Favara

Favara, presentato “La leggenda del raccontatore errante” di Vincenzo Arnone

“La leggenda del raccontatore errante” è l’ultima fatica letteraria di don Vincenzo Arnone, sacerdote della diocesi agrigentina, negli anni 80 si è trasferito a Firenze dove è stata nominato amministratore di una basilica nei pressi della città toscana. Al contempo ha sviluppato una sua notevole attività culturale e letteraria. In questi anni  ha scritto numerosi […]

Pubblicato 4 anni fa

“La leggenda del raccontatore errante” è l’ultima fatica letteraria di don Vincenzo Arnone, sacerdote della diocesi agrigentina, negli anni 80 si è trasferito a Firenze dove è stata nominato amministratore di una basilica nei pressi della città toscana. Al contempo ha sviluppato una sua notevole attività culturale e letteraria. In questi anni  ha scritto numerosi romanzi, saggi, atti teatrali, l’ultimo ambientato nel Rabato agrigentino, intitolato “Io, Luigi Pirandello”. Altri suoi scritti tra il saggistico, il narrativo e il teatrale, sono “Pavese tra l’assurdo e l’Assoluto”, “La figura del prete nella narrativa del 900”, “Papini un uomo infinito”, “Romanzo toscano”, “Come Dio muove sul palcoscenico”. Infine l’ultimo in ordine di tempo “La leggenda del raccontatore errante” presentato l’altra sera a Favara nella “sala del collare” del Castello Chiaramontano. Relatori il prof. Giuseppe Veneziano e il giornalista direttore di Grandangolo Diego Romeo. Moderatore il presidente della Pro Loco, Antonio Moscato.

Il prof Veneziano ha ricordato per sommi capi il racconto di questa “leggenda” divisa in 12 capitoli ed enumerandone vicissitudini e sfaccettature degli episodi che si svolgono intorno agli anni 50. Diego Romeo si è spinto più oltre definendo tout court, il romanzo “un piccolo capolavoro di letteratura cattolica.

“Questo è un libro- ha detto Romeo– che fa giustizia dei tanti personaggi  EROI- nichilisti del passato e del presente letterario.  E’ un libro con una visione del mondo cattolica dove si cerca la bontà, la verità e la bellezza ovunque si possano trovare, e non si stanca mai di affrontare le grandi domande relative alla vita e alla fede. C’è una tensione verso l’alto nel libro di don Vincenzo Arnone come nel film di Theodor Dreyer  ORDET, ma quello che ritengo importante è il fatto che si riesce ad avvertire pienamente la modernità, per la necessità di una letteratura  che miri alla verticalità e non si limiti alla orizzontalità del racconto e della tensione. Per chiudere—ha concluso il giornalista agrigentino— vorrei citarvi alcuni titoli dei racconti che mi hanno affascinato come L’omino silenzioso,  L’Uomo che scriveva la sua storia sui marciapiedi della città,, Il BEL VECCHIO che interesserà i devoti di san Calogero, L’uomo che ascoltava la voce dei giganti,  Il paesino che giocava al tiro alla fune, Novena del Pianto di Maria, una sorta di straordinario Stabat Mater e infine L’esodo girgentano che mi ha fatto conoscere come in provincia di Rieti esiste un paesino che si chiama Girgenti, 129 abitanti  e 800 metri sul livello del mare, colonizzato da girgentani in fuga e che fino a poco tempo fa festeggiavano san Calogero e san Gerlando. Insomma tutte storie di santi, leggende sacre,, storie d’amore belle e tragiche. In tal modo i vecchi cantastorie che negli anni andarono perdendo la loro popolarità ritrovano nel Ciapino, questo il protagonista di Arnone, una straordinaria rinascita capace di soppiantare  non solo le jene e gli sciacalli di cui parlava il Gattopardo ma i numerosi imbonitori e persuasori occulti che oggi scorazzano impuniti in questo nostro mondo”.

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