Il clan di Villaseta, disposti accertamenti sull’arsenale sequestrato a netturbino
L'arsenale sequestrato ad un netturbino agrigentino, ritenuto il custode delle armi del clan di Villaseta, sarà esaminato dal Ris di Messina
La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha disposto accertamenti irripetibili sull’arsenale sequestrato lo scorso 21 dicembre ad un netturbino agrigentino, Alessandro Mandracchia, ritenuto il custode della armi del clan mafioso di Villaseta. Gli esami si svolgeranno il prossimo 3 luglio nella sede del Ris – il Reparto Investigazioni Scientifiche – di Messina. L’attività tecnico-scientifica non si concentrerà soltanto sulle armi ma anche sull’eventuale presenza di tracce e impronte utili alle indagini.
La vicenda è legata al sequestro del micidiale arsenale avvenuto alla fine del 2024 nelle campagne di contrada Fondacazzo quando i carabinieri di Agrigento, a margine di una perquisizione, trovarono all’interno di due bidoni una pistola mitragliatrice con due caricatori vuoti e uno con venti cartucce inserite (calibro 9x 19); un revolver Taurus con matricole punzonate; un revolver Smith & Wesson risultato oggetto di furto consumatosi in data 20.11.2024; un revolver privo di marca e matricola; una pistola mono-colpo; una granata; diciannove cartucce calibro 22; sessantatré cartucce calibro 9x 19 parabellum; trentasette cartucce calibro 38 special; due cartucce calibro 7,65; quaranta cartucce calibro 9x 19.
Per questo motivo venne arrestato Alessandro Mandracchia, netturbino agrigentino, ritenuto molto vicino ad esponenti di spicco della famiglia mafiosa di Villaseta e, in particolare, a Pietro Capraro e Guido Vasile. Lo stesso Mandracchia, appena un mese prima della scoperta dell’arsenale nei pressi della sua campagna, venne fermato proprio in compagnia di Vasile lungo la strada statale 115 a bordo di un’auto all’interno della quale erano nascosti ben 120 mila euro in contanti. L’indagato disse di averli trovati durante tra i vicoli mentre era impegnato nel suo lavoro di operatore ecologico. Il netturbino, difeso dall’avvocato Salvatore Cusumano, ha respinto anche ogni responsabilità sulle armi rinvenute a pochi passi dal suo terreno dicendo che chiunque avrebbe potuto metterle in quel posto.
Una ricostruzione che non ha convinto il gip Iacopo Mazzullo che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare. Due mesi fa la Direzione distrettuale antimafia ha chiuso le indagini a carico di 54 indagati e nella lista compare anche Alessandro Mandracchia. Due le operazioni eseguite dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento guidato dal colonnello Nicola De Tullio e dal vice Vincenzo Bulla – scattate tra dicembre 2024 e gennaio 2025 – che hanno di fatto decapitato le famiglie mafiose di Villaseta e Porto Empedocle portando al fermo e all’arresto di oltre cinquanta persone. Lunghissima la lista delle ipotesi di reato contestate (a vario titolo) dai magistrati della Dda di Palermo: associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni compiute e tentate aggravate dal metodo mafioso, danneggiamenti aggravati, numerosi episodi di cessioni di droga, detenzione di armi e riciclaggio di denaro.
In quasi tre anni di indagini, secondo quanto ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata fatta luce sulla riorganizzazione di storiche cosche mafiose come quelle di Villaseta e Porto Empedocle. La prima sarebbe stata guidata dal boss Pietro Capraro che, dopo aver scontato una condanna per mafia nell’operazione Nuova Cupola, avrebbe preso in mano le redini del clan portandolo ad una ribalta per molti inaspettata. Operazioni di polizia successive a quella dei carabinieri, infatti, hanno fotografato il ruolo di primissimo piano che la cosca di Villaseta era riuscita a ritagliarsi nelle rotte del narcotraffico arrivando addirittura a rifornire di stupefacente storici mandamenti mafiosi palermitani. La cosca di Porto Empedocle, invece, sarebbe stata saldamente nelle mani di Fabrizio Messina, fratello dell’ergastolano e vice rappresentante provinciale di Cosa nostra Gerlandino. I due clan, sempre secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, in un primo momento sarebbero entrati in aperto conflitto con attentati, danneggiamenti ed episodi che hanno destato molto allarme sociale.


