La Madonna del Monte tra la gente dopo 37anni; vietato l’accesso alla stampa
Una pagina di fede e devozione che avremmo voluto raccontare ma don Carmelo La Magra ha sentenziato: "La chiesa è casa mia. Vedetevi la diretta”
Qualche minuto fa Racalmuto ha avuto il suo grande evento: un colpo di cannone ha segnato l’inizio di una serata destinata a entrare nella memoria collettiva. Dopo 37 anni, la venerata statua di Maria Santissima del Monte è stata ricollocata tra i fedeli, accolta da preghiere, applausi e un’emozione che ha unito più generazioni.
Un evento che non riguarda solo la devozione, ma che affonda le radici nella storia della comunità: quest’anno, infatti, ricorre anche l’85° anniversario dell’elevazione della chiesa del Monte a “Grande Santuario”. La statua, attribuita alla scuola del Gagini e citata già in documenti cinquecenteschi come “figura di Nostra Donna di marmaro”, è tornata a mostrarsi da vicino ai suoi devoti, uscendo per poche ore dall’altare ligneo dove è custodita dal 1777.
Molti giovani non l’avevano mai vista così da vicino. Per questo, la discesa del simulacro ha assunto un significato nuovo, rinnovato, non solo come atto liturgico, ma come gesto di riconnessione tra passato e presente. Le tradizioni, dopotutto, non sono reliquie incartate con un po’ di naftalina, come ci hanno insegnato i nonni. Sono radici vive, capaci di parlare ogni volta con voce diversa a chi ha il coraggio di ascoltarle.
Ma la sera di festa, purtroppo, è stata segnata anche da un gesto incomprensibile. Nonostante l’invito ricevuto dal primo cittadino Calogero Bongiorno, i giornalisti di Grandangolo sono stati lasciati fuori dal santuario. L’arciprete Carmelo La Magra ha sentenziato, dichiarando: “La chiesa è casa mia. Vedetevi la diretta”.
Parole che hanno lasciato sbigottiti. Una comunità religiosa non è proprietà privata, e un luogo di culto non può chiudere le porte a chi documenta con rispetto un evento tanto sentito.
L’informazione, quando esercitata con correttezza, è parte del racconto collettivo, è memoria storica, archivio. Escluderla significa impoverire la memoria di tutti.
Fa riflettere il contrasto con quanto accaduto a Roma solo pochi giorni fa: il lunedì successivo, appena eletto, Papa Leone XIV ha ricevuto i giornalisti di tutto il mondo, ribadendo che la Chiesa non può vivere senza trasparenza e comunicazione. Un gesto forte, simbolico, che ha mostrato come anche la spiritualità possa essere accogliente e aperta.
A Racalmuto, invece, chi doveva testimoniare una pagina di devozione è rimasto fuori dai cancelli. E questo, nonostante la bellezza dell’evento, resta un errore grave. Una sera di fede, dunque, ma anche di amarezza. Perché una festa così grande meritava apertura, non esclusione. E perché chi racconta con onestà la storia di un paese, dovrebbe sempre trovare una porta aperta – specie in chiesa.