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La voce del folk siciliano: Rosa Balistreri

di Pietro Seddio

Pubblicato 3 anni fa

Allorquando si sentivano le prime note cantate dalla Balistreri con quella sua voce roca, possente, struggente, così armoniosa quanto penetrante, tra gli ascoltatori scendeva il più assoluto silenzio perché quelle melodie così trascinanti e così pregne di solitudine, strazio, dolore pur con una punta di speranza, penetravano nel cuore lasciando segni indelebili tant’è fu additata come la più espressiva interprete del folk siciliano e addirittura paragonata ad Amalia Rodriguez regina del Fado.

Donna ed artista completa, sanguigna, capace di penetrare gli strati più profondi del cuore in mano perché cantava con il cuore, il suo, così provato dalle sue personali vicissitudini che l’avevano vista tristemente e negativamente protagonista. Ma il suo indomito carattere, la sua caparbietà tradotta in positività, le consentì di uscire dal tunnel della disperazione, della miseria, per essere osannata, acclamata, seguita e poi – dopo la sua morte – rimpianta  perché nessuno più è riuscito a raggiungere la sua celebrità seppur nel panorama della tradizione popolare siciliana altri cantanti sono ancora a mantenere viva questa cultura che ormai ha superato i confini non solo della Sicilia ma dell’intera Italia propagandosi in ogni dove, soprattutto dove continua a battere un cuore isolano pur lontano dalla sua terra che comunque non verrà mai dimenticata.

E proprio le canzoni sono la testimonianza e l’eredità preziosa che mantiene in vita la cultura, la storia, le tradizioni di questo così nobile popolo cantato e rappresentato da tanti uomini di cultura e tra questi un posto importante l’occupa senza dubbio la popolana licatese Rosa Balistreri.  Nel momento del suo maggiore successo ebbe modo di conoscere grandi artisti quali Dario Fo, Ignazio Buttitta, Renato Guttuso, Leonardo Sciascia e tanti altri che ebbero modo di ricordarla nei loro scritti, dichiarazioni in quanto in lei riconoscevano un vero fenomeno di arte genuina popolare che scaturiva da una vita complessa vissuta così diversa da essere considerata un momento espressivo profondo quale da tempo non si ricordava.

Sintesi della sua arte l’impegno sociale possedendo una carica umana non comune, l’amore che consuma, il dolore che lacera le carni, la realtà dalla quale attingeva a piene mani facendo condensare il tutto attraverso la migliore tradizione della canzone popolare siciliana.

Nessuno può mettere in dubbio che il “dono” della cantante oltre alla sua voce (originalissima dal timbro forte e penetrante) consisteva nella proiezione della sua memoria di tutte le canzoni che lei aveva ascoltato in Sicilia, in assolate campagne o in riva al suo mare africano. Era l’isola che cantava in lei. Ed ecco sentire una voce che affondava le sue radici in un canto senza tempo ma vivo, pieno di immagini e di emozioni quasi a voler anche esorcizzare i mali perenni dell’isola.  Alla fine una lezione di civiltà e di vita che fu presente in quasi tutte le piazze d’Italia attraverso i suoi concerti che la videro per tempo protagonista. Viene da pensare a Gabriella Ferri vera ed unica espressione degli “stornelli” (quindi vita profonda e reale) romani e del folclore di quella regione.

Si è fatto riferimento ad alcuni grandi nomi della cultura siciliana e fu proprio, in particolare, Ignazio Buttitta (tra l’altro autore di alcune canzoni portate al successo dalla cantante) che così scrisse: “Io ho incontrato Rosa Balistreri a Firenze, circa 22 anni fa, in casa di un pittore amico mio. Quella sera Rosa cantò il lamento della morte di Turiddu Carnevali che è un mio poemetto. Io quella sera non la dimenticherò mai. La voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che venissero dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto l’impressione di averla conosciuta sempre, di averla vista nascere e sentita per tutta la vita: bambina scalza, povera, donna, madre, perché Rosa Balistreri è un personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo, un film senza volto. Rosa Balistreri è un personaggio che cammina sopra un filo che ha un cuore per tutti, che ama tutti; un cuore giovane per la Sicilia di Vittorini e di Quasimodo, un cuore giovane per la Sicilia di Guttuso e di Leonardo Sciascia”.

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