La morte di Loredana Guida, archiviata inchiesta per due medici
E' stata archiviata l'inchiesta per omicidio colposo a carico di due medici accusati della morte di Loredana Guida
E’ stata archiviata l’inchiesta per omicidio colposo a carico di due medici accusati della morte di Loredana Guida, l’insegnante agrigentina 44enne deceduta per una malaria diagnosticata in ritardo, a gennaio del 2020. Il gip, accogliendo la richiesta della Procura generale che aveva avocato il caso, ha archiviato l’inchiesta aperta a carico del primario della Rianimazione, Antonio Marotta e di Alida Lauria, altra dottoressa in servizio al Pronto soccorso. Per la tragica vicenda sono invece sotto processo il medico di base della paziente Francesco Sciortino che, secondo l’accusa, senza sottoporre la vittima a nessun esame, nonostante sapesse che era da poco tornata dalla Nigeria, paese in cui la malaria è endemica, diagnosticò a Guida una banale e influenza prescrivendole degli anti-infiammatori, e il medico del pronto soccorso dell’ospedale di Agrigento Maurilio Castelli, mentre un terzo medico, Gioacchino Bruccoleri, è deceduto durante il processo.
I fratelli e la madre della vittima, dopo una prima richiesta di archiviazione della procura, a cui seguì l’avocazione da parte della procura generale, scrissero una accorata lettera al capo dello Stato per chiedere giustizia e recentemente hanno deposto al processo. E sul banco dei testi nel dibattimento in corso sono saliti anche i consulenti di accusa e dei familiari della donna che hanno ribadito che, secondo quanto previsto dalle linee guida dell Oms, se un paziente riferisce di essere tornato da un viaggio in Africa e denuncia i sintomi che la Guida denunciò, entro due ore deve essere sottoposta al test sulla malaria. Alla vittima, invece, fu fatto l’esame solo dopo giorni, quando non c’era più nulla da fare. Loredana era andata in Nigeria per aprire una scuola per bambini.
La malattia le venne diagnosticata soltanto dopo giorni dal suo rientro in Italia nonostante, febbricitante e sofferente, avesse detto, prima al suo medico di famiglia, poi al pronto soccorso e alla guardia medica di essere tornata dall’Africa. Un indizio che nessuno ha colto e che ha portato alla morte della giovane donna. La vittima fece la spola tra pronto soccorso e guardia medica per giorni. Il 20 gennaio del 2020 arrivò in coma in ospedale. Solo 24 ore dopo venne ricoverata e sottoposta al test sulla malaria. E con incredibile ritardo le fu somministrato il chinino che l’Asp di Agrigento dovette andare a prendere a Catania. (ANSA)