Agrigento non è lontana da Hammamet
Lei ha conosciuto personalmente Bettino Craxi. Come era l’uomo Bettino? “Sono stato il primo socialista ad invitarlo in Sicilia dopo la sua elezione a segretario nazionale del Psi. Nel novembre del 1976 lo presentai al Supercinema di Agrigento in una manifestazione molto partecipata che apriì la Festa provinciale dell’Avanti. Nel 1986,nella qualità di segretario della […]
Lei ha conosciuto personalmente Bettino Craxi. Come era l’uomo Bettino?
“Sono stato il primo socialista ad invitarlo in Sicilia dopo la sua
elezione a segretario nazionale del Psi. Nel novembre del 1976 lo presentai al
Supercinema di Agrigento in una manifestazione molto partecipata che apriì la
Festa provinciale dell’Avanti. Nel 1986,nella qualità di segretario della
Federazione Psi, lo invitai a comiziare in piazza Cavour gremita di pubblico.
Si trattava della chiusura della campagna elettorale regionale al termine della
quale fui eletto per la prima volta deputato regionale grazie al supporto
dell’on. Salvatore Lauricella. A pranzo lo vidi immergere del pane su un piatto
su cui aveva messo dell’olio siciliano affermando che la Sicilia poteva
vantarsi di avere un olio extravergine tra i migliori al mondo. Poi parlammo di
Sciascia, di cui visitò la casa a Racalmuto dove incontrò affabilmente lo
scrittore con cui ebbe una lunga conversazione. Alla morte di Leonardo
Sciascia fu presente ai funerali di Racalmuto. Ricordo infine di
averlo incontrato al vecchio ospedale di Agrigento dove visitò la bara del
giudice Livatino per il quale espresse lusinghiere frasi per la sua lotta alla
mafia”.
E dell’uomo politico?
“Craxi fu
eletto Presidente del Consiglio nell’agosto del 1983 in un momento di
difficoltà economiche gravi. C’era stato un crollo del 70% della produzione
industriale e la Borsa solo pochi mesi prima era stata sospesa per tre giorni
al fine di evitare un tonfo. Assicurò notevoli incentivi per il mondo
industriale che riprese a marciare. Nel 1984 con il decreto di San Valentino
ridusse la pesante inflazione portandola dal 16% al 4%. Il tasso di sviluppo fu
del 3% annuo tale da far diventare l’Italia la quinta potenza industriale del
mondo”.
Di Craxi come innovatore ci sono opinioni molto controverse, soprattutto a sinistra. Come segretario del Psi di cosa fu testimone?
“Certamente. Divenuto segretario del Psi al Midas nel 1976, Bettino Craxi comprese che bisognava eliminare ogni sudditanza nei confronti del Pci e che con l’autonomia conquistata il Psi poteva aspirare alla guida del governo. Intensificò le critiche contro i regimi comunisti dell’Est e denunziò con forza le multinazionali che
avevano favorito il golpe cileno di Pinochet. Aiutò tutti gli esuli a partire da quelli spagnoli, portoghesi, greci, cechi. Fu amico degli arabi ed in particolare di Arafat. Con Mitterand, Brandt, Palme, Gonzales Soares divenne esponente vitale della socialdemocrazia europea. Pur essendo amico di Israele e del presidente laburista Peres mantenne, in accordo con la Dc, rapporti ottimi con tutti i Paesi arabi dei quali sosteneva la giusta emancipazione. Per tutelare la sovranità del Paese si oppose agli Stati Uniti nel caso di Sigonella dove non si sottomise a Reagan e schierò i carabinieri a difesa dell’onore dell’Italia. Il caso Sigonella ed i buoni rapporti con Gheddafi, considerato il vero nemico degli Usa, gli alienarono le simpatie dei vari potentati americani che non dimenticarono. Ma Bettino Craxi, considerato l’unico difensore dei grandi beni italiani, che per volontà dei Paesi europei dominanti, dovevano essere messi in svendita, come poi avvenne, doveva essere eliminato politicamente in quanto di intralcio a questa prospettiva negativa per il Paese. Da quegli anni in poi il Pil dell’Italia. che era simile a quello della Francia e della Gran Bretagna, si deprezzò del 30% colpendo il ceto medio ed i lavoratori. Da allora non ci siamo più ripresi. L’azione di Mani pulite, pur partita con l’intenzione di moralizzare il Paese, determinò da un lato la scomparsa del pentapartito che con il 54% aveva vinto le elezioni del 1992 e dall’altro lato con la sconfitta del Pds e l’avvento di Berlusconi alleato della Lega padana di Bossi e di An di Fini. Come è noto i tre estensori della nuova destra finirono poi nelle maglie della giustizia ed ancora processi in corso li riguardano. Bossi fu graziato da Mattarella. Saverio Borrelli capo del pool di Mani pulite, molti anni dopo, dichiarò, che a seguito della nuova fase politica, forse ci si era sbagliati nell’accanimento giudiziario contro la vecchia classe politica, tutta decapitata coi loro partiti, compreso il Pci. Naturalmente il giudizio storico su Bettino Craxi non può essere esaurito oggi. Però accanto alle ombre ritornano, in quanto dimenticate, le luci della sua azione di capo del governo e di statista del dopoguerra. Nessuno può negare la sua azione riformatrice sia nella guida del governo e sia nel campo politico dove difese e sostenne con forza l’autonomia dal Pci, il cui erede i Ds per sopravvivere hanno dovuto fondersi con la ex Margherita di origine Dc”.
Secondo lei la Sicilia è stata più Lauricelliana che Craxiana?
“Salvatore Lauricella dopo la infausta scissione del Psiup, finanziata dall’Urss, fu la guida riconosciuta del Psi per tantissimi anni. Aveva la statura ed il carisma del capo. Dapprima seguace di De Martino, con Enrico Manca anche egli demartiniano, acconsenti all’ascesa di Bettino Craxi come segretario del Psi. Occorreva una scossa dopo la sconfitta elettorale del 1976 e Craxi fu ritenuto capace di offrirla. Dopo il congresso socialista di Torino, dove Craxi si alleò con Claudio Signorile, Lauricella e Nicola Capria incominciarono ad impostare nuovi rapporti con Craxi riprendendo quel filone autonomista comune, che avrebbe riportato ad una più nuova e composita unità. La nuova dimensione politica del Psi nazionale determinò la scelta del partito di designare Salvatore Lauricella alla guida della regione Sicilia nel 1986. Il risultato elettorale, positivo ma non sufficiente, determinò la elezione di Salvatore Lauricella a presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Furono quegli anni gli ultimi di una capacità di elaborazione alta della politica siciliana, poi sconvolta da una crisi permanente alla quale non è stata posta ancora fine. Oggi la nostra Regione vive di un grigiore che rende asfittica una stagione priva di contenuti politici e di realizzazioni positive”.
Ritiene possibile un riscatto dei valori dell’autonomia siciliana ?
“Non credo che ci siano le condizioni oggettive per un salto di qualità. I partiti non esistono più. Imperano oligarchie, spesso incolte, e voraci che hanno consentito l’affermarsi di una politica clientelare sfrenata e che hanno disatteso i valori della legalità democratica originando insani collegamenti tra pezzi di apparati dello Stato e finte strategie antimafia al solo fine di lucrare sulla spesa pubblica, di appannare l’immagine dello Stato e di determinare perciò sgomento nell’opinione pubblica siciliana. Le inchieste giudiziarie in corso apriranno varchi che spero portino ad un cambio radicale delle istituzioni e degli uomini abilitati a guidarle. Ma ho molti dubbi su questo possibile avvicendamento”.
Lei ha vissuto una lunga stagione della Federazione del Psi anche in qualità di segretario della Federazione dal 1976 al 1987 e poi deputato, ed assessore, dal 1986 al 1996. Quale era il rapporto tra Salvatore Lauricella e Filippo Lentini?
“Posso parlarne certamente dal 1965 in poi. Per ragioni di età non ho partecipato alla gloriosa stagione socialista del dopoguerra caratterizzata da un quasi fervore mistico nella difesa degli operai, soprattutto delle miniere, e dei braccianti agricoli in difesa dei quali Salvatore Lauricella e Filippo Lentini, con i loro fedeli alleati, occuparono le terre dei feudi agrigentini. Fu una stagione magica. Filippo Lentini, giovanissimo capopopolo di Favara, erede del popolarissimo sindaco socialista Guarino ucciso dalla mafia, occupò assieme a Salvatore Carnevale il feudo della famiglia Notarbartolo per rivendicare migliori condizioni di lavoro per i braccianti agricoli. Per tale occupazione Carnevale e Lentini subirono alcuni giorni di prigione e poco tempo dopo Salvatore Carnevale, come Placido Rizzotto ed altri 25 esponenti socialisti, fu ucciso dalla mafia su ordine delle famiglie proprietarie di immensi feudi. Questa complicata ma esaltante stagione fu finalmente riconosciuta con la presenza dell’allora capo di Stato Napolitano che in onore di Rizzotto, e pure degli altri martiri, consacrò i valori della vera lotta alla mafia condotta da martiri socialisti e comunisti. Il rapporto tra Lauricella e Lentini fu lunghissimo, dal dopoguerra al 1997 data in cui mori l’ex ministro ravanusano. Pur nel travaglio di una condotta non sempre unitaria, Lauricella e Lentini, si rispettavano per avere condotto battaglie uguali e per avere contribuito alla crescita del movimento socialista in Sicilia da posizioni spesso non collimanti. Uomini di grande statura politica per tutto il tempo della loro esistenza si erano impegnati a difendere i valori socialisti e pertanto dopo ogni contesa trovavano alla fine motivi di consenso e di condivisione. Hanno creato una generazione di giovani politici che hanno assunto posizioni importanti nella storia del movimento socialista nel Paese. Salvatore Lauricella difese Bettino Craxi fino all’ultimo momento. Nella difesa dell’uomo difendeva la vita stessa del partito che riteneva fortemente minacciata dalle inchieste giudiziarie. Non fu tra i codardi che lasciarono il partito e non rinnegò mai la sue fede socialista”.
Di Craxi come innovatore ci sono opinioni molto controverse, soprattutto a sinistra. Come segretario del Psi di cosa fu testimone?
“Certamente. Divenuto segretario del Psi al Midas nel 1976, Bettino Craxi comprese che bisognava eliminare ogni sudditanza nei confronti del Pci e che con l’autonomia conquistata il Psi poteva aspirare alla guida del governo. Intensificò le critiche contro i regimi comunisti dell’Est e denunziò con forza le multinazionali che
avevano favorito il golpe cileno di Pinochet. Aiutò tutti gli esuli a partire da quelli spagnoli, portoghesi, greci, cechi. Fu amico degli arabi ed in particolare di Arafat. Con Mitterand, Brandt, Palme, Gonzales Soares divenne esponente vitale della socialdemocrazia europea. Pur essendo amico di Israele e del presidente laburista Peres mantenne, in accordo con la Dc, rapporti ottimi con tutti i Paesi arabi dei quali sosteneva la giusta emancipazione. Per tutelare la sovranità del Paese si oppose agli Stati Uniti nel caso di Sigonella dove non si sottomise a Reagan e schierò i carabinieri a difesa dell’onore dell’Italia. Il caso Sigonella ed i buoni rapporti con Gheddafi, considerato il vero nemico degli Usa, gli alienarono le simpatie dei vari potentati americani che non dimenticarono. Ma Bettino Craxi, considerato l’unico difensore dei grandi beni italiani, che per volontà dei Paesi europei dominanti, dovevano essere messi in svendita, come poi avvenne, doveva essere eliminato politicamente in quanto di intralcio a questa prospettiva negativa per il Paese. Da quegli anni in poi il Pil dell’Italia. che era simile a quello della Francia e della Gran Bretagna, si deprezzò del 30% colpendo il ceto medio ed i lavoratori. Da allora non ci siamo più ripresi. L’azione di Mani pulite, pur partita con l’intenzione di moralizzare il Paese, determinò da un lato la scomparsa del pentapartito che con il 54% aveva vinto le elezioni del 1992 e dall’altro lato con la sconfitta del Pds e l’avvento di Berlusconi alleato della Lega padana di Bossi e di An di Fini. Come è noto i tre estensori della nuova destra finirono poi nelle maglie della giustizia ed ancora processi in corso li riguardano. Bossi fu graziato da Mattarella. Saverio Borrelli capo del pool di Mani pulite, molti anni dopo, dichiarò, che a seguito della nuova fase politica, forse ci si era sbagliati nell’accanimento giudiziario contro la vecchia classe politica, tutta decapitata coi loro partiti, compreso il Pci. Naturalmente il giudizio storico su Bettino Craxi non può essere esaurito oggi. Però accanto alle ombre ritornano, in quanto dimenticate, le luci della sua azione di capo del governo e di statista del dopoguerra. Nessuno può negare la sua azione riformatrice sia nella guida del governo e sia nel campo politico dove difese e sostenne con forza l’autonomia dal Pci, il cui erede i Ds per sopravvivere hanno dovuto fondersi con la ex Margherita di origine Dc”.
Secondo lei la Sicilia è stata più Lauricelliana che Craxiana?
“Salvatore Lauricella dopo la infausta scissione del Psiup, finanziata dall’Urss, fu la guida riconosciuta del Psi per tantissimi anni. Aveva la statura ed il carisma del capo. Dapprima seguace di De Martino, con Enrico Manca anche egli demartiniano, acconsenti all’ascesa di Bettino Craxi come segretario del Psi. Occorreva una scossa dopo la sconfitta elettorale del 1976 e Craxi fu ritenuto capace di offrirla. Dopo il congresso socialista di Torino, dove Craxi si alleò con Claudio Signorile, Lauricella e Nicola Capria incominciarono ad impostare nuovi rapporti con Craxi riprendendo quel filone autonomista comune, che avrebbe riportato ad una più nuova e composita unità. La nuova dimensione politica del Psi nazionale determinò la scelta del partito di designare Salvatore Lauricella alla guida della regione Sicilia nel 1986. Il risultato elettorale, positivo ma non sufficiente, determinò la elezione di Salvatore Lauricella a presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Furono quegli anni gli ultimi di una capacità di elaborazione alta della politica siciliana, poi sconvolta da una crisi permanente alla quale non è stata posta ancora fine. Oggi la nostra Regione vive di un grigiore che rende asfittica una stagione priva di contenuti politici e di realizzazioni positive”.
Ritiene possibile un riscatto dei valori dell’autonomia siciliana ?
“Non credo che ci siano le condizioni oggettive per un salto di qualità. I partiti non esistono più. Imperano oligarchie, spesso incolte, e voraci che hanno consentito l’affermarsi di una politica clientelare sfrenata e che hanno disatteso i valori della legalità democratica originando insani collegamenti tra pezzi di apparati dello Stato e finte strategie antimafia al solo fine di lucrare sulla spesa pubblica, di appannare l’immagine dello Stato e di determinare perciò sgomento nell’opinione pubblica siciliana. Le inchieste giudiziarie in corso apriranno varchi che spero portino ad un cambio radicale delle istituzioni e degli uomini abilitati a guidarle. Ma ho molti dubbi su questo possibile avvicendamento”.
Lei ha vissuto una lunga stagione della Federazione del Psi anche in qualità di segretario della Federazione dal 1976 al 1987 e poi deputato, ed assessore, dal 1986 al 1996. Quale era il rapporto tra Salvatore Lauricella e Filippo Lentini?
“Posso parlarne certamente dal 1965 in poi. Per ragioni di età non ho partecipato alla gloriosa stagione socialista del dopoguerra caratterizzata da un quasi fervore mistico nella difesa degli operai, soprattutto delle miniere, e dei braccianti agricoli in difesa dei quali Salvatore Lauricella e Filippo Lentini, con i loro fedeli alleati, occuparono le terre dei feudi agrigentini. Fu una stagione magica. Filippo Lentini, giovanissimo capopopolo di Favara, erede del popolarissimo sindaco socialista Guarino ucciso dalla mafia, occupò assieme a Salvatore Carnevale il feudo della famiglia Notarbartolo per rivendicare migliori condizioni di lavoro per i braccianti agricoli. Per tale occupazione Carnevale e Lentini subirono alcuni giorni di prigione e poco tempo dopo Salvatore Carnevale, come Placido Rizzotto ed altri 25 esponenti socialisti, fu ucciso dalla mafia su ordine delle famiglie proprietarie di immensi feudi. Questa complicata ma esaltante stagione fu finalmente riconosciuta con la presenza dell’allora capo di Stato Napolitano che in onore di Rizzotto, e pure degli altri martiri, consacrò i valori della vera lotta alla mafia condotta da martiri socialisti e comunisti. Il rapporto tra Lauricella e Lentini fu lunghissimo, dal dopoguerra al 1997 data in cui mori l’ex ministro ravanusano. Pur nel travaglio di una condotta non sempre unitaria, Lauricella e Lentini, si rispettavano per avere condotto battaglie uguali e per avere contribuito alla crescita del movimento socialista in Sicilia da posizioni spesso non collimanti. Uomini di grande statura politica per tutto il tempo della loro esistenza si erano impegnati a difendere i valori socialisti e pertanto dopo ogni contesa trovavano alla fine motivi di consenso e di condivisione. Hanno creato una generazione di giovani politici che hanno assunto posizioni importanti nella storia del movimento socialista nel Paese. Salvatore Lauricella difese Bettino Craxi fino all’ultimo momento. Nella difesa dell’uomo difendeva la vita stessa del partito che riteneva fortemente minacciata dalle inchieste giudiziarie. Non fu tra i codardi che lasciarono il partito e non rinnegò mai la sue fede socialista”.