Giudiziaria

Trenta chili di cocaina in auto, Giuseppe Neri resta in carcere: il Gip spiega perchè

Per il Gip, il controllo stradale è evidentemente da inquadrarsi nell’ambito di una più ampia attività investigativa.

Pubblicato 10 mesi fa

Arresto convalidato e permanenza in carcere per Giuseppe Neri, 42 anni compiuti a gennaio, nato a Charleroi in Belgio ma da sempre residente a Realmonte, trovato lunedì scorso all’alba, dai poliziotti della Squadra mobile di Agrigento guidati dal vicequestore Giovanni Minardi, con l’auto stracolma di cocaina, più di 30 chili, lungo la via Salvatore Scifo della Città dei templi. L’uomo, difeso dall’avvocato Pasquale Tarallo,  nel corso dell’interrogatorio di garanzia condotto dal Gip del Tribunale di Agrigento Iacopo Mazzullo, ha preferito non rispondere alle domande del magistrato, avvalendosi di un suo diritto, e si giocherà una nuova partita giudiziaria nel tentativo di riacquistare la libertà, facendo ricorso al Tribunale del Riesame come preannuncia il suo difensore. Neri, ufficialmente senza lavoro, lunedì scorso era alla guida di una Renault Twingo bloccata dagli agenti in via Salvatore Scifo – la bretella che dal Quadrivio Spinasanta conduce a Villaseta e Porto Empedocle – con riposte nel bagagliaio quattro scatole ricolme di cocaina (30,174 kg) appositamente mescolata con polvere di caffè al fine di alterarne l’odore. In pratica, l’uomo portava a spasso oltre un milione di euro (valore-prezzo per i narcotrafficanti) che poteva moltiplicarsi per 10 se lo stupefacente fosse stato tagliato e messo sul mercato nelle piazze di spaccio. Neri non ha saputo o voluto fornire, appena fermato, alcuna spiegazione sia del trasporto dei quattro pacchi sia del loro contenuto suddiviso in 25 panetti. Stesso atteggiamento ha avuto davanti al Gip. Le indagini della Squadra mobile coordinate dal procuratore Salvatore Vella e dal sostituto Paola Vetro, continuano frenetiche nel tentativo di risalire alla destinazione finale dello stupefacente tenuto conto che la Procura e fortemente convinta che “La quantità di sostanza stupefacente, le modalità di confezionamento e l’occultamento della sostanza medesima, risultavano indici rivelatori della destinazione a terzi della droga rinvenuta nel possesso dell’indagato”. Il Gip Mazzullo, in sintonia con la richiesta del pubblico ministero, afferma, tra le altre cose, nel suo provvedimento restrittivo: “

“Come già parzialmente osservato nella parte relativa alla convalida dell’arresto, a seguito di un controllo stradale – evidentemente da inquadrarsi nell’ambito di una più ampia attività investigativa – l’indagato veniva fermato alla guida di una Renault Twingo di colore nero alle prime ore del mattino (05:20). Il veicolo era a lui anche formalmente intestato e all’interno del bagagliaio risultava occultare quattro pacchi dei quali il Neri non forniva spiegazioni. L’indagato, avvalendosi della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di convalida, ha spontaneamente dichiarato soltanto che non sapeva cosa contenessero i pacchi che trasportava. Trattasi di circostanza affatto contraria alla comune esperienza, al precedente di polizia specifico, al trasporto in un orario certamente insolito (cinque e venti del mattino), al fatto che non si capirebbe per quale motivo e per conto di chi egli stesse trasportando dei pacchi dei quali ignorava il contenuto…”.

“… Si ritiene misura idonea e proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata soltanto quella della custodia cautelare in carcere. Solo una misura di tipo custodiale è anzitutto idonea a fronteggiare le suindicate esigenze cautelari: il sicuro inserimento dell’indagato in un circuito criminale di rilievo, emergente dal notevole quantitativo di sostanza, dal fatto che egli la stesse trasportando in auto da un luogo all’altro con funzione di corriere, dalla disponibilità di ben cinque telefoni cellulari, dalla sussistenza di un precedente di polizia specifico, denotano in capo all’arrestato una radicata inclinazione al delitto che impone un rimedio cautelare di tipo contenitivo, ossia custodiale, l’unico idoneo a neutralizzare il rischio di recidiva e a garantire la collettività dal pericolo di reiterazione di delitti analoghi. Misure meno afflittive, anche ove applicate congiuntamente, per gli ampi margini di libertà che lascerebbero all’indagato, appaiono inadeguate a contrastare le controspinte al crimine e a neutralizzare il pericolo di recidiva, atteso che consentirebbero all’indagato di mantenere contatti con il circuito di riferimento e, in ultimo luogo, di contribuire alla protrazione delle condotte…”. “…D’altronde, sono stati rinvenuti cinque telefoni cellulari nella disponibilità del Neri, che evidentemente utilizza mezzi di comunicazione per mantenere i contatti con la rete di spaccio, sicché consentirgli di scontare la misura custodiale presso il proprio domicilio significherebbe lasciargli margini di libertà ampi e del tutto inidonei a spezzare i rapporti con i propri contatti; gli si accorderebbe, in definitiva, la possibilità di contribuire, dal proprio domicilio, alla prosecuzione dell’attività della rete, con evidente frustrazione delle esigenze cautelari ravvisate. Da ultimo, si ribadisce che, oltre a vantare tre precedenti penali non specifici, l’indagato è stato destinatario nel 2014 di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di droga e, ciononostante, non pare avere interrotto l’attività; oltre all’evidente inserimento in un contesto criminale più ampio, insomma, si rileva anche una personalità spregiudicata di fondo, che lo ha determinato al delitto nonostante l’esperienza carceraria vissuta, evidentemente non percepita come rieducativa, con conseguente riduzione dell’affidamento che può ragionevolmente riporsi in ordine al rispetto di misure diverse da quella di massimo rigore”.

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