Giudiziaria

Un debito non pagato, padre e figlio dovevano morire: ricostruita la sparatoria a Villaggio Mosè 

La prontezza di riflessi ha salvato il primo mentre la sorte è stata benevola con il secondo

Pubblicato 5 mesi fa



Dovevano essere uccisi sia il padre che il figlio. La prontezza di riflessi ha salvato il primo mentre la sorte è stata benevola con il secondo. Il provvedimento di fermo disposto dalla Procura di Agrigento (procuratore capo, Giovanni Di Leo e sostituto procuratore Gaspare Bentivegna) a carico dei tre indagati, ma soprattutto le immagini delle telecamere di sorveglianza che hanno ripreso tutte le fasi dell’aggressione, svelano nuovi importanti particolari della sparatoria avvenuta nel parcheggio della concessionaria “Auto per passione” nel quartiere di Villaggio Mosè. 

Nelle scorse ore gli agenti della Squadra mobile di Agrigento, agli ordini del vicequestore Vincenzo Perta e del suo vice, Andreea Palermo, hanno fermato Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima; Calogero Zarbo, 40 anni e Domenico Avanzato, 36 anni. Tutti sono adesso accusati di una particolare fattispecie di omicidio, quella per “errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato”, ma anche di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. 

Gli indagati, difesi dagli avvocati Santo Lucia e Antonio Ragusa, domani mattina compariranno nel carcere Petrusa davanti il Gip del tribunale di Agrigento per la convalida del provvedimento. Una spedizione punitiva, quella nei confronti del commerciante Calogero Zambuto, ben presto sfociata nel sangue con la morte di uno degli attentatori: Roberto Di Falco, 38 anni ancora da compiere, di Palma di Montechiaro. La vittima è stata colpita mortalmente da un proiettile esploso dalla pistola che lui stesso impugnava e con la quale, dopo averla caricata, stava per sparare al titolare della concessionaria. La reazione di Zambuto, in grado di deviare la direzione dell’arma prima dell’esplosione del colpo, gli ha di fatto salvato la vita. Per Di Falco, ferito invece all’addome con la sua stessa pistola, non c’è stato niente da fare.

Il destino, certamente, è stato più benevolo con uno dei due figli del titolare della concessionaria. L’arma che Angelo Di Falco, fratello della vittima, aveva raccolto e puntato nei suoi confronti si è inceppata. Ricostruito anche il movente dell’aggressione culminata poi con  la morte del palmese: una compravendita di auto mai pagate. I Di Falco, insieme agli amici, si sono così presentati nella concessionaria di Villaggio Mosè per dare una lezione a Zambuto, picchiato nel parcheggio dell’autosalone. Poi è saltata fuori la pistola e l’aggressione si è trasformata in tragedia. 

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