Aica, un’altra grana per Licata?
di Gaetano Cellura
Sul ritorno all’acqua pubblica sta per essere scritto un nuovo capitolo della decadenza licatese. Una decadenza che viene da lontano e ha diverse cause, molte delle quali naturalmente scontate per una città troppe volte commissariata. Non si può negare tuttavia che dal 2018, dall’inizio cioè dell’amministrazione tuttora in carica e del consiglio che le fa da modesta cornice, la sua situazione politica sia andata progressivamente peggiorando.
Questa premessa è d’obbligo per meglio definire il clima che regna nel Palazzo e che in larga parte coinvolge la città. Vengono meno persino impegni importanti, come quello sul futuro dell’Aica e cioè dell’acqua pubblica nella provincia di Agrigento. Non fa piacere leggere (La Sicilia di ieri) che molte delle lettere inviate dal presidente dell’Ati Provvidenza, attuale sindaco di Grotte, ai suoi omologhi della provincia per sensibilizzarli appunto sulla questione idrica, e segnatamente sulla crisi finanziaria in cui versano le casse dell’azienda pubblica subentrata a Girgenti Acque un anno fa, restino senza risposte. Sono attualmente solo dieci (e altri tre in prossimità di esserlo) i comuni in regola con i versamenti della relativa quota all’Aica, in virtù del prestito di 10 milioni concesso dalla Regione ai comuni appunto per ovviare alle difficoltà iniziali della nuova gestione del servizio idrico integrato. Tutti gli altri comuni, e cioè la maggioranza, fanno finta di niente. Sia sui versamenti dovuti, sia sul loro inesistente rapporto dialettico.
Buona norma vuole che se un sindaco interpelli un altro sindaco socio dell’Ati idrico, dovere di quest’ultimo sia almeno quello di rispondergli. La questione è politica. E la mancanza di dialogo tra amministratori dimostra quanto tale questione sia colpevolmente sottovalutata e come non si riescano a governare certi processi strutturali. E questo della nuova gestione dell’acqua ne è uno. Tra i più importanti e per nulla semplice. Perché se è vero che il governo regionale si è in qualche modo fatto carico del problema con un prestito ai comuni, è anche vero che questo prestito deve essere dai comuni restituito. Come, è una bella domanda. Per accedervi occorre che i propri consigli comunali devono prima votare i piani di rientro, indispensabili appunto per la restituzione scaglionata del prestito alla regione. Ma si tratta di comuni in gran parte tecnicamente falliti e quindi non nelle condizioni di contrarre altri debiti; e tantomeno di poter elaborare e aggiungere, attraverso il voto dei bilanci in consiglio, ulteriori piani di rientro a quelli già gravanti sui propri disastrati conti.
Vi sembra questa una situazione da prendere alla leggera? Da non richiedere un serrato confronto politico tra i sindaci (che invece non si parlano neppure per corrispondenza)? Una situazione da non rendere immediatamente necessaria l’apertura di un tavolo tecnico permanente alla Regione?
Ѐ passato un anno dall’entrata in funzione dell’Aica, ma nulla di promettente s’intravede ancora all’orizzonte per i cittadini. Soprattutto all’amministrazione comunale di Licata, per quel che ci riguarda, ma anche a tutta la rappresentanza politica della città, chiediamo di essere più presenti. E di seguire con la dovuta attenzione questo nuovo dossier di governo, verso il quale sin dal primo momento la giunta ha deciso di assumere un ruolo di marginalità politica. Quasi il problema non riguardasse i cittadini licatesi. Quasi non fossero loro (come tutti gli altri cittadini della provincia) a correre il rischio di dover pagare ancora di più i costi di un servizio cui invece avrebbero libero, naturale diritto. Com’è nello spirito dell’acqua pubblica. Oggi sappiamo meglio che anche questa nostra scelta di marginalità sulla questione dell’Aica è parte di quella decadenza pubblica che andiamo da tempo denunciando. Anche se – ma il fatto non ci consola – la decadenza politica riguarda ormai non solo Licata, ma tanti altri comuni.