Al Teatro della Posta vecchia cabaret all’insegna del “Menefotto”
Riuscitissimo spettacolo di Rocco Barbaro
Neanche il tempo di rialzare la testa con l’ingresso post-pandemico che ecco caderci addosso la tegola (si fa per dire) tragica della guerra in Ucraina.
Epperò the show must go on, lo spettacolo deve continuare e dalle risate al Teatro Pirandello con “Se devi dire una bugia dilla grossa” si passa all’inedito “menefotto” del cabaret del Posta vecchia dove Rocco Barbaro si è divertito a prendere in contropiede il pubblico con la dolcezza dei suoi versi che lui ha decantato tra ammiccamenti e strizzatine d’occhio.
Francamente il “menefotto” c’entra poco ma solo il titolo ci ricorda il cabaret satirico e squassante, volgaruccio anziché no, perché poi Barbaro insiste fino alla fine e conferma una soavità malinconica nel ricordarci i suoi anni nella “Milano da bere” ( che a quanto pare ha sorseggiato con riluttanza da indomito calabrese memore di “donne e buoi dei paesi tuoi).
Un percorso poetico dove i suoi versi prediligono ortaggi e nascosti calembour che decritta insieme alla complicità degli spettatori che alla fine mangiano la foglia e lo seguono nelle sue impennate che richiamano la perfida sottigliezza di un Dario Fo gran giocatore e inventore di parole. Ed è lui stesso che non esita a confermarlo nelle sue note di presentazione citando il suo umorismo a ridosso “ di altri attori dell’area milanese che hanno fatto scuola come Dario Fo, Giorgio Gaber o Paolo Rossi, comici della parola più che del gesto o della mimica, ricavando il proprio successo dall’interpretazione, in diversi stili, di ciò che avviene nella società”.
In realtà lui non se ne fotte proprio e riserva a un’Italia nordista frecciate che vanno a segno tra emigrazione ed emarginazione ricorrendo a dannatissimi stereotipi pur sempre lucidi e freddi. Un “menefotto” quindi che si apparenta con quello del compianto cardinale Pappalardo che negli anni bui palermitani soleva rispondere alle intimidazione fatte alla sua funzione pastorale con un “ogni mattina mi prendo una pillola di menefotto”.
Insomma, più sorrisi che risate che in tempi come questi risultano sempre essere “vicarianti”. Pochissimo vicarianti saranno invece “Le sedie” di Ionesco in programma la prossima settimana dove “l’assurda crudeltà” del mondo (e non solo attuale) viene chiamata in causa attraverso l’interpretazione di un grande attore siciliano, Mario Sorbello, che gli spettatori agrigentini hanno imparato ad apprezzare nelle programmazioni teatrali dello “Stable festival” di Mario Gaziano.
Per la cronaca “Le sedie” di Ionesco sta spopolando nei maggiori teatri italiani in perfetta sintonia con l’assurdità contemporanea.