L’inchiesta sui clan di Villaseta e Porto Empedocle, tutti gli indagati restano in carcere
Il giudice non convalida il fermo ma applica a tutti la custodia cautelare in carcere e si dichiara incompetente per materia trasmettendo gli atti a Palermo
Fermo non convalidato ma custodia cautelare in carcere per tutti. Sono queste le determinazioni del giudice per le indagini preliminari nei confronti degli indagati fermati (quelli ancora a piede libero) negli scorsi giorni nell’ennesimo blitz dei carabinieri contro le cosche mafiose di Villaseta e Porto Empedocle. Il giudice Giuseppa Zampino, pur non convalidato il provvedimento per mancanza di pericolo di fuga, ha applicato il carcere a tutti gli indagati dichiarandosi altresì incompetente per materia e trasmettendo tutti gli atti a Palermo. L’inchiesta – coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo – è la naturale prosecuzione delle due operazioni scattate tra il dicembre e il gennaio scorsi.
L’ultimo blitz ha portato al fermo di 13 persone, cinque delle quali già ristrette in carcere. Si tratta di: James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Pietro Capraro, 40 anni, di Agrigento; Antoinino Crapa, 54 anni, di Favara; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Vincenzo Iacono, 48 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 42 anni, di Agrigento; Salvatore Lombardo, 37 anni, di Agrigento; Agostino Marrali, 29 anni, di Porto Empedocle; Salvatore Prestia, 45 anni, di Porto Empedocle; Simone Sciortino, 23 anni, di Agrigento; Calogero Segretario, 30 anni, di Agrigento; Cristian Terrana, 32 anni, di Agrigento; Alessandro Calogero Trupia, 36 anni, di Agrigento. Nel collegio difensivo gli avvocati Salvatore Cusumano, Antonino Gaziano, Salvatore Pennica, Davide Casà, Rosario Fiore.
La nuova attività investigativa ha permesso di fare luce sulle dinamiche dei clan di Villaseta e Porto Empedocle. Secondo l’inchiesta i due gruppi, dopo iniziali tensioni, avrebbero raggiunto un accordo creando una vera e propria alleanza in grado di dettare leggi sul lucroso settore del traffico di stupefacenti. Figura centrale di questa nuova indagine è l’empedoclino James Burgio che, dal carcere, avrebbe impartito direttive, dato ordini, gestito il traffico di droga e la cassa comune. Tra i fermati (anche loro già ristretti in carcere) ci sono Pietro Capraro e Gaetano Licata, rispettivamente ritenuti il boss e il vice della cosca di Villaseta nonché Salvatore Prestia, empedoclino in stretto contatto con Burgio. A tutti viene contestata l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione.
Fatta luce anche su una inquietante escalation di violenza e intimidazioni anche con l’utilizzo di armi da guerra come gli attentati a colpi di kalašnikov ai danni di un negozio di ortofrutta ad Agrigento e ad un panificio a Porto Empedocle. Ad undici dei tredici indagati viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso. Tra le contestazioni, a vario titolo, anche quelle di tentata estorsione, danneggiamento a seguito di incendio, porto e detenzione di arma sempre aggravati dal metodo mafioso.
Il nuovo segmento di indagine – per i primi due la Dda ha già chiesto 54 rinvii a giudizio e l’udienza preliminare si terrà il prossimo 15 settembre – ha come personaggio principale James Burgio: il sequestro di un cellulare nel carcere di Augusta dove era detenuto ha consentito di accertare che, per almeno un anno, avrebbe diretto l’organizzazione chiamando indisturbato e mandando messaggi agli altri gregari.