Giudiziaria

Pm Torino vincono battaglia legale contro Alfonso Caruana “boss dei due mondi”

La Procura di Torino vince la partita contro il boss dei due mondi. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Alfonso Caruana, uno dei pezzi da novanta della criminalità organizzata internazionale secondo gli inquirenti, contro la condanna a diciotto anni di carcere per narcotraffico pronunciata nel 2019 dalla Corte d’appello subalpina. Viene scritta a […]

Pubblicato 4 anni fa

La Procura di Torino vince la partita contro il boss dei due mondi.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Alfonso Caruana, uno dei pezzi da novanta della criminalità organizzata internazionale secondo gli inquirenti, contro la condanna a diciotto anni di carcere per narcotraffico pronunciata nel 2019 dalla Corte d’appello subalpina. Viene scritta a Roma, così, la parola fine a una dura e tormentata vicenda giudiziaria, il cui inizio può essere fatto risalire addirittura al secolo scorso.

 Caruana, 74 anni, originario di Castelvetrano (Trapani) ma siculianese a tutti gli effetti come gli altri membri del clan, è considerato uno dei capi del gruppo mafioso transnazionale dei Caruana-Cuntrera. Il soprannome di boss dei due mondi gli è stato cucito addosso per le attività che ha svolto nel continente americano, dove ha vissuto per gran parte della sua vita. In Canada, dove ha preso la cittadinanza, risulta essere approdato nel 1968 con 87 dollari in tasca dicendo di essere elettricista, come sostiene chi ne ha compilato la biografia.

A Torino è stato coinvolto in uno dei maggiori processi mai allestiti contro il narcotraffico: l’operazione Cartagine, nata nel 1994 dopo il sequestro, a Borgaro – una cittadina alle porte del capoluogo piemontese – di un tir con cinque tonnellate di cocaina provenienti dal Sudamerica. L’inchiesta portò alla condanna di decine di personaggi legati alla criminalità di matrice calabrese e, in uno dei suoi innumerevoli filoni, sfiorò il braccio destro dell’allora presidente brasiliano Fernando Collor De Mello (morto nel 1995). Alfonso Caruana rimase a lungo solo un nome nelle carte processuali. Finché, al culmine di un’indagine condotta da un ufficiale dei carabinieri, Paolo Palazzo, oggi colonnello dell’Arma in forza alla squadra della polizia giudiziaria della procura torinese, non si arrivò al suo arresto in territorio canadese. Poi, dopo la bagarre dell’estradizione e uno slalom fra sentenze contradditorie, ieri c’è stato l’ultimo intervento della Suprema Corte.

 «E’ una grande soddisfazione – commenta ora Sandro Ausiello, magistrato in pensione, ex procuratore aggiunto a Torino, che di Cartagine fu uno dei pubblici ministeri – per me e per le tante persone che hanno lavorato a questo risultato. Dopo 26 anni si è finalmente conclusa una vicenda che riguardava uno dei personaggi più significativi del gotha della criminalità organizzata». Caruana – che ha sempre professato la sua innocenza – oggi è in carcere dove ha da poco finito di scontare un’altra condanna. Se la Cassazione non avesse confermato la sentenza torinese sarebbe tornato in libertà.

«Sebbene non con la stessa velocità con cui procedono le mafie – dice Nicola Morra (M5S), presidente della commissione parlamentare antimafia – la giustizia spesso arriva a conclusione di dibattimenti lunghi ed estenuanti. Questa notizia dal Piemonte merita rilievo. Per chi ancora crede, provincialmente, che le mafie siano un problema solo meridionale. Anzi, di sole quattro regioni». (ANSA).

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