Il gregge di Cosa nostra, sequestro da mezzo mln di euro
Una azienda agricola e un gregge di 550 ovini, e caprini riconducibili a un presunto appartenente al clan degli Emmanuello, è stato sequestrato a Gela dalla polizia di Stato. Il valore complessivo dei beni immobili e mobili è di circa mezzo milione di euro. Gli agenti della divisione polizia anticrimine della questura di Caltanissetta, del […]
Una azienda agricola e un gregge
di 550 ovini, e caprini riconducibili a un presunto appartenente al clan degli
Emmanuello, è stato sequestrato a Gela dalla polizia di Stato.
Il valore complessivo dei beni
immobili e mobili è di circa mezzo milione di euro.
Gli agenti della divisione
polizia anticrimine della questura di Caltanissetta, del commissariato di Gela
e del Reparto prevenzione crimine Sicilia occidentale, hanno eseguito la misura
di prevenzione patrimoniale a carico di Maurizio Trubia, allevatore di Gela.
Interessati dal provvedimento
l’impresa individuale destinata all’allevamento, intestata alla moglie romena,
l’intero complesso aziendale, macchine agricole comprese, e altri beni mobili
registrati, nonchè terreni rurali per una superficie totale complessiva di
oltre 6 ettari, 5 fabbricati.
I 550 animali, censiti e
sottoposti a controllo veterinario, sono stati assegnati a un’azienda agricola
di un’altra provincia siciliana, da tempo confiscata alla criminalità mafiosa.
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Il gregge di Cosa nostra, sequestro da mezzo mln di euro
Le indagini hanno preso le mosse
dalla pericolosità sociale di Maurizio Trubia, personaggio di spessore
nell’ambito della criminalità gelese, sin dai primi anni novanta. Trubia
Maurizio si è messo in evidenza per la commissione di innumerevoli gravi
delitti e per le sue frequentazioni di noti appartenenti a Cosa nostra gelese,
arrivando ad assumere al suo interno ruolo di prestigio, fino a emergere, come
riscontrato anche sulla base di rivelazioni di diversi collaboratori di
giustizia, quale “reggente” della famiglia mafiosa gelese degli Emmanuello, già
dalla morte dell’omonimo boss Daniele avvenuta nel dicembre del 2007.
Il legame tra la famiglia di Maurizio
Trubia e la cosca Emmanuello è molto profondo: suoi parenti stretti, quali il
fratello Massimiliano Trubia e il cugino Francesco Trubia, sono stati uccisi in
un agguato mafioso nel ‘91, così come il cognato Massimo Trubia, esponente del
predetto clan, assassinato nel 2006 a Gela.
Numerosi i reati di cui Maurizio
Trubia si è reso responsabile, dalla ricettazione al danneggiamento e minacce,
detenzione e porto illegale di armi, violenza privata e lesioni personali,
invasione di terreni o edifici e introduzione o abbandono di animali nel fondo
altrui e pascolo abusivo.
Negli anni ha espresso sempre più
una pericolosità qualificata, rendendosi responsabile di associazione di tipo
mafioso, con l’aggravante di avere diretto l’associazione dall’anno 2007,
tentata estorsione in concorso, aggravata dal metodo mafioso e ancora per il
delitto di atti persecutori (dal dicembre 2017 fino al mese di gennaio del
2019).
Proprio in relazione a tale
ultimo reato, è stato recentemente condannato per aver condotto di continuo
gregge di capre e pecore, da lui stesso gestito, all’interno di terreni già
seminati di suoi confinanti, condotte verosimilmente finalizzate a imporre in
modo vessatorio la propria presenza, così da costringere i vicini ad
abbandonare le proprie terre ed esprimere così la sua oligarchia. La misura di
prevenzione patrimoniale oggi eseguita, col sequestro e allontanamento
materiale del gregge dal suo sito e significativamente collocate in un terreno
confiscato e quindi sottratto alla mafia, ha inteso infrenare la pericolosità
sociale di Maurizio Trubia anche sul versante del contrasto alle agromafie.