglie, rimasti privi di reddito e privi di adeguati indennizzi. In una recente risposta del Sottosegretario alla Giustizia Ferraresi del 22 dicembre scorso (All.1), proprio sulla politica emergenziale adottata per la categoria d’interesse, intervenuta dopo oltre dieci mesi dall’interrogazione parlamentare che la origina, si millanta di risorse economiche impiegate e strumenti di tutela inesistenti. “L’impegno economico profuso dal Governo”, ivi menzionato, è in realtà un ricco risparmio di spesa, avendo il Ministero accantonato decine di milioni con la sospensione degli emolumenti ai magistrati precari, restituendo loro solo poche briciole – Euro 600,00 – nei mesi di marzo e aprile e, solo per pochi coriacei combattenti nel mese di maggio. Sa quasi di beffa, poi, il riferimento fatto alla spesa nazionale per la sanificazione degli uffici giudiziari, saponi e detergenti, laddove il focus dell’interrogazione – testualmente – riportava la condizione oggettivamente insostenibile della magistratura di pace – rectius onoraria tout court – “tuttora priva delle più elementari tutele sanitarie e assistenziali, pur fornendo un servizio pubblico che non può essere né interrotto né differito, riguardando l’amministrazione della giustizia e la regolare e puntuale celebrazione delle udienze tabellari”.
Al riferimento operato nell’interrogazione alle udienze in materia di immigrazione clandestina, si aggiungano le udienze di convalida degli arresti, che hanno visto centinaia di requirenti precari presenziare anche con la curva pandemica all’apice del proprio andamento.
Tutti costoro, come estremo atto di spregio, hanno subito pulciose decurtazioni del ricchissimo paniere indennitario di maggio, vedendosi sottratte, al centesimo, dai 600€ d’indennizzo previsti, le somme per le giornate lavorative prestate nell’ambito delle suddette attività improcrastinabili, dopo aver messo a repentaglio la salute propria e dei propri cari. Non si comprende, poi, il riferimento operato dal Sottosegretario al pagamento delle udienze a trattazione scritta: l’intervento su tali attività è provvedimento di mera interpretazione autentica, mera dimenticanza cui si è ovviato in via emendativa ai decreti ristori, essendo tali udienze già normalmente pagate. Viene declamato come un atto meritorio della maggioranza a favore dei magistrati onorari del settore civile ciò che costituisce, esclusivamente, una precisazione dovuta, necessaria ad evitare le non inconsuete fantasiose interpretazioni di solerti funzionari, tese perennemente alla sottrazione dei compensi per il lavoro regolarmente prestato. Ci si è chiesti quale sia l’astro che illumina i magistrati ministeriali di Palazzo Piacentini, allorquando il Sottosegretario ha scritto essere “di solare evidenza l’impegno profuso dal Governo al fine di assicurare alla magistratura onoraria una forma di sostegno in caso di sospensione obbligata, totale e parziale, dell’attività dei tribunali in costanza di crisi sanitaria”, un impegno che, garantiva il Sottosegretario il 22 dicembre “rinnoverà anche in futuro”.
C’è di che tremare. Dal mese di febbraio anche la magistratura onoraria conta le proprie vittime, nell’assoluta indifferenza delle Istituzioni.
Desta, poi, poca sorpresa la sovrapposizione di piani del tutto distinti, quali la copertura assicurativa INAIL per infortuni sul lavoro, presente da poco tempo (con inserimento dei magistrati precari nella classe più bassa, con parificazione ai detenuti), agli oneri assistenziali in caso di malattia, assenti da sempre. L’attenzione esibita, infatti, è tristemente la medesima riservata con costanza ai magistrati precari, in qualsivoglia consesso, politico o giurisdizionale, ove i rappresentanti del Governo siano chiamati a discorrere. In occasione della discussione in Corte Costituzionale che ha condotto alla sentenza n. 267/2020 (All.2), infatti, l’esponente dell’Avvocatura dello Stato persisteva nell’impostazione ministeriale consueta, obsoleta ed anacronistica, che vede il magistrato onorario quale male necessario, una figura di cui tutti fanno ampio uso, ma che va tenuta in catene e possibilmente rinnegata persino nella sua esistenza, perché troppo indegna la sua condizione attuale rispetto ai parametri minimi di un Paese civile di questo millennio. Tale impostazione, non nelle esternazioni ministeriali, è mutata completamente dopo l’arresto
giurisprudenziale europeo del 16 luglio 2020 (C-658/19) in ordine al quale, davanti alla Corte Costituzionale, il rappresentante del Governo si diceva poco preparato, così come il Sottosegretario Ferraresi sembra essere nel
proprio scritto, riportando, ad avallo della propria prospettiva, una pronuncia della Corte Costituzionale dell’anno
2000. L’evoluzione, lenta, ma ormai inesorabile, verso scenari di civiltà, è lampante proprio nella recente sentenza n. 267 (All.3) , che tratta una questione di certo secondaria rispetto alle gravissime criticità del
complessivo, assai traballante, impianto ma che, come ribadito dal Presidente della Corte Costituzionale dott.
Giancarlo Coraggio nel corso della recente conferenza stampa è “l’occasione per un’affermazione di principio
importante: la funzione è la stessa, giudicare è la stessa cosa, sia che si giudichi di materie che hanno un
maggior o minore impatto economico servono serenità, obiettività e imparzialità ma soprattutto, nel caso che ci
interessava, serenità”. (All.4) Quale serenità può avere un magistrato costretto a operare senza tutele assistenziali, privato degli
emolumenti per qualsivoglia malattia o, in genere, evento lo colpisca? Quale serenità può avere un magistrato che venga pagato con un gettone di presenza, di importo talmente insultante e mai attualizzato, da risultare oltraggioso per la funzione esercitata, la cui credibilità agli occhi
dell’utente non può che essere enormemente minata? Era solo il 2018 quando la Corte di Cassazione affermava – sentenza n. 99 del 2018 – che a un giudice di pace colpito da tubercolosi nell’esercizio delle funzioni non spettasse alcuni indennizzo, poiché ritenuto un mero
volontario, un passante capitato per caso nelle aule di giustizia disapplicando il diritto comunitario. Eppure, recentemente, proprio su questo tema, la Commissione di Garanzia per lo sciopero nei servizi
essenziali, richiamando i magistrati onorari ai medesimi doveri della consorella di ruolo, ha messo in luce la totale inadeguatezza di una simile ricostruzione, emersa in tutti i suoi imbarazzanti limiti: anche a un magistrato onorario sono imposti doveri propri della funzione esercitata, di certo incompatibili con qualsivoglia concetto di prestazione volontaria. (All.5) Dunque, un magistrato precario non può richiamare genericamente motivi di tutela della propria salute per sottrarsi a un grave rischio che non lo vede in alcun modo tutelato, ma lo Stato – secondo l’attuale impianto normativo – può considerarlo volontario o libero professionista a seconda della convenienza del contesto, e, sol per questo, trattarlo come, ci si consenta l’espressione propria di altri ambiti, “carne da cannone”. La sentenza n. 267/2020 della Consulta ha rivisto, anche a livello nazionale, concetti che per anni avevano guidato gli arresti di merito e legittimità, con alcune eccellenti eccezioni in Sassari, Napoli e Bologna (All.ti 6-7- 8-9), riconoscendo finalmente alla magistratura perennemente precaria il diritto a quella dignità giuslavoristica da sempre reclamata, con asserzioni di principio già trasfuse nella pronuncia di merito del 16.12.2020 del Giudice del lavoro di Vicenza che ha ravvisato nel magistrato ordinario la figura di lavoratore comparabile per l’applicazione delle tutele stabilite dalle Direttive comunitarie e dalla giurisprudenza della CGUE. Le asserzioni del Sottosegretario Ferraresi, volte a negare tutela, si incardinano su una pronuncia di vent’anni orsono e sono connesse a una lettura assolutamente parziale della pronuncia della Corte di Giustizia; le parole del Giudice del Tribunale di Vicenza, dott. Campo, si riportano, di contro, a quelle della
sentenza n. 267/2020 e inquadrano in termini corretti i “limiti oggettivi” alla parificazione del magistrato onorario alla figura omologa, nei diritti giuslavoristici e non nello status – MAI CHIESTO – di magistrato ordinario, di cui parla il Consesso sovranazionale: “una ragione oggettiva che giustifichi la disparità di trattamento – dice il Presidente Campo – può bensì essere rappresentata dall’esistenza di un concorso iniziale, specificamente
concepito per i magistrati ordinari ai fini dell’accesso in magistratura, cui non si fa ricorso per la nomina dei giudici di pace e dei magistrati onorari; ciò tuttavia solo ove vengano in rilievo diverse qualifiche richieste e
diversa natura delle mansioni di cui le due categorie di lavoratori devono assumere la responsabilità: in altri termini, ove il trattamento differenziato derivi dalla necessità di tener conto di esigenze oggettive attinenti
all’impiego che deve essere ricoperto. La natura delle mansioni – prosegue la sentenza – riferibili ai magistrati ordinari e GOT, e di conseguenza la competenza professionale richiesta, è sostanzialmente la medesima: non
sussistono dunque ragioni oggettive che giustifichino quindi una diversità di trattamento tra lavoratori comparabili … Va inoltre considerato che l’esercizio della funzione giurisdizionale non può essere considerata
diversamente in ragione del valore delle controversie trattate, dal momento che non esiste una graduatoria di rilevanza della giurisdizione fondata sul valore economico dei diritti azionati in giudizio”. Giova non dimenticare che, ancora una volta, viene ribadito che non possono essere sollevate ragioni di bilancio a giustificare inaccettabili discriminazioni tra figure omologhe, una volta accertata la loro comparabilità funzionale.
A fronte di questo quadro cristallino, le scriventi Associazioni, unitamente ai singoli lavoratori che hanno manifestato nelle piazze e, alcuni, posto in essere una forma di protesta senza precedenti, con lo sciopero della fame, hanno insistentemente chiesto all’Esecutivo una decretazione d’urgenza che abbandoni definitivamente l’impostazione di orlandiana memoria, prossima a produrre i propri nefasti effetti anche sulla produttività degli
Uffici, e abbracci la strada della legalità e del rispetto delle persone grazie alle quali, come ormai universalmente riconosciuto, il sistema giustizia ha retto per anni. Dopo aver scatenato la dura risposta dell’intera compagine onoraria e le reazioni di fermo dissenso della
magistratura di ruolo associata, con affermazioni non solo offensive, ma del tutto avulse dalla realtà, dato il progressivo snaturamento della figura del magistrato onorario come concepito nel secolo scorso, impiegato da
tempo quotidianamente e per almeno la metà degli affari di primo grado in materia civile e penale, il Ministero ha ammesso l’infelice boutade ma, ad oggi, tace su una soluzione finalmente consona e pienamente rispettosa delle aspettative dei singoli e delle Istituzioni.
Come il Presidente della Corte Costituzionale Coraggio ha ricordato, infatti, anche la Commissione Europea attende dal 2016 una risposta soddisfacente, sino ad oggi mai pervenuta, insistentemente richiesta
anche lo scorso mese di novembre nel corso dell’audizione in Commissione PETI: tutti step di rapido avvicinamento all’ennesima costosissima procedura d’infrazione. Il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, in un’intervista del 3 gennaio, si esprimeva lapidariamente così: “Io credo che i 5mila giudici onorari e di pace che svolgono attualmente la professione hanno ricevuto un trattamento inaccettabile. Sono state date loro responsabilità sempre maggiori ma è mancato il pieno riconoscimento dei loro diritti che, al contrario, sono stati mortificati. Ecco allora, per quanto riguarda loro, credo che sia il caso di garantire i diritti di cui non hanno goduto”. Ha poi proseguito Santalucia auspicando, “per la magistratura non di ruolo del futuro, che non perda più il
carattere dell’onorarietà”, carattere che non è più della magistratura precaria in servizio. Il Ministero non ha fornito alcuna concreta prova di resipiscenza rispetto all’impostazione del ddl Bonafede
n. 1438, in Senato, accompagnato, poi, dal ddl Valente/Evangelista, ove si persiste nel non riconoscere alcunché
ai magistrati onorari in servizio, si rinnova l’odioso cottimo a finanza invariata, si bypassano tutte le tutele giuslavoristiche per malattia e maternità, si pone la previdenza interamente a carico del lavoratore e si riconosce un’indennità fittiziamente chiamata “fisso”, indecorosa.
A ciò si aggiunga che la recente manovra di bilancio non vede neppure un euro stanziato per la magistratura invisibile in servizio, in relazione al triennio 2021-2023, tanto da indurre i singoli di recente in
sciopero della fame, nel totale silenzio ministeriale, ad annunciare la ripresa di questa forma disumana di protesta
(All.10). In data 1 dicembre 2020 le scriventi Associazioni aprivano la procedura di raffreddamento, stimolando le Istituzioni a raccogliere l’invito ad una solerte composizione di una vertenza tanto antica quanto ormai matura e pronta a una rapida definizione. È in questo torno di tempo che si sono inseriti gl’inaccettabili documenti ministeriali non, si badi, in risposta ai servitori precari attraverso le loro Associazioni di categoria, ma “solo” in risposta alle interrogazioni degli Onorevoli della Repubblica.
I magistrati precari e invisibili non sono mai stati ritenuti meritevoli neppure di ascolto e confronto, in aperta lesione non solo degli elementari diritti giuslavoristici di ogni Stato democratico, ma anche dell’onorabilità
della funzione svolta”.

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