Festival cultura paralimpica, sfida social tra l’influencer agrigentina Nadia Lauricella e l’atleta Contrafatto
IronNadia di Racalmuto, focomelica dalla nascita, racconta di una persona che non si è fermata di fronte a nulla nonostante la disabilità
Una sfida molto social. L’hanno disputata l’atleta paralimpica Monica Contrafatto e l’influencer e tiktoker Nadia Lauricella, che si sono confrontate e hanno dialogato su sport e nuovi linguaggi. Teatro della ‘singolar tenzone’ la Sala Verde dell’Arsenale militare marittimo di Taranto, dove è in corso fino a domani la quarta edizione del Festival della cultura paralimpica. Monica Contrafatto, classe 1981, è medaglia d’oro al valore dell’Esercito. Nel 2012, su un letto d’ospedale (il 24 marzo dello stesso anno aveva perso una gamba destra a seguito di un attentato durante una missione di pace in Afghanistan), la siciliana di Gela vede alle Paralimpiadi di Londra per la prima volta correre alcune ragazze amputate e in quel momento promette a se stessa che un giorno avrebbe messo una protesi da corsa e avrebbe partecipato ai Giochi di Rio 2016. E così è stato. In Brasile vince la medaglia di bronzo nei 100 metri T63. Un terzo posto confermato ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, in un podio tutto italiano con Ambra Sabatini e Martina Caironi.
Focomelica dalla nascita, Nadia Lauricella è anche lei siciliana. Famosa influencer, è nata 30 anni fa a Racalmuto, un paese della provincia di Agrigento. Il suo nickname, Ironadia, racconta di una persona che non si è fermata di fronte a nulla. Una vera e propria ‘Nadia d’acciaio’. Attraverso le sue pagine social vuole sensibilizzare il più possibile la società sul tema della disabilità e incoraggiare le persone a superare ostacoli, limiti e tabù. Nel frattempo, ha realizzato uno dei suoi sogni, quello di poter praticare motocross grazie alla mototerapia perché, sostiene Nadia: “In moto la disabilità non esiste, esisti solo tu”. Ha fondato anche un’associazione, la Motorlife, di cui è vicepresidente. Un milione e 400mila follower su TikTok, 120mila su Instagram: numeri incredibili quelli di Lauricella. “Sono cresciuta con tanti pregiudizi e tanti stereotipi– ha evidenziato- e nessuno riusciva a vedere la vera Nadia, ero solo una ragazza con molti limiti. Dopo un percorso riabilitativo mi sono detta che fosse giusto raccontare cosa stessi vivendo. Così ho iniziato a caricare alcuni video che mostravano come mi truccavo, come mangiavo o semplicemente la mia vita durante un’uscita con le amiche. In quel momento le persone hanno cominciato a capire che non ero così diversa da loro e che facevo le cose certamente in maniera diversa ma riuscivo a farle”. “Se tutti voi scrivete con le mani- ha poi affermato- io lo faccio grazie ai miei piedi, perché l’importante è scrivere, non il modo in cui lo fai”. In un video emozionale, che ha commosso tutti i presenti, Nadia racconta che “la bambina che sono stata ha dovuto scontrarsi con la dura realtà, il pregiudizio e le etichette. Hanno provato a farmi credere che nelle mie condizioni tutto doveva essere impossibile. Ma io, all’impossibile, non ho mai creduto, mi sono ripresa la mia vita, mi sono impegnata per inseguire e realizzare i miei sogni. Oggi mi amo con tutte le mie imperfezioni, oggi per tutti sono la vostra Ironadia. Continuo a pensare che se la vita di una sola persona cambierà grazie alla mia storia, ne sarà valsa la pena. D’altronde, cos’è la perfezione?”. La perfezione “non esiste- ha precisato l’influencer e tiktoker- ai ragazzi che incontro nelle scuole dico sempre che siamo tutti pezzi unici e che dobbiamo valorizzare anche i nostri difetti, facendoli diventare i nostri punti di forza, proprio come ho fatto io. Oggi posso dire con molta fierezza che mi piaccio così”. La diversità, ha poi dichiarato Contrafatto, “non è una cosa brutta ma una ricchezza. Ai ragazzi dico di credere nei propri sogni e di lavorarci molto, perché con il duro lavoro tutto è possibile. Io ne sono un esempio. Se poi non dovesse accadere perché c’è qualcuno più bravo di voi potrete sempre dire di avercela messa tutta. Dunque, nessun rimpianto e nessun rimorso”. “L’ossessione batte il talento. Siate ossessionati dalle vostre passioni, dai vostri sogni- ha concluso Lauricella- metteteci tutti voi stessi, perché se non siete voi i primi a credere nei vostri sogni, non lo faranno gli altri per voi. Se non avessi creduto in quello che volevo fare, oggi non sarei qui a parlare con voi”.
“Con il passare del tempo- ha detto Contrafatto, rivolgendosi ai numerosi studenti presenti in sala- mi sono resa conto che quello che doveva essere un grande trauma, ovvero perdere una gamba, in realtà non lo è stato ma si è rivelato una grande fonte di ispirazione. Avrei potuto abbattermi, io sono un militare, ma così non è stato”. Accompagnata dal suo fedele cane Raoul, Contrafatto ha poi raccontato di essere l’artefice della foto che immortala la tripletta azzurra in Giappone, “in un’immagine– ha spiegato- che ricorda le nuove Charlie’s Angels” e che ben presto è diventata virale. E oggi a Taranto, proprio a memoria di quello splendido risultato ottenuto in terra nipponica, sulla parete esterna dello stabile sito di via Lago di Monticchio, edificio P scala B, si svolge la presentazione del murale – realizzato interamente con vernici completamente atossiche ed ecosostenibili – opera dell’artista Giulio Gebbia, in arte Rosk, e dedicato allo sport paralimpico, che ritrae le campionesse Sabatini, Caironi e Contrafatto, le tre velociste azzurre trionfatrici a Tokyo 2020. Presenti all’evento, insieme all’artista, anche il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, e l’assessore allo Sport del Comune di Taranto, Gianni Azzaro. “Se a Napoli c’è Maradona- ha commentato ironica Contrafatto- vuol dire che a Taranto ci saremo noi tre”. Nonostante la tragedia che l’ha colpita, l’atleta paralimpica ha tenuto a sottolineare di aver “dedicato la mia medaglia proprio all’Afghanistan, perché non mi ha tolto ma mi ha regalato un’emozione. Quando ero ‘normodotata’ e vedevo una persona ‘diversa’ la commiseravo. L’Afghanistan ha aperto la mia mente e mi ha fatto capire che la disabilità esiste solo negli occhi di chi guarda: la casa è bella per ciò che contiene, non per la sua facciata”.