Mafia

Boss Scotto sulla barca con la vara di Sant’Antonio durante processione (ft e vd)

Un nuovo duro colpo è stato inferto stamani a Cosa nostra dalla Dia di Palermo che ha arrestato 8 persone nell’ambito dell’operazione White Shark che ha visto coinvolta la famiglia mafiosa dell’Arenella-Vergine Maria. Per sette di loro si sono aperte le porte del carcere; per uno sono stati disposti gli arresti domiciliari. Il Gip di […]

Pubblicato 4 anni fa

Un nuovo duro colpo è stato
inferto stamani a Cosa nostra dalla Dia di Palermo che ha arrestato 8 persone
nell’ambito dell’operazione White Shark che ha visto coinvolta la famiglia
mafiosa dell’Arenella-Vergine Maria. Per sette di loro si sono aperte le porte
del carcere; per uno sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Il Gip di Palermo ha accolto la conforme richiesta avanzata dalla Procura distrettuale di Palermo (Procuratore aggiunto Salvatore De Luca e Sostituti Amelia Luise e Laura Siani) disponendo ha l’arresto in carcere per Gaetano Scotto, 68 anni; Francesco Paolo Scotto, 73 anni; Pietro Scotto; Antonino Scotto, 41 anni; Vito Barbera,48 anni; Giuseppe Costa, 48 anni; Paolo Galioto, 29 anni. I reati contestati, sono tra gli altri, associazione mafiosa, estorsione aggravata, favoreggiamento.

Arresti domiciliari, invece, per Antonino Rossi, 37 anni. A quest’ultimo viene contestata l’intestazione fittizia aggravata in concorso con Gaetano Scotto del locale ‘White club’ un pub alla moda all’interno del rimessaggio “Marina Arenella” di Palermo., per cui è stato disposto il sequestro preventivo.

Quattro provvedimenti
riguardano esponenti della famiglia Scotto, tra cui i tre fratelli Gaetano,
Pietro, Francesco Paolo. In particolare, Gaetano di recente è stato
destinatario di un “avviso di conclusione indagini”, in quanto
oggetto di indagini, svolte sempre dalla Dia di Palermo, finalizzate
all’identificazione dei mandanti e degli esecutori materiali del duplice omicidio
dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio avvenuto a
Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989.

Le indagini hanno orbitato
principalmente intorno a Gaetano Scotto e suo fratello Francesco Paolo. Scotto,
subito dopo l’uscita dal carcere, aveva ripreso la guida della famiglia mafiosa
dell’Arenella, una delle più rappresentative del mandamento di
Palermo-Resuttana, capeggiato dai fratelli Madonia. Nonostante il ricorso ad un
atteggiamento prudente, Scotto era divenuto il referente per la risoluzione di
ogni tipo di problema prospettatogli dalla popolazione del quartiere; ha il
pieno controllo delle attività economiche che vi vengono esercitate; organizza
e coordina le estorsioni; mantiene rapporti con esponenti di altre famiglie
mafiose; sostiene i parenti degli affiliati detenuti. Inoltre, Scotto ha
l’abitudine di dare risposte o impartire ordini in maniera si potrebbe definire
“itinerante”: evitando quindi ogni luogo al chiuso e camminando lungo
le strade del quartiere; approfittando di incontri fugaci ed occasionali per
impartire le proprie direttive senza mai nominare l’interlocutore e proferendo
le parole strettamente necessarie per conferire un assenso (ad esempio
all’apertura di un’attività commerciale) ovvero un diniego.

Scotto poi ha saputo gestire
il ruolo riconosciutogli e la sua influenza territoriale ponendosi al di fuori
delle ordinarie dinamiche di Cosa nostra, evitando incontri, riunioni ed altre
relazioni suscettibili di sovraesposizione. In particolare, sono state documentate
proposte per investirlo di alte cariche di vertice più prestigiose all’interno
dell’organizzazione, ma sempre declinate da Scotto, in attesa di chiarire le
proprie vicende giudiziarie pendenti: ”…mi
hanno chiesto di fare il capo mandamento …ma sono pazzi! Io devo ringraziare il
Signore di essere uscito …non se ne parla proprio…!”..

Le attività tecniche di
ascolto, corroborate da servizi di osservazione dinamica sul territorio, hanno
consentito di ricostruire, nonostante tutte le cautele e le accortezze poste in
essere da Scotto, la complessa ed articolata rete relazionale dallo stesso
dispiegata nonchè le dinamiche interne al sodalizio mafioso di riferimento.

Sono stati poi documentati rapporti con soggetti italo-americani, rappresentanti delle più potenti famiglie di Cosa nostra d’Oltreoceano, già oggetto di indagini da parte di F.B.I. e D.E.A.. In uno degli incontri con Leonardo Lo Verde, questi riconosce la scaltrezza e l’abilità con le quali Scotto si è defilato, allontanando da sé ogni attenzione investigativa, e definisce entrambi “mafiosi di rango superiore”.  Le indagini della Dia hanno permesso di evidenziare, inoltre, un importante spaccato sulla gestione delle concessioni e sul controllo di alcune attività imprenditoriali nel corso degli anni da parte della famiglia dell’Arenella, in grado di “autorizzare ed indirizzare” l’apertura di imprese commerciali e la gestione del commercio ambulante.

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Nonostante il ricorso ad un atteggiamento prudente, dalle acquisizioni d’indagine la Dia poteva confermare un progressivo e cauto reinserimento di Scotto nel suo quartiere all’indomani della scarcerazione, con il pieno recupero del suo ruolo e della sua autorità all’interno di Cosa nostra. Scotto dimostra di essere il referente per la risoluzione di ogni tipo di problema prospettatogli dalla popolazione del quartiere; ha il pieno controllo delle attività economiche che vi vengono esercitate; organizza e coordina le attività estorsive; mantiene rapporti con esponenti di altre famiglie mafiose; sostiene i parenti degli affiliati detenuti.

Attraverso un’oculata e
sagace gestione della “propria famiglia di appartenenza”, Scotto è tornato ad
occupare quel ruolo di vertice in realtà mai abbandonato negli anni,
poichè  gestito, in sua assenza, sia dai
fratelli Francesco Paolo e Pietro, sia da altri uomini d’onore, fedeli alla sua
persona, che hanno retto il sodalizio mafioso durante la sua assenza.

Gaetano Scotto, detenuto presso la casa
circondariale di Roma-Rebibbia, veniva scarcerato il 21 gennaio 2016. Al suo
rientro all’Arenella ha trovato un intero quartiere ad attenderlo, pregno di
devozione e di rispetto, documentati, ad esempio, nel corso della festa di
Sant’Antonio da Padova, patrono della borgata marinara dell’Arenella, tenutasi
il 13 giugno 2016. Nel corso di un colloquio telefonico con l’allora fidanzata Giuseppina
Marceca, Scotto interrompeva
la conversazione affermando che lo avevano avvisato che per fare passare il
Santo “aspettavano lui”. Come se non
bastasse, i due fidanzati salivano a bordo di un peschereccio, a bordo del
quale veniva posizionata la c.d. “vara del Santo” per essere trasportata via
mare secondo le regole della processione che, peraltro, vietano in maniera
categorica che a bordo dell’imbarcazione possano salire persone diverse dal
sacerdote che officia la funzione e dalla banda musicale.

Gaetano Scotto è certo di essere
rispettato nella sua borgata anche per la conduzione della famiglia mafiosa,
secondo la percezione degli abitanti del posto “gestita in maniera oculata ed
equilibrata”.

Sempre alla Marceca,
infatti, Scotto confidava come tutti fossero contenti del suo modo di agire: ”…tutti sono contenti perché io vengo nel
giusto…”,
lasciando intendere che tutti coloro che pagano il pizzo, lo
fanno come una sorta di atto dovuto nei confronti di quest’ultimo, dal momento
che non approfitta delle condizioni economiche, magari disagiate, degli
esercenti di attività commerciali.

Ed infatti, Scotto non ha
mai avuto bisogno di avvalersi delle tipiche tecniche intimidatorie di natura
estorsiva, limitandosi solamente a ricevere quello che i commercianti, per il
solo rispetto del potere derivato dal rango rivestito, erano disposti a versare
a titolo di “pizzo”.

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