Mafia

Le intercettazioni svelano la mappa criminale di Licata: “Ognuno ha il suo quartiere.. sono fazioni..”

Corvitto era finito al centro delle investigazioni della Dia di Agrigento e negli ultimi tempi manifestava timori per possibili attività di intercettazione nei suoi confronti

Pubblicato 1 anno fa

Mafia e scommesse a Licata. L’inchiesta Breaking Bet, sfociata in dieci misure cautelari eseguite ieri mattina dalla Dia di Agrigento, ha portato alla luce un sempre più forte interesse della consorteria mafiosa nel redditizio settore delle scommesse online. Un business che negli ultimi anni ha cominciato a fare gola alle cosche, come testimoniato dalle più recenti operazioni antimafia condotte nella provincia di Agrigento. Un comparto, quello delle scommesse e del gioco d’azzardo, in grado di assicurare facili e cospicui guadagni, piazzare persone nelle strutture societarie e controllare capillarmente il territorio. La condizione indispensabile affinché questo avvenga è naturalmente la compiacenza di imprenditori disposti a spalancare le porte, anche dell’economia legale, in cambio di protezione e vantaggi.  Ed è quello che ipotizza la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nell’ultima inchiesta il cui personaggio principale è indubbiamente Vincenzo Corvitto, 50 anni, da anni operante nel settore delle scommesse online. Per gli inquirenti Corvitto è la tipica figura dell’imprenditore colluso. Per lui ieri mattina si sono aperte le porte del carcere con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo di attività di intermediazione nella raccolta di gioco.  Corvitto, secondo quanto ricostruito dalle indagini, avrebbe di fatto stretto un patto con Cosa nostra licatese mettendo a disposizione le sue strutture societarie, assumendo persone vicine alle cosche e contribuendo al sostentamento dei detenuti in carcere in cambio di protezione mafiosa sul territorio che gli avrebbe garantito  un ruolo di monopolio nel settore.

Vincenzo Corvitto ormai da anni era finito al centro delle investigazioni della Dia di Agrigento e lo stesso, negli ultimi tempi, manifestava timori per possibili attività di intercettazione nei suoi confronti: “Secondo te qua ci sentono? Io c’ho dubbi..altrimenti avrei fatto un mare di danno..Io non ci sto capendo niente.. qua sono tutti spaventati..”. E ancora, parando con il cognato: “Ma io dico.. ma porca miseria.. quelli sono.. lo sanno, tutti lo sappiamo..Dio Cristo, che non si può parlare che tutte cose sono intercettate..”. Ed in effetti intercettato lo era veramente. Nonostante le preoccupazioni, però, sono numerose le conversazioni captate dalle microspie, alcune delle quali peraltro esplicite e senza l’uso di linguaggi criptici. Tra queste ve ne è stata una di particolare interesse investigativo perché dimostrerebbe che l’imprenditore fosse a conoscenza non soltanto della caratura dei personaggi mafiosi con cui si interfacciava ma anche delle dinamiche e della spartizione del territorio a Licata. È il 3 ottobre 2020. L’imprenditore parla con un soggetto e una sua dipendente e la domanda che quest’ultima gli rivolge è diretta: “Ma a Licata chi è che comanda?” “No, non ce n’è.. sono a fazioni…C’è Antona, c’è Michele quello del Bronx.. comunque sono settoriali..ognuno con le sue famiglie..dice..a me u “Piscimoddru” (Angelo Occhipinti) era per un’altra cosa.. quindi tu o sei gra..”. Al nome del boss di Licata la dipendente commenta: “Tutti si spaventano del Piscimoddru..” Ma l’imprenditore risponde: “U Piscimoddru.. si spaventano ma c’erano gli altri che non si spaventavano.. Ognuno c’ha la sua.. il suo.. quartiere diciamo..” E ancora, commentando sulla presenza di altri clan: “queste sono famiglie che non sono cose, per questo sono scanazzati, quando invece sono coesi sono un problema..C’hanno ognuno i settori.. tipo il Cannizzaro controlla tutta l’acqua rubata e si occupa di quello.. quello controlla un tipo di droga.. quello controlla le estorsioni.. quello controlla..”

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