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Cgil: “Non c’è una maggioranza politica che elabori idee per Agrigento”

Intervista di Diego Romeo al segretario provinciale Cgil Alfonso Buscemi

Pubblicato 2 anni fa

Partiamo da quel “Buscemi ad Agrigento e Landini a Roma”, titolo di Grandangolo di qualche anno fa. Vorrei ricordarlo perché Landini segretario nazionale Cgil il giorno dell’ultimo sciopero ha detto a chiare lettere “la politica siamo noi”. Una bella staffilata all’attuale minestrone governativo. Ad Agrigento invece come va la politica?

“Purtroppo, la scomposizione dei partiti così come li abbiamo conosciuto dal dopo guerra sino agli anni ’90 come garanti di una sintesi e proposta politica dell’istanza dei cittadini per poi portarla dentro le Istituzioni, lascia un vuoto che a volte traccia un solco tra i cittadini e la politica. Oggi, assistiamo alla presenza di partiti molto spesso figli di un leader che somiglia ad un padre/padrone, a volte allergici al confronto e quindi inclini a tirare dritto per la loro strada, non curanti della richiesta che proviene dal basso. Prevalgono, così, gli interessi corporativi di questa o altra categoria che in qualche modo riesce a portare all’attenzione del leader di turno i propri interessi. Da qui l’esigenza del Sindacato di caricarsi la responsabilità di una rappresentanza collettiva dei bisogni della gente che, seppur lavorando, non riesce più a soddisfare le esigenze minime di una famiglia o di quei tanti che un posto di lavoro lo hanno perso, o di chi ancora riceve una pensione non sufficiente per garantire un tetto e una vecchiaia dignitosa. Ecco perché, di fatto, siamo costretti ad assumere un ruolo forte e a incalzare la politica con delle risposte precise ai cittadini. Per quanto riguarda Agrigento la situazione non è diversa dal quadro nazionale anzi a volte è ancora peggio. Partiti nazionali che faticano a darsi gruppi dirigenti all’altezza della sfida di una grave crisi storica che attanaglia la nostra città per i ritardi accumulati sulle infrastrutture, sui servizi, sulla mentalità, dove fosse chiaro che la cosa pubblica appartiene a tutti e non a pochi: situazioni aggravate dalla pandemia. Un dato su tutti: la nostra comunità investe sui giovani, li prepara a essere classe dirigente per poi accettare con rassegnazione l’idea che il bene dei ragazzi passa attraverso l’emigrazione e la loro fortuna in altre regioni o all’estero. In questo anno di “sindacatura Miccichè” abbiamo avuto un incontro nel quale ci è stato fatto l’elenco delle buone intenzioni e di qualche progetto/intervento. Al netto dell’impegno del Sindaco Miccichè, al quale si riconosce l’impegno per il ruolo a cui è stato chiamato, non vediamo una maggioranza politica che elabora idee che coinvolgono la città. Come non si vede un’opposizione visibile con idee e proposte sulle tante questioni aperte. E, anche qui, vediamo il Cartello Sociale (Ufficio pastorale, Cgil Cisl Uil) e associazioni costrette ad intervenire per sollecitare di volta in volta la soluzione di problemi aperti da troppo tempo”.

L’”Articolo 1” ad Agrigento è sempre un articolo determinativo o è diventato un articolo indeterminativo?

“Nel solco di quanto detto prima, la crisi dei partiti non risparmia nessuno. Infatti, dopo l’avvento di Renzi, che ha snaturato la fisionomia del Partito Democratico costringendo a uscire fuori dal Pd la maggioranza del gruppo dirigente che ha voluto e fatto nascere il Partito Democratico, alcuni si sono  ritirati dalla politica attiva mentre altri si sono spesi per costruire un partito nuovo, l’ennesimo, che ha chiari connotati di Sinistra, ossia Articolo Uno. Penso che questo partito, venuto a mancare l’elemento di rottura più forte che era l’arroganza di Renzi, con il proprio leader nazionale impegnato al governo del Paese, l’attuale Ministro della Salute Roberto Speranza e, contestualmente, il venir meno, per ragioni di salute, del principale esponente di Articolo Uno in città, l’on. Angelo Capodicasa, non è stato più in grado di costruire o comunque ha una grande difficoltà a rendere visibile una proposta politica nel nostro territorio”.

A suo parere l’aggressione al consigliere Fontana, al di là delle soluzioni investigative, dobbiamo ritenerlo una prova tecnica di neo-squadrismo, in altri modi sempre strisciante ad Agrigento?

“Certamente,  le modalità con le quali il fatto è avvenuto, ci riporta alla mente il triste periodo in cui questi fatti barbari e brutali venivano vissuti da persone che si sentivano protetti dal potere. Naturalmente, il mio ragionamento va oltre il singolo caso su cui ancora non si hanno certezze investigative. Siamo preoccupati che il caso di squadrismo avvenuto il 9 ottobre scorso a Roma, con l’assalto della sede nazionale della Cgil, possa andare ben oltre la capitale e che qualcuno possa essere incoraggiato a venire fuori violentemente anche dalle nostre parti. Per fortuna, il nostro Paese ha vivo il ricordo della tragedia vissuta negli anni ’20, per cui ha i giusti anticorpi per isolare e assicurare alla giustizia qualche nostalgico, così come è successo a Roma, dove le forze dell’ordine e la magistratura hanno subito posto agli arresti i capi della spedizione che hanno assaltato la sede nazionale della Cgil”.

Dovrebbe almeno far discutere la frase dell’ex on. Fontana che disincagliandosi dalla Lega dove era appena entrato, ha motivato il suo gesto  affermando “si sono rotti gli equilibri politici”. Non crede che ci sarebbe da discutere su questi cosiddetti  equilibri politici che ad Agrigento sono da anni sospesi nel vuoto senza rete di protezione?

“Un tempo si apparteneva alla comunità partitica perché si condividevano ideali, progetti, azioni. E’ difficile poter accettare l’idea che si entri ed esca da un partito perché “si rompono gli equilibri”. Questa situazione  è figlia, come descrivevo prima, del vuoto che hanno lasciato i vecchi partiti, con i nuovi che vanno alla facile ricerca di consenso elettorale, che trascurano una visione globale di Paese e dei suoi interessi,  con la fiducia degli elettori sempre più tradita. Oggi, purtroppo, prevale il posizionamento del singolo e, quindi, per alcuni un partito vale l’altro purchè ci siano “equilibri” e quindi, sostanzialmente, ci sia qualche poltrona”.

L’ultimo successo sindacale che la Cgil  può raccontare ad Agrigento?

“Vorrei poter ricordare come  anche ad Agrigento un malato oncologico, un cieco non deve aspettare più 18 mesi per essere chiamato e sottoposto a visita per l’accertamento della loro grave condizione di salute e quindi per usufruire delle prerogative della Legge 104/92, che consente ai familiari di accudire i loro cari. Adesso, dopo la nostra denuncia, che ha trovato risposta nella sensibilità del manager dell’Asp Mario Zappia, sono chiamati in tempo reale e magari ricevere anche la pensione d’invalidità a cui hanno diritto e quindi avere l’opportunità di pagare le cure necessarie o avere l’assistenza dovuta. Ancora potrei elencare i tanti posti di lavoro salvati grazie ad un’incisiva battaglia sindacale o anche la stabilizzazione di tante lavoratrici o lavoratori precari da oltre 20 anni. Ma se devo ricordare una vittoria, è certamente l’esserci schierati senza indugio nella lotta alla mafia, convinti come siamo che questo cancro si estirpa se ogni cittadino, ogni associazione, ogni Istituzione fa con convinzione la propria parte. Ecco, noi ad Agrigento abbiamo intrapreso questa strada e continueremo a batterla e a lottare con gli strumenti che la legge ci mette a disposizione. In questi anni, ci siamo costituiti parte civile in quattro grandi processi di mafia della provincia, l’ultimo in ordine di tempo avvenuto nella udienza di giorno 28 c.m. del Tribunale di Palermo: due di questi, arrivati a sentenza di primo grado, ci hanno riconosciuto risorse economiche importanti che metteremo a disposizione per il contrasto alla mafia. Ora più che mai dobbiamo stringerci attorno a chi denuncia, alle Forze dell’ordine e alla Magistratura”.

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