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Troppe romanticherie e pochi controlli sull’ambiente agrigentino

Anche sotto bombardamento del Covid 19 cambia ben poco ad Agrigento. Per un momento ci si era illusi che “niente sarà come prima” ma adesso, su fiume Akragas e zono costiera, ci ritroviamo a fare le stesse  battaglie di 25/trent’anni fa quando si rischiavano denunce per procurati allarmi  che   celavano i  privilegi  dei valvassori.  Ma […]

Pubblicato 4 anni fa

Anche sotto bombardamento del Covid 19 cambia ben poco ad Agrigento. Per un momento ci si era illusi che “niente sarà come prima” ma adesso, su fiume Akragas e zono costiera, ci ritroviamo a fare le stesse  battaglie di 25/trent’anni fa quando si rischiavano denunce per procurati allarmi  che   celavano i  privilegi  dei valvassori. 

Ma davvero si pigia sempre l’acqua nel mortaio nonostante ci si accorga che gli errori del passato sono venuti clamorosamente al pettine?

“Qualche risultato lo abbiamo avuto ma tanto, tanto c’è da fare. Mare amico si può fregiare di due risultati a lui ascrivibili, contro il fenomeno erosivo, uno ad Eraclea Minoa dove in questi ultimi anni abbiamo perso circa 200 metri di costa e 50 metri di boschetto e poi sulla situazione grave, gravissima che sta coinvolgendo la statale 640 a porto Empedocle.. La sensibilità del presidente della Regione e le nostre battaglie hanno portato ad Eraclea 4 milioni di euro il cui progetto, (che noi non approviamo al 100% perché si poteva fare di meglio) , cercherà di fermare il fenomeno erosione , e dopo 72 ore del nostro allarme sulla statale 640  sono arrivati altri 4 milioni di euro. Merito di un tavolo tecnico alla Regione che ha coinvolto Genio civile, Protezione civile, assessorato regionale ambiente e comune di Agrigento che cercherà di salvare questa strada e questa collina che si erode a detta dell’Anas stessa e perde circa due metri l’anno. A conti fatti si è calcolato una distanza dal mare di 10 metri e quindi si può presumere che fra 5 anni cadrà giù se non si fa qualcosa.  E’ una situazione molto complessa perché vi è un doppio effetto, sia l’erosione del mare sia un aspetto di dissesto idrogeologico a monte, una azione combinata che porta alla distruzione la collina. Un altro risultato tristemente positivo potrebbe essere quello del sequestro della Scala dei Turchi per la quale da anni urliamo e diciamo che non può essere abbandonata a se stessa e che va visitata e contingentata, senza gente che ci pianta ombrelloni o si porta via pezzi di marna come trofeo. Pochi ci sono venuti dietro e poco hanno fatto le amministrazioni e le istituzioni mentre la Procura di Agrigento si è trovata costretta per problemi di sicurezza di porla  sotto sequestro. Nelle ultime ore si registrano denunce per turisti che in barba ai divieti vi si recavano. Questi i pochi risultati ottenuti ma tanto c’è ancora da fare”.

E in questi frangenti occorre ricordare che sono lontani i tempi in cui si rischiava l’accusa di procurato allarme. 

“Il procurato allarme di un tempo! La nuvoletta del procurato allarme aleggia sempre sulle nostre azioni, però abbiamo le spalle molto larghe e documentiamo sempre con video e foto quello che vediamo. Risulta molto difficile, come si faceva qualche anno fa, tacciarci di procuratori di allarmi. Purtroppo vediamo che la nostra azione molto spesso è solitaria, non c’è un fronte comune ambientalista, manca il partito dei verdi che va benissimo in Francia, in Austria, nel centro Europa. E durante il lockdown ci siamo accorti che  c’è stato un netto miglioramento delle situazioni ambientali e che ha fatto aprire gli occhi a tante persone, soprattutto giovani  insieme ai seguaci di Greta Thumberg la quale aveva avvertito tutti. In Europa i verdi crescono mentre in Italia è duro ad imporsi”.

E’ proprio questo il punto che mi porta a notare come la gente possa riconoscere gli errori di un certo nostro passato ambientalista e che rivela  poca unità di intenti. Come se ci fosse stata sottotraccia una poco nobile Yalta dove spuntano interessati volontari, associazioni  che si spartiscono obiettivi e territori imbevuti di strizzate romanticherie fra tramonti, brezze marine e calici di vino che brindano alla luna all’insegna di un marketing urbano e territoriale,  oggi  messo in discussione. Ed è appunto l’emergenza coronavirus che deve farci rivedere la resistibile ascesa della città-merce e del territorio merce. Oggi sono in molti a dire che l’attrattiva di un territorio non può essere misurata su parametri economici ma sulla desiderabilità per non fare abbandonare il territorio dai giovani. Una logica mercantile, vedi la Kolymbetra o altre zone,  che non riequilibra i rapporti sociali e aggrava le logiche del welfare.  Quanti “meno abbienti” oggi possono usufruire delle promesse di incantesimi tra gli aranci e di calici innalzati alla luna? Saremo sempre fermi ognuno col  proprio orticello?

“Purtroppo oggi è così ma è successo recentemente un miracolo. Per la prima volta ad Agrigento tutto il movimento ambientalista si è riunito attorno a dei documenti, non concordati ma spontanei, sulla distruzione delle dune a  Maddalusa. C’è un video che è la pistola fumante di quello che è accaduto, una ruspa che non doveva stare lì perché non autorizzata dal demanio  e invece incaricata dal Comune, cancellando anni di storia delle dune”.

Ma non sarebbe stato meglio un controllo dei lavori , magari dei vigili urbani e magari del demanio?

“Non c’è alcun dubbio, infatti la denuncia è partita poche ore dopo il nostro video, prima contro ignoti e dopo qualche ora è diventata contro noti. Si attende nei prossimi giorni l’esito delle perizie. Però la cosa bella è stata la mancata raccolta dei rifiuti spinti e nascosti sotto le dune. Dune che sono tutelate dalla comunità europea e quindi primo reato, secondo reato perché entrati con una ruspa e terzo perché  non hanno raccolto i rifiuti. Tutto questo, per la prima volta ad Agrigento, ha unito il mondo ambientalista. Ci sono state interrogazioni regionali e addirittura una a livello europeo del deputato Corrao”. 

C’è  un terzetto “Villaggio Peruzzo-San Leone-Maddalusa  che ancora dopo trent’anni da quando ce ne siamo occupati, merita attenzione e soprattutto recentemente per certe “ragioni del cuore che la ragione non conosce”. Mare san leonino, fiume Akragas che fine hanno fatto?

“Diciamo pure che si sta un po’ abusando dei luoghi del cuore. Il nostro territorio va tutelato e rispettato a prescindere del luoghi del cuore. Il fiume Akragas che la nostra storia ha raccontato è inquinato come pure il fiume Naro. A chi ne voleva fare un’oasi abbiamo detto ottima idea ma prima disinquiniamo i fiumi. Assurdo pensarlo, lo scorso anno c’è stata una moria di pesci e di avifauna causata dall’eccessivo inquinamento e la causa della moria era causata dal fiume inquinato, come dimostrato dalle analisi fatte. La nostra è una città stretta tra le spire di questi due fiumi. L’Akragas riceve oltre agli scarichi abusivi del Villaggio Peruzzo, di gente che obtorto collo scarica lì perché non ha mai ricevuto le necessarie autorizzazioni per collegarsi alla pubblica fognatura”.

Trent’anni fa ne parlavamo.

“Si, ma da allora non si è fatto nulla. Anzi la Provincia regionale di Agrigento è andata a controllare gli scarichi di queste persone che hanno le case sanate ma non hanno ricevuto autorizzazione da soprintendenza e comune per allacciarsi alla pubblica fognatura e si trovano costretti a scaricare nel fiume Akragas venendo sanzionati pesantemente dalla provincia. Loro vorrebbero collegarsi ma non li fanno collegare e per giunta gli fanno la multa perché scaricano nel fiume Akragas. Ma l’aspetto più grave dell’inquinamento è dato dalla scarsa depurazione del depuratore di sant’Anna che non è a norma e quindi  ecco  l’inquinamento”.

L’altro serpentone del fiume Naro, supponiamo,  chiude in una stretta mortale la nostra costa. Mentre tutti hanno paura della nave Moby Zazà che si dondola al largo piena di migranti.  Un giorno o l’altro dovranno capirci qualcosa gli eredi di Empedocle che si battono per il turismo,  la cultura e i commerci.

“Si, il fiume Naro che seguiamo da parecchio tempo e continuiamo a ripetere che è uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Raccoglie le acque non depurate di una serie di comuni, Canicattì, Naro Camastra, Favara, Villaggio Mosè, Cannatello e le versa in mare. L’attività molto presente della Procura di Agrigento ha sequestrato ben 13 depuratori, mentre si sa che ci sono i fondi per costruire il nuovo depuratore comprensoriale nella zona Timpa dei Palombi e si dice anche che i lavori dovrebbero partire presto. Però oggi la situazione che abbiamo è che il mare di san Leone si trova fra due fiumi inquinati che peggiorano la situazione nonostante abbiamo fatto chiudere i pennelli a mare, siamo riusciti con il comune e Girgenti acque a sigillare una serie di scarichi abusivi, nonostante tutto questo, ancora abbiamo problemi col mare di san Leone perché stretto fra questi due fiumi inquinati”.

Le dicevo, sono cose note da trent’anni, le sapevano pure Arnone, Taglialavoro e Fontana che non vollero il depuratore del Villaggio Peruzzo. Ma le successive  amministrazioni cosa hanno deciso da trent’anni a questa parte?

“Mi sono fatto una idea. Del mare di san Leone e della sua balneabilità, a chi ci governa interessa pochissimo. Le nostre spiagge sono bellissime e che associate e vendute in un pacchetto insieme ai templi di Agrigento potrebbero essere il fiore all’occhiello della Sicilia. Abbiamo i poli turistici di Taormina e Cefalù’ mentre il nostro potrebbe essere il terzo e non lo è per un insieme di problemi infrastrutturali che vanno dall’aeroporto, alle strade, alle ferrovie ma anche perché siamo incapaci di vendere le nostre spiagge. E quel milione di turisti che visita la valle non si trattiene più di un giorno perché il nostro mare non è appetibile”.

Di fatti d’estate gli stessi agrigentini evadono verso Giallonardo e Siculiana, non è un mistero. E’ un mistero il  perché ci si lamenta della Moby Zazà col suo carico di migranti. Si vede la pagliuzza ma non la trave.

“Io da vent’anni, conoscendo la situazione del nostro mare non faccio il bagno a san Leone. Non si è mai investito sul miglioramento delle spiagge e del mare. Ad Agrigento la pulizia delle spiagge viene fatta a Luglio quando invece dovrebbe essere fatta la settimana prima di Pasqua. Se riuscissimo a presentare un prodotto mare-spiagge pulito, andremmo a intercettare un turismo particolare. Le nostre amministrazioni  fanno  nulla per migliorare e rendere appetibili  queste risorse naturali”.

Quindi frammentazione, disincanto e disinteresse? Un suicidio assistito da politici  eletti dal popolo sovrano.

“C’è questo tentativo di  guardare ad alcune zone e vederle come luoghi del cuore per cercare di salvarle. Invece dovrebbe essere tutta la nostra fascia costiera il luogo del cuore e non gestita da Tizio Caio e Sempronio ma dall’amministrazione che ha la titolarità di questo bene. La costa della città di Agrigento è lunga 16 km e il fenomeno dell’erosione rende non balneabile  circa 7 km. Quindi il 44% delle nostre più belle spiagge sono inibite alla balneazione per una erosione verso la quale non viene fatto nulla. Se ci mettiamo l’inquinamento la faccenda appare allucinante”.

Per i nostri lettori che ulteriore conclusione possiamo trarre?

“Noi andiamo avanti. Il depuratore del Villaggio Peruzzo non si è fatto  e non è stata colpa nostra, da allora ad oggi poco è cambiato per rendere più balneabili le nostre coste, speriamo che la tendenza venga cambiata. Tutti, deputati e sindaci hanno grandi propositi in campagna elettorale e poi eletti dimenticano tutto, turismo e ambiente.  Un esempio. Cinque anni fa avevamo fondato Mare Amico e Mare Vivo e un programma ambientale per la città di Agrigento che abbiamo fornito a tutti i sindaci persino al candidato della Lega. Ovviamente anche al sindaco Firetto che ci ha ringraziato e non ha realizzato nessuno dei punti ambientali da noi consigliati. Tutti promettono tanto e fanno praticamente nulla”.

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