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Chiesa Santa Rosalia: tutto fermo al 1993

Un articolo di 30 anni fa racconta una storia rimasta senza risposte

Pubblicato 3 anni fa

Il mistero del tempio di Santa Rosalia, smontato nel 1951 è scomparso.

Così scrivevamo sul quotidiano La Sicilia il 20 ottobre del 1993. Da allora ad oggi nulla è cambiato, per questo riproponiamo l’articolo scritto trent’anni fa.

“Clamorosa l’iniziativa intrapresa dall’Aics di Agrigento e dall’Associazione scrittori agrigentini: I due sodalizi hanno fatto affiggere sui muri della città un manifesto dove si chiede ai cittadini un qualche elemento utile al ritrovamento del prospetto della chiesa di Santa Rosalia. Un delicato prospetto barocco che nel 1951 il rettore della chiesa, don Silvio Morosini, fece smontare perché la struttura dava segni di cedimento. Da allora, delle pietre smontate e diligentemente numerate non si è saputo più nulla. Agrigento per ben 42 anni è stata privata di un angolo architettonico tra i più suggestivi. Pochi sanno che piazzetta Purgatorio con le due chiese di Santa Rosalia e San Lorenzo è stata immortalata in una foto del celebre Henry Cartier Bresson.

L’inizio di questa storia girgentana è più nitido del suo finale.

Costruita nel 1626 la chiesa fu intitolata a Santa Rosalia eletta patrona secondaria di Agrigento e affidata alle suore di Maria che vi avevano creato accanto il loro collegio. Nel 51, come dicevamo,  l’allora influentissimo segretario del vescovo Peruzzo e rettore della chiesa, decise lo smontaggio del prospetto. La parte del campanile chiamata “vela” si trova attualmente nel giardino delle suore collegine mentre le altre parti di mole più grande trovarono sistemazione nella villa della marchesa Giambertoni.

Don Morosini avrebbe voluto riparare  subito i danni alla chiesa e ricomporre la facciata, ma insanabili contrasti con i preti diocesani costrinsero don Silvio a lasciare Agrigento. Nel frattempo delle pietre si è persa la memoria storica e l’ultimo domicilio conosciuto pare sia stato l’istituto dei Padri vocazionisti di San Leone. Nelle ultime ore si era sparsa la voce di un ritrovamento dei blocchi di pietra in un magazzino delle suore di Santa Rosalia. Una telefonata non è valsa a chiarire “il giallo del barocco perduto”.

La suora che ci ha risposto al telefono è stata perentoria:” Abbiamo qualcuno che ci sta pensando, a voi giornalisti non interessa”. Nemmeno il tempo di un saluto o di un auspicio. La cornetta del telefono è ricaduta pesantemente come una pietra tombale a suggello di un episodio tutto da decifrare.

Dichiara il presidente dell’Associazione scrittori, Nuccio Mula: ”Agrigento è l’unica città al mondo in cui l’eredità culturale di un grande uomo di cultura è tramutata in alibi per cui appare naturale che nella città di Pirandello avvengano determinate sconcezze”.

Franco Modica, autore del libro sugli itinerari agrigentini, denuncia anch’egli la scomparsa del prospetto ed esorta all’autocritica gli amministratori agrigentini mentre il sindaco Sodano, nonostante si sia attivato per la ricerca, dovrà vedersela con gli “omissis” e i muri di gomma.

Quella che i critici  chiamano la “vertigine del barocco” evidentemente ha colpito ancora”. (Diego Romeo)

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