Licata

“Vi fu un accordo politico-mafioso”: ecco perché è stato condannato il boss di Licata Occhipinti

Depositate le motivazioni alla base delle dieci condanne inflitte nel processo "Halycon-Assedio" sulla mafia di Licata

Pubblicato 3 anni fa

A novanta giorni dalla sentenza emessa i giudici della terza sezione penale della Corte di Appello di Palermo, presieduta da Antonio Napoli, hanno depositato le motivazioni alla base delle dieci condanne inflitte in secondo grado agli imputati (col rito abbreviato) coinvolti nella maxi inchiesta “Assedio-Halycon”. L’operazione, eseguita dai carabinieri del Ros, fece luce sugli “intrecci pericolosi” tra mafia, imprenditoria, politica e massoneria a Licata. 

Una sentenza che, rispetto a quella di primo grado dove erano stati assolti in due, ha visto la condanna di tutti gli imputati così come chiesto dal sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno. E, in particolare, il verdetto è stato ribaltato per Vito Lauria (condannato a 8 anni), 52enne tecnico informatico, massone, figlio del boss Giovanni, e Angelo Graci, condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione per favoreggiamento personale aggravato. L’intera inchiesta verte sulle figure di spessore apicale costituite da Angelo Occhipinti e Giovanni Lauria, entrambi già condannati per mafia. 

In questo stralcio verranno di seguito riportate le motivazioni alla base della condanna a 20 anni e 4 mesi (con il vincolo della continuazione con due precedenti sentenze di condanna) nei confronti di Angelo Occhipinti, ritenuto il nuovo capo della famiglia mafiosa di Licata.

Scrivono i giudici: “Appare di tutta evidenza che già solo l’entità, la concretezza e la natura delle questioni indicate riveli lo spessore mafioso dell’Occhipinti il quale, confidando nelle precauzioni che osservava (i dialoghi con Puleri e con il Lauria Giovanni venivano precedenti dall’attivazione di un jammer, i collaboratori presidiavano dall’esterno la porta del magazzino), parlava liberamente coi propri interlocutori. In tal senso ictu oculi priva di pregio ed assertiva si presenta l’argomentazione difensiva secondo cui, da un lato, l’assistito era troppo sottoposto ai controlli della polizia giudiziaria per poter essere in grado di porre in essere la condotta contestata, dall’altro lato il fatto che i colloqui furono effettivamente intercettati dimostra come lo jammer non fosse impostato per eludere la capostazione (di talchè non si capirebbe perché Occhipinti attendesse espressamente la sua attivazione prima di affrontare gli argomenti illeciti). Tutte le indicate emergenze rilevano senza alcun dubbio il ruolo apicale di Occhipinti all’interno del sodalizio, ruolo riconosciutogli non solo dai suoi fidati collaboratori e dal Puleri ma anche da un mafioso di spessore quale Giovanni Lauria, che infatti era venuto da lui proprio per concordare le strategie del sodalizio e dimostrato anche dai riferimenti contenuti nei dialoghi a rapporti con capi mafia di altri comuni come i Ferro di Canicattì o Luigi Boncori, boss di Ravanusa. 

Così i giudici sul voto di scambio: “Venendo alle censure difensive relative alla condanna per il delitto di associazione mafiosa esse si incentrano sull’assunto che il compendio probatorio non consentirebbe di ritenere con certezza dimostrata che vi fu un vero e proprio accordo di scambio elettorale-politico-mafioso tra Occhipinti e Giuseppe Scozzari, facendo al più emergere la disponibilità del secondo, quale responsabile del servizio tecnico dell’ospedale di Licata, ad agevolare il primo per l’effettuazione di prenotazioni per visite specialistiche all’interno del nosocomio, e ciò in conformità a pratiche di favoritismo consuete in Sicilia [..]. Innanzitutto va rilevato, anche se neppure la difesa lo contesta, che Scozzari conosceva bene la caratura mafiosa dell’interlocutore posto che, al di là del fatto che entrambi vivevano in un paese di contenute dimensioni dove fitto è il tessuto relazionale  e che all’epoca Occhipinti era già gravato di condanne definitive, reduce da un periodo di detenzione e sottoposto ad un regime di sorveglianza speciale, Scozzari era pure cognato di Raimondo Semprevivo, “genero” declamo mafia e,come si ribadirà, il suo più stretto collaboratore. Del resto è significativo che Scozzari, il 30 maggio 2018, si presentava senza indugi alla convocazionee fattagli pervenire dall’Occhipinti e, nel corso dell’incontro, non solo accettata entusiasta l’offerta di voti fattagli da Occhipinti (“Ora io ti parlo per quello, ti parlo per quello,io ti porto chi ti posso portare.. mi interessa che ti dobbiamo dare i voti tutte cose ad un amico.. perché vedi che ne parlo con impegno.. gli altri te li porto, sono amici, ci mancherebbe altro, sono tutti tuoi.. ora ti sto dicendo .. gli altri sono amici nostri”) ma rilanciava, chiedendo all’interlocutore di fare pressioni sul farmacista del paese Angelo Lauria, precisando di sapere che ben poteva farlo all’evidenza allunedendoal fatto che il farmacista era contiguo al capo mafia. In altre parole, il tenore dell’incntro, le espressioni usate dall’Occhipinti e la replica dello Scozzari danno piena prova del raggiungimento di un accordo di scambio tra la locale famiglia mafiosa, rappresentata dal suo più alto esponente, e il funzionario pubblico candidatosi alle elezioni comunali. Ed invero, se Occhipinti si impegnava alacremente tramite i suoi collaboratori per far convergere i voti su Scozzari, come comprovato da numerosi dialoghi in cui paventava che se gli fossero stati trovati dalla polizia giudiziaria i volantini del predetto sarebbe stato accusato di “scambio di voti”, ciò faceva nella consapevolezza che il patto stretto con lo Scozzari avrebbe assicurato a cosa nostra uno stabile e autorevole referente all’interno dei presidi sanitari pubblici della zona e, per tale via, la possibilità di arrivare al loro controllo (A chi devo dare il voto? A lui.. a chi lo devo dare.. che ogni due e tre siamo in ospedale .. che siamo i padroni.. che comanda più dei primari..).

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