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Favara, ritorno al futuro

Intervista di Diego Romeo al sindaco Antonio Palumbo

Pubblicato 10 mesi fa

Tutto si può dire di Favara ma non che non sia un paese politicamente vivace. In questi ultimi trent’anni ha provato tutti i colori partitici, democristiani, socialisti, berlusconiani, grillini e adesso la cosiddetta estrema sinistra .  Quasi un tentativo di ultima ratio per non farsi mancare nulla Al suo confronto Agrigento appare una palude monarchica. Le criticità di questi ultimi mesi  insieme alla solita masochistica opposizione che valutazioni le fanno trarre?

“La mia vittoria, quasi due anni fa, è stata guardata con estremo interesse in tutta Italia ovviamente soprattutto a sinistra. Si cercava di capire se fosse un “modello” replicabile altrove. La risposta è “no”, ma questo perché quello che ha vinto a Favara è un metodo di lavoro, di chi in questi anni è sempre stato tra la gente anche quando non aveva incarichi amministrativi. Alla fine l’enorme quantità di voti disgiunti dicono questo, cioè che sul voto per il sindaco il cittadino è libero di scegliere. Questo ha creato una situazione in cui il primo cittadino conta solo su tre consiglieri comunali. Certamente, rispetto ad altre realtà, questo rende il dibattito politico più “vivace”, per quanto spesso a farne le spese siano stati i cittadini, con proposte bocciate solo per fare “sfregio” al sindaco da parte di alcuni. Non sono comunque demoralizzato perché so che, prima di ogni altra cosa, vincerà il senso di responsabilità verso una città che ci chiede cambiamento”.

Agrigento negli ultimi tempi  ha avuto giudizi “massacranti”, per citare gli ultimi le ricordo il card. Montenegro definì Agrigento “fiore appassito dai petali calpestati”, la prefetto Cocciufa la indicò “senza modelli positivi di reazione e con apparati amministrativi caratterizzati da carenze di professionalità”, il procuratore Patronaggio individuò tre virus nella società agrigentina come l’ignoranza, l’arretratezza culturale e la mancanza di una robusta rete sociale accogliente e solidale”. Quando si parla di Favara se ne parla spesso  a bassa voce, ricordo che anni fa  Grandangolo pubblicò  l’interrogatorio di un pentito che rispondendo alla domanda dell’inquirente sul pizzo ai commercianti rivelava che “a Favara non chiediamo il pizzo ai commercianti, siamo tutti tra di noi”. Ecco, a Favara l’acqua sotto i ponti non passa mai e ad Agrigento manca molto spesso nei quartieri. Mal comune mezzo gaudio?

“Questo mai. Chi si accontenta non può amministrare. Andiamo con ordine. Favara è una città che non ha mai iniziato a fare, davvero, i conti con sé stessa e con una etichetta di “comunità mafiosa” che gli è stata cucita addosso dagli innumerevoli fatti di sangue e di cronaca che si sono registrati negli anni. Fingere che questi non ci siano sarebbe stupido, pensare che siano l’unica anima di Favara è ingeneroso. Un percorso di cambiamento culturale profondo va messo in campo con la collaborazione di tutti, e posso dire che c’è tanta gente per bene che aspetta, per certi versi, un segnale da parte dello Stato. Nei mesi scorsi avevo lanciato un appello in tal senso che è stato accolto da Prefettura e Comando provinciale dei carabinieri, ma è chiaro non basti. Per quanto riguarda l’acqua: Aica deve invertire la tendenza e puntare su una maggiore efficienza della gestione, dando le risposte che il privato non è stato in grado di dare, anche a costo di apparire “impopolare” tra i cittadini. Il riferimento è, per quanto riguarda Favara, l’attività di contrasto all’evasione e l’eliminazione dei contratti forfettari, ovviamente. Altrimenti sarà una rivoluzione mancata”.

L’istituzione scolastica favarese riesce a dare un qualche scossone che vada alle radici di un Dna che appare una dannazione?

“Torniamo al discorso precedente: la scuola ha un ruolo centrale in un percorso di cambiamento e di formazione dei futuri cittadini.  Il lavoro condotto dalle nostre scuole è enorme anche sul tema della legalità, e credo che si stia facendo bene. Sono fiducioso”.

Che esiti potranno avere i recenti assenteismi e le denunce dei locali mefitici, che certamente  lo sono non da adesso?

“Non posso entrare nel merito di questioni che sono al momento al centro di inchieste. Per quanto riguarda le accuse di assenteismo rivolte ad alcuni dei nostri dipendenti, nell’auspicare che ne sia pienamente provata l’innocenza, ho già annunciato che agiremo con forza verso i “furbi”, a tutela dei lavoratori onesti e dei cittadini che pagano le tasse. Per quanto riguarda la questione dei locali, a Favara è avvenuto un fatto certamente inedito in provincia, cioè un’attività di controllo sulla salubrità di edifici pubblici che, mi risulta sta allarmando non poco anche tanti miei colleghi. Questo perché, come evidente, i Comuni sono dotati di un patrimonio infrastrutturale spesso vecchio e inadeguato, e non hanno le risorse per provvedere agli adeguamenti. Noi stessi, che abbiamo ereditato dalla precedente amministrazione gli uffici collocati in via Mendola, abbiamo cercato ben prima dei controlli di procedere ad un adeguamento con fondi regionali e poi presentando un progetto sempre da far coprire con risorse esterne, ma entrambe le strade non hanno portato a risultati non per nostra responsabilità. Adesso stiamo lavorando per recuperare nuovi spazi e, per quanto mi riguarda, mi difenderò nelle sedi opportune quando e se sarà necessario”.

Delle soluzioni da lei  impresse a un certo andamento amministrativo quali sono quelle che guardano al futuro e al lungo (o breve) termine porteranno benefici alla città? E cosa si potrebbe fare di meglio senza il solito masochismo dell’opposizione?

“Guardi, io sono un uomo di opposizione. La mia parte politica è da sempre minoritaria, ma – e sfido chiunque a provare il contrario – non sono mai stato un ‘signor no’. Da consigliere di minoranza ho contribuito a far ottenere a Favara alcuni importanti risultati come, per esempio, la rideterminazione dei confini con Agrigento e Aragona. Oggi ci siamo trovati spesso con atti di ordinaria amministrazione – ne cito uno per tutti, l’approvazione della Tari – che sono stati bocciati e riproposti più volte solo per provare la forza dei numeri delle opposizioni.  Detto questo, andando a quello che stiamo facendo: Favara, per la prima volta da molti anni, sta cercando di rimettere in linea i propri conti. Stiamo adottando molti dei bilanci arretrati e soprattutto abbiamo accresciuto in modo estremamente significativo gli incassi per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, grazie non solo ad un nuovo sistema di riscossione ma soprattutto, mi permetta di dirlo, alla nostra credibilità con i cittadini. Poi c’è un altro risultato, forse meno tangibile ma altrettanto importante: stiamo cambiando il modo di fare le cose all’interno del Comune. Stiamo archiviando il “si è sempre fatto così”, il “Munnu ha statu, munnu è” in qualcosa di diverso. E questo, ovviamente, non piace a molti, a partire da alcuni soggetti esterni che, fino ad oggi, hanno avuto forse vita facile”.

Dopo il riconoscimento di Agrigento capitale della cultura, la giunta e il sindaco agrigentini hanno chiesto ai paesi della provincia un contributo culturale. Per tutti l’occasione potrebbe diventare una bella cartina di tornasole per rivedere asfittiche collocazioni politiche  e il significato di quel “fattore umano” che da noi sa solo produrre rancori e contraddizioni.

“Capitale della cultura non può non essere una occasione per tutta la provincia di trovare il proprio riscatto. Preoccupa, certamente, il silenzio che al momento circonda la vicenda, ma anche in questo caso siamo fiduciosi che si possa trovare una quadra. Favara c’è, è pronta a fare la propria parte. La speranza, certamente, è che questa vicenda non diventi un “affare di pochi” o ancor peggio che non si guardi alle tessere di partito. Sarebbe non solo grave, significherebbe tradire l’idea stessa di questo riconoscimento”.

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