Politica

I costi della politica

Una volta ai costi della politica provvedevano i partiti attraverso il sistema di  "finanziamento pubblico ai partiti"

Pubblicato 3 settimane fa

di Luigi Patronaggio*

La circostanza è nota a tutti ma sembra essere ignorata dai più: la politica per svolgere i propri compiti, primo fra tutti far conoscere le proprie idee programmatiche e ricercare consenso, ha necessità di denaro, talvolta tanto.

Anche i singoli candidati che si spendono nell’agone politico hanno bisogno di denaro per promuove la propria immagine e garantirsi l’elezione di turno.

Il meccanismo non è piacevole ma è il gioco della democrazia e, come ha detto Winston Churchill, la democrazia parlamentare è un sistema imperfetto ma è il migliore che il mondo occidentale conosca.
Una volta ai costi della politica provvedevano i partiti, vero diaframma fra i cittadini e le Istituzioni, sostenuti da quello che era chiamato il sistema di  “finanziamento pubblico ai partiti”, normativamente regolato da precise disposizioni di legge che traevano fondamento nella Legge Piccoli del 1974. La volontà popolare, sospinta da una ventata di  populismo susseguente alla stagione di “Mani pulite”, attraverso il referendum del 1993, ha costretto il Parlamento, con un iter invero piuttosto lungo e  tortuoso, ad abolire il finanziamento pubblico ai partiti senza trovare alcuna seria soluzione al problema dei costi della politica.

Va detto, ad onor del vero, che i partiti politici della Prima Repubblica non si erano accontentati dei cospicui finanziamenti pubblici loro riservati ma si erano inseriti, chi più chi meno, in un complesso ed illecito sistema di “vampirizzazione” delle risorse destinate alla realizzazione di opere pubbliche.
Oggi la politica, come ha evidenziato da ultimo il caso della regione Liguria, esclusa ovviamente ogni personale valutazione su quel complesso caso giudiziario ancora in fase istruttoria, fa ricorso in modo sistematico ad accordi più o meno trasparenti con gli imprenditori che finanziano le campagne elettorali dei partiti e degli uomini politici che li rappresentano.

In ciò non vi è nulla di illegale in quanto il finanziamento privato è lecito, se ed in quanto venga dichiarato nelle forme previste dalla legge. Il punto è ovviamente un altro: cosa si attendono gli imprenditori che finanziano un uomo politico o un partito? Perché lo fanno?

Se il finanziatore si aspettasse come contropartita un provvedimento amministrativo a proprio favore, a prescindere dalla legittimità di quel provvedimento, si verserebbe nell’ambito dell’illecito penale, configurandosi, a tacere d’altro, il reato di “corruzione per l’esercizio delle funzioni” (artt. 318 e 321 c.p.). Se il munifico finanziatore si aspettasse dalla propria contribuzione economica un indirizzo politico, di carattere generale, favorevole alla categoria cui esso appartiene, non ci sarebbe viceversa nulla di illegale. Si pensi, per esempio, all’attuale richiesta di finanziamenti da parte del candidato presidente  Donald Trump ai petrolieri statunitensi per favorire l’uscita degli USA dalle politiche internazionali a favore dell’ambiente. Si può contestare l’ideologia che sostiene l’iniziativa ma siamo nell’ambito di una legittima, seppur discutibile, attività di lobby.

Ritorna quindi l’interrogativo iniziale: cosa vogliono gli imprenditori quando finanziano un uomo politico o il partito che lo sostiene?  Sono dei soggetti che legittimamente si inseriscono in un progetto politico di ampio respiro per sostenerlo o sono dei soggetti che interferiscono sull’ attività della Pubblica Amministrazione che per dettato costituzionale (art. 97 Cost.) deve svolgersi secondo criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza (così l’art. 1 della Legge n. 241/’90)?

Oggi la politica, senza sterili e aprioristiche contrapposizioni con la magistratura, che per legge è chiamata a svolgere un doveroso controllo di legittimità sull’attività della Pubblica Amministrazione, dovrebbe criticamente interrogarsi su quali siano i legittimi limiti ai costi della politica e quali rimedi si debbano porre in essere per evitare lo sviamento. per finalità private o di parte, degli interessi pubblici perseguiti dalla Pubblica Amministrazione.

Dal perimetro di queste riflessioni sono ovviamente escluse le condotte dei “tangentari” e dei “mariuoli” di professione, di chi intasca denaro per sé, nei cui confronti va applicata senza indugi la legge penale con le severe pene previste per questi crimini.     

Quella della correttezza dei costi della politica è una questione che non può essere elusa oltre, perché investe la credibilità della classe politica, il corretto rapporto fra i partiti politici e i cittadini onesti ed incide, last but not least, in modo determinante sullo stesso corretto svolgimento della vita democratica.

*Procuratore generale presso la Corte di Appello di Cagliari

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