Agrigento

I verbali del pentito favarese Giuseppe Quaranta che inchiodano Antonio Massimino

La diffidenza di Lombardozzi: Massimino non doveva disturbare i suoi affari

Pubblicato 3 anni fa

Il Giudice per l’udienza preliminare Fabio Pilato del Tribunale di Palermo, come è noto, ha depositato le motivazioni  della sentenza “Kerkent” che ha decapitato la cosca mafiosa agrigentina capeggiata da Antonio Massimino e stroncato un fiorente traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

La parte centrale delle motivazioni riguarda senza dubbio il boss agrigentino la cui condanna discende da queste testuali motivazioni: “Ulteriore rilevante elemento dimostrativo dell’appartenenza di Antonio Massimino alla consorteria mafiosa di Agrigento Villaseta con il ruolo di esponente di vertice si ricava dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, allo stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere emessa anche nei suoi confronti (operazione Montagna, ndr).

Quale referente della famiglia di Santa Elisabetta, nel periodo immediatamente successivo all’arresto di Fragapane Francesco, ed appartenente alfa famiglia mafiosa di Favara, in tale veste coordinando costantemente le attività illecite degli altri affiliati, mantenendo, direttamente o per interposta persona, attraverso il continuo scambio di comunicazioni con altri esponenti di vertice del sodalizio criminoso, un costante collegamento con gli altri capi dell’organizzazione mafiosa, effettuando numerosi incontri e riunioni con gli stessi sia delle famiglie mafiose dello stesso mandamento che con quelli delle province di Palermo, Caltanissetta, Enna, Ragusa e Reggio Calabria, finalizzato alla trattazione degli affari illeciti dell’organizzazione, gestendo la riscossione delle somme provenienti dalle varie attività di estorsione e delle altre attività illecite, occupandosi delle problematiche relative ai componenti del sodalizio, fra le quali il sostentamento dei detenuti e dei loro nuclei familiari, promuovendo ed organizzando personalmente atti intimidatori di carattere estorsivo ad imprese e ad esercizi commerciali, adoperandosi anche per il controllo illecito delle attività economiche del territorio attraverso l’imposizione delle macchine da gioco agli esercizi pubblici, in tal modo svolgendo funzioni direttive per l’organizzazione e di programmazione di gravi delitti (fino al 26 Luglio 2014).

Il Quaranta, intrapreso il percorso di collaborazione nel gennaio 2018 (a seguito dell’emissione della citata occ), nel corso dei plurimi interrogatori cui si è sottoposto ha riferito:

–           di avere rivestito, a far data dal 2002, il ruolo di “avvicinato” a Cosa Nostra e di avere in tale veste curato, per circa due anni, la latitanza dell’allora capo provincia Maurizio Di Gati;

–           di essere stato formalmente “messo a posto” da Fragapane Francesco nell’ottobre 2013 con la rituale cerimonia di affiliazione (la c.d. “punciuta“);

–           di avere dunque ricoperto, su incarico dello stesso Fragapane Francesco, il ruolo di reggente la famiglia mafiosa di Favara e di rappresentante la famiglia mafiosa dei Fragapane dall’ottobre 2013 sino al luglio 2014, allorquando veniva allontanato (id est “posato”) su disposizione impartita dal medesimo Fragapane Francesco dal carcere di Sulmona.

Tanto premesso, il collaboratore ha, nel corso di diversi interrogatori, reso dichiarazioni etero accusatorie nei confronti del Massimino Antonio che ha peraltro riconosciuto in foto.

Interrogatorio del 29 gennaio 2018

lo sono in grado di riferire dei seguenti mandamenti: omissis

– Mandamento di Agrigento che comprende: Giardini Gallotti (capo è Nino Iacono detto “u giardinisi’; credo arrestato), Villaseta (con a capo Massimino Antonio, in atto agli arresti domiciliari), Fontanelle (con a capo sempre Massimino), Villaggio Mosè (sempre con a capo Massimino), Monserrato (sempre con a capo Massimino; capo del mandamento è Massimino Antonio con il fratello Ignazio che per ora lavora dietro le quinte.

Interrogatorio del 31gennaio 2018

Pm: foto n.61

Quaranta G.: Antonio Massimino

Pm: l’ufficio dà atto che la foto n. 61 riproduce Massimino Antonio

Pm: che ci sa dire

Quaranta G.: allora Antonio Massimino

Pm: per ora è operativo?

Quaranta G.: è ai domiciliari per  estorsione

Pm: ne sa parlare di queste estorsioni? È formalmente combinato?

Quaranta G.: no sul giornale l’ho letto, si combinato

Pm: sa se ha riferimenti significativi? Cioè lei lo ha visto personalmente?   Vi siete incontrati?

Quaranta G.: con Massimino ci siamo incontrati  una volta sola al lavaggio di Villaseta, durata 10 minuti e poi non ci siamo più  visti.

Pm2: ma mi scusi lei era reggente di Favara e lui di Agrigento e lo ha incontrato una sola volta?

Quaranta G.:   si, perché io poi sono stato posato.

Interrogatorio del 16 marzo 2018

Massimino Antonio l’ho incontrato dopo che uscì dal carcere all’autolavaggio di Villaseta; non ero più reggente. Mi voleva ringraziare perché mi stavo impegnando per fare avere, non ricordo se al fìglio di lui o di Ignazio, un chiosco a San Leone. Massimino Antonio mi ringraziò e mi disse che su Favara metteva Giuseppe Sicilia come reggente (omissis) Mi disse, sempre il Massimino, che se volevo continuare, dato che ero nella corrente di Fragapane che mi aveva posato, mi inseriva coi Falsoniani, ma dal quel momento avrei dovuto riferire a Sicilia Giuseppe.Dissi che non mi interessa va più e lui mi disse che non dovevo più fare estorsioni ed altro a Favara, neanche sotto banco. Dissi che sarei stavo fermo e mi arrabbiai pure.Mi chiese un nuovo incontro tramite Carmelo Infantino ma io rifiutai.

Adr. La zona di influenza di Massimino era Agrigento (che comprende Agrigento e le sue frazioni: Villaseta, Monserrato, Villagio Mosè, San Leone, San Giusippuzzu) e Favara. In ognuna di queste zone c’è un referente: Omissis ad Agrigento, a Villaseta c’è lui stesso (Massimino Antonio), Liborio e altri che non conosco; Villagio Mosè è un territorio libero, ci vanno o Massimino o Liborio o Totò Pedalino; a San Leone c’è un nipote di Massimino (non ricordo se di Antonio o di Ignazio) che ha un chiosco a forma di mondo di fronte alla pista degli elicotteri; a San Giuseppuzzo sempre loro si spostavano. Omissis

Antonio Massimino, dopo essere uscito dal carcere, prese la reggenza di Agrigento (come si conviene quando si esce dal carcere, si dà di nuovo spazio), anche se Lombardozzi non lo gradiva particolarmente e me lo disse, perché Massimino è un po’ schizofrenico, fa casini, truffe, si immischia su tutto, pensa alle amanti. Non tutti lo accettano.

Adr. Lombardozzi chiese di incontrami tramite omissis perché sapeva che Fragapane gli voleva parlare. Lombardozzi mi volle incontrare e gli dissi che le ragioni erano che Francesco voleva collaborare con loro: gli aveva anche regalato un giubbotto in carcere. Gli dissi che io mi ero fermato e non potevo. Lombardozzi mi disse che Francesco Fragapane era un “caruso” e non capiva. Ad un secondo incontro Lombardozzi mi disse che voleva avere me come contatto a Favara; gli dissi che c’erano i Sicilia, come avrei potuto fare? Mi disse di non preoccuparmi e in quella circostanza mi disse che Massimino Antonio combinava cose e sicuro era intercettato e ci avrebbe fatto arrestare a tutti: lui Lombardozzl non era propenso a dare la reggenza a Massimino, ma lo fece per evitare complicazioni anche se gli mandò a dire che andava bene purchè non disturbasse il gruppo Lombardozzi e i falsoniani. Quanto a me, mi propose di nuovo di legarmi a loro ma io dissi che non volevo più avere a che fare con queste cose. In quel momento Lombardozzi era di rilievo, non aveva incarichi formali ma la sua voce aveva valore ovunque; la sua parola era un peso dentro tutta “Cosa nostra”

In un terzo incontro, ci prendemmo il caffè  e Lombardozzi  mi disse che sarebbe stato felice se accettavo la sua proposta. Ribadii che ero a posto cosi; ma gli dissi che se fui avesse avuto bisogno di cose personali  c’ero sempre.

Gli manda vo i saluti tramite omissis, dato che sapevo che sta va male e poi è morto.

Adr. Preciso che fa maggior parte dei chioschi di San leone sono di proprietà dei favaresi e Liborio mi chiedeva se ne conoscevo. Io dissi che conoscevo Lillo Taibi proprietario del chiosco Nordafrica e per questo dissi che potevo interessarmi ma poi non riuscii farlo perché questo Taibi andò all’estero, in Brasile.

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