Giudiziaria

Uccise i genitori a coltellate, sorelle testimoniano in aula contro il fratello: “Era violento”

Le sorelle di Salvatore Sedita, l'uomo che ha ucciso i genitori con quasi cinquanta coltellate a Racalmuto, testimoniano nel processo a carico del fratello

Pubblicato 2 anni fa

Le sorelle di Salvatore Gioacchino Sedita, il trentaquattrenne accusato di aver ucciso a coltellate i genitori lo scorso 13 dicembre a Racalmuto, irrompono nel processo a carico del fratello testimoniando per alcune ore davanti i giudici della Corte di Assise di Agrigento presieduta da Giuseppe Miceli. Una deposizione complicata, a tratti certamente drammatica, quella di Letizia Sedita. Anche e soprattutto alla luce del fatto che la donna, sorella maggiore di Salvatore, è stata la prima persona a raggiungere la scena del crimine e fare la scoperta dei cadaveri dei genitori.

Letizia, rispondendo alle domande, ha ripercorso quegli attimi davvero tragici: dalla telefonata ricevuta da un amico che lo avvisava del duplice omicidio al ritrovamento di madre e padre senza vita in sala da pranzo, quasi abbracciati, con la tavola apparecchiata e il pasto non ancora consumato. Letizia Sedita ha poi tracciato un profilo del fratello minore, oggi accusato dell’efferato delitto. Un passato e un presente caratterizzato dal consumo di droga, principalmente crack, da scatti di ira e violenze verbali e fisiche nei confronti dei genitori. Ricostruzioni confermate in parte anche da Salvina Sedita, l’altra sorella dell’imputato, comparsa sul banco dei testimoni poco dopo. La donna ha sostanzialmente confermato quanto dichiarato in precedenza da Letizia sebbene la stessa non abitasse più in casa dei genitori da ormai oltre un decennio. Entrambe, insieme ad altre due sorelle, si sono costituite parte civile nel processo rappresentate dagli avvocati Giuseppe Zucchetto, Giuseppe Barba e Giuseppe Contato. La Corte di Assise ha poi sentito anche una terza testimone, una collega di lavoro di Letizia Sedita, recatasi sul luogo del delitto. La difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Ninni Giardina, ribadisce la linea dell’infermità mentale del Sedita e per questo motivo ha prodotto ulteriore documentazione clinica del trentaquattrenne.

Per il consulente incaricato dalla Corte di Assise, lo psichiatra Lorenzo Messina, Sedita “va considerato capace di intendere e di volere al momento del reato e in atto è capace di partecipare coscientemente al procedimento che lo riguarda”. Per il consulente, inoltre, “il fatto non è diretta espressione di una infermità mentale ma è avvenuto sotto l’effetto della cocaina”. Una tesi sposata in pieno anche dallo psichiatra forense Gaetano Vivona, perito di parte nell’interesse delle persone offese. La Corte ha aggiornato l’udienza al prossimo 23 novembre quando si proseguirà con l’escussione dei testimoni presenti nella lista del sostituto procuratore Elenia Manno.

L’omicidio si consuma nel giorno di santa Lucia, in un appartamento del piccolo centro dell’agrigentino. Giuseppe e Rosa stavano pranzando ma la tavola era apparecchiata per tre. A far scattare l’allarme era stato un vicino di casa che, chiamando una delle figlie, raccontò dell’assenza di Giuseppe alla festa organizzata proprio per il suo pensionamento. I sospetti sono subito ricaduti sul figlio Salvatore, ragazzo con un passato complicato caratterizzato da maltrattamenti e uso di sostanze stupefacenti. In un primo interrogatorio sconclusionato, reso al sostituto procuratore Gloria Andreoli, Sedita ha negato le sue responsabilità dichiarando di vedere i fantasmi, di chiamarsi in un altro modo e di aver incontrato anche l’uomo nero. In un secondo interrogatorio, questa volta davanti il gip Francesco Provenzano, Sedita cambiò versione confessando il duplice omicidio. All’origine del massacro ci sarebbero i contrasti con i genitori che, a suo dire, non l’avrebbero accettato e avrebbero persino minacciato di buttarlo fuori di casa. 

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