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Beni comuni: pubblico e privato

di Rocco Agnone*

Pubblicato 4 anni fa

di Rocco Agnone*

Nell’ottica della valutazione di un governo come quello attuale diretto da Mario Draghi, non bisogna fermarsi alla superficie. Occorre esaminare approcci relativi alla realizzazione del bene di un’intera collettività senza distinzioni. In quest’ottica bisogna recuperare il significato autentico di quella prospettiva che viene chiamata di “destra”, parola che, assieme a quella antagonista di  “sinistra”, oggi, o viene accantonata o viene utilizzata come una formula che indica appartenenza senza precise indicazioni contenutistiche. Rilevante in questo senso è il ruolo del privato e del pubblico in ordine alla gestione e fruizione dei c.d. beni comuni (acqua, salute, istruzione, trasporti, energie, ecc.) Il privato, non infrequentemente sostenuto da amministratori pubblici, tende ad accaparrarsi  in modo cospicuo  la gestione dei  servizi relativa ai beni in questione. La finalità principale del privato rimane però la realizzazione di un notevole profitto che favorisce la tendenza  a trascurare la perfetta efficienza ( efficienza tirata in ballo dai sostenitori  del privato in quanto “migliore del pubblico”) se la realizzazione di un consistente profitto lo richieda ( si veda ad esempio la qualità della manutenzione della rete autostradale,a fronte di un aumento costante dei pedaggi, messa in atto da parte di società private concessionarie). Fatta questa premessa è interessante rilevare come la bozza del DDL sulla concorrenza, presentata al Consiglio dei ministri dal Presidente Draghi, preveda la delega al governo, per riformare i servizi pubblici locali ( trasporti,energia,rifiuti,acqua,ecc.), di emanare un decreto che renderà più difficile agli enti locali l’affidamento dei servizi a società pubbliche. Infatti i comuni dovranno motivare all’antitrust, presentando l’analisi dei costi, perché non ricorrono al mercato. Tali motivazioni potranno essere impugnate da imprese private, esponendo così comuni e amministratori a rischi economici. La delega impone anche la previsione di una serie di paletti e monitoraggi che tendono a disincentivare l’affidamento pubblico. E’ chiaro come questo nuovo sistema intenda realizzare una vecchia prospettiva, cioè quella di scardinare l’attuale sistema che vede affidati a società pubbliche o parapubbliche i servizi ( circa l’87% di essi). Si tratta di un palese tentativo di privatizzare il pubblico, considerata la centralità che viene conferita al mercato, visto come regolatore dell’affidamento dei servizi in questione. La cosa non stupisce perché nel curriculum di Draghi emerge la sua predilezione per le privatizzazioni ( si veda, tra gli altri, il significativo discorso pronunciato a bordo della nave Britannia al cospetto del gotha della finanza mondiale). S tratta, in definitiva, di una palese posizione di destra. Posizione che emerge anche da altri interventi in corso  d’opera come quello relativo alla revisione del reddito di cittadinanza. Una revisione la cui bozza, presentata al consiglio dei ministri  prima che l’apposita commissione facesse pervenire la sua relazione con proposte migliorative, contiene norme più restrittive e chiare aperture, anche in questo caso, al privato. Ad esempio i centri per l’impiego non saranno solo pubblici ma registreranno una consistente presenza di società private. Significativa è stata in proposito la reazione della presidentessa della commissione consultiva, Chiara Saraceno, che ha stigmatizzato la presenza di norme assurde e punitive come se il vero aspetto negativo fossero i poveri.

L’analisi di cui sopra spiega anche gli scroscianti applausi rivolti a Draghi dagli imprenditori presenti all’assemblea della Confindustria che ha avuto luogo recentemente. In ogni caso ci pare opportuno concludere citando una valutazione contenuta in una intervista al “Fatto quotidiano” resa da Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro delle finanze della Grecia flagellata dall’austerità imposta dalla c.d. Troika. Afferma Varoufakis: ”Draghi è un uomo intelligente che rappresenta l’aristocrazia finanziaria fautrice dell’attuale sistema monetario. Un sistema che impone austerità permanente ai Paesi mentre elargisce generosità a se stesso”.    

(*già Provveditore agli studi di Ragusa)

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