Girgenti Acque, il giudice che presiede il processo si astiene per incompatibilità
Il processo è stato riassegnato ai giudici della prima sezione penale guidata da Alfonso Malato
Il giudice Wilma Angela Mazzara, a capo della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, si è astenuta dal presiedere il processo scaturito dall’inchiesta su Girgenti Acque per incompatibilità. Il presidente del collegio, infatti, aveva esercitato funzione di Gip durante la fase preliminare delle indagini firmando alcuni decreti di intercettazione. Circostanza, questa, che la rende incompatibile nel presiedere il processo. Il procedimento, dunque, è stato riassegnato alla prima sezione penale guidata dal giudice Alfonso Malato. Bisognerà attendere il prossimo 28 marzo per la formale apertura del dibattimento. E non sarà un processo breve. L’accusa, sostenuta dal pool guidato dal procuratore aggiunto Salvatore Vella e dai sostituti Maria Barbara Grazia Cifalinò, Gaspare Bentivegna ed Elettra Consoli, ha presentato una lista di quasi 100 testimoni. Sono 23 le persone che siedono sul banco degli imputati e tra questi compare l’ex patron di Girgenti Acque, Marco Campione.
L’inchiesta Waterloo, che verte proprio sulla figura di Marco Campione e sull’ex colosso che per anni ha gestito il servizio idrico in provincia di Agrigento, ipotizza un’associazione per delinquere finalizzata ai reati contro la pubblica amministrazione. L’impianto accusatorio è stato “ridimensionato” in seguito alla decisione del gup Micaela Raimondo di escludere gran parte delle intercettazioni, poiché disposte in altro procedimento, e di prosciogliere alcuni degli imputati “eccellenti”: l’ex prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, accusato di aver “salvato” l’imprenditore Marco Campione da una interdittiva antimafia; l’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè e per l’ex parlamentare Francesco Scoma (entrambi accusati di finanziamento illecito ai partiti) nonché l’ex presidente della Provincia regionale di Agrigento Eugenio D’Orsi. Proscioglimenti, ai quali si aggiungono anche quelli di Giuseppe Giuffrida, Francesco Paolo Lupo e Salvatore Ajola, che sono stati impugnati dalla procura di Agrigento che ha fatto ricorso alla Corte di Appello contro la decisione del gup Raimondo.
Il pool di magistrati ipotizza una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti e che avrebbe permesso di operare in regime di monopolio con relativi guadagni e conseguenze importanti anche sull’ambiente dovuta ad una presunta omissione dell’attività di depurazione delle acque. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la Pubblica Amministrazione, corruzione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale.