L’Università di Palermo celebra il professore agrigentino Salvatore Gaglio
Lo scienziato agrigentino è stato celebrato con una laudatio intensa, appassionata, che non restituisce soltanto un curriculum, ma l’impronta profonda lasciata da un maestro nel suo Ateneo
C’è un filo che lega Genova, Atlanta, Palermo e Agrigento, un filo fatto di ricerca, visione, coraggio e responsabilità. È il filo che ha accompagnato per decenni il percorso del professor Salvatore “Totò” Gaglio, scienziato di origini agrigentine – figlio di una terra che ha sempre portato con sé – e protagonista assoluto di una stagione fondativa dell’Intelligenza Artificiale italiana. L’Aula Magna dell’Università di Palermo lo ha celebrato con una laudatio intensa, appassionata, che non restituisce soltanto un curriculum, ma l’impronta profonda lasciata da un maestro nel suo Ateneo e nella comunità scientifica nazionale.
Il viaggio comincia a Genova, dove Gaglio si laurea nel 1977, e prosegue subito oltre oceano grazie a una prestigiosa borsa Fulbright che lo porta al Georgia Institute of Technology di Atlanta. In quegli anni, nella culla della ricerca americana, impara a far dialogare matematica dei sensori, logica della conoscenza e meccanica dei robot. Getta le basi di una visione dell’Intelligenza Artificiale che non sarà mai una somma di moduli, ma un sistema integrato in cui percezione, ragionamento e azione si sostengono a vicenda. Sono gli anni in cui esplode il suo talento: struttura multiprocessori per l’elaborazione di segnali, lavora sul digital signal processing, entra nel cuore di una ricerca che in Italia muove i primi passi.
Quando rientra, Genova lo accoglie da protagonista. Nel 1982 ottiene la prima cattedra italiana di Intelligenza Artificiale, un traguardo che lo colloca tra i pionieri assoluti di un settore destinato a cambiare il mondo. Ma il richiamo della Sicilia è forte. L’Università di Palermo lo chiama nel 1986 per costruire praticamente da zero la comunità dell’Ingegneria Informatica. È una sfida che lui interpreta come un atto di responsabilità civile oltre che accademica. A Palermo non porta soltanto competenze, ma una visione: creare laboratori, attrarre progetti, formare giovani ricercatori, costruire un settore scientifico capace di competere a livello nazionale.
Nasce così il laboratorio CSAI, che diventerà un crocevia di idee e innovazioni: dalla visione artificiale alla rappresentazione della conoscenza, dal machine learning alle reti neurali, dalla robotica cognitiva alle prime sperimentazioni di architetture integrate tra livelli subsimbolici, concettuali e linguistici. Tutta la scuola palermitana di Ingegneria Informatica, oggi così radicata, passa da quelle stanze. In parallelo, Gaglio dà vita al Centro Interdipartimentale di Tecnologie della Conoscenza, intuendo con anni di anticipo la necessità di far dialogare informatica, medicina, filosofia, matematica, psicologia. L’interdisciplinarità non è una parola di moda, ma la bussola della sua ricerca.
Il suo lavoro lo porta a coordinare progetti nazionali e internazionali che consolidano la comunità italiana dell’IA: dalla robotica spaziale dell’Agenzia Spaziale Italiana ai sistemi intelligenti per la pianificazione, dalle reti di elaboratori alle prime forme di agenti intelligenti per il web. Sono anni in cui Salvatore Gaglio non costruisce solo modelli e algoritmi, ma una vera comunità scientifica, unendo università e centri di ricerca attraverso progetti che segnano una generazione.
Accanto alla ricerca, la sua vita è attraversata da un forte impegno istituzionale. È stato presidente dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, presidente della sezione siciliana dell’AICA, delegato ai rapporti tra l’Università e il CNR, decano dell’Ateneo in uno dei periodi più difficili, durante la pandemia. Il Ministero dell’Innovazione lo ha chiamato nel Gruppo di Alto Livello per la Strategia Nazionale sull’Intelligenza Artificiale; il Ministero dell’Università lo ha voluto nella Commissione del Piano Nazionale della Ricerca. Un riconoscimento non formale: Gaglio diventa voce autorevole nel definire le politiche della ricerca in Italia.
Ma se l’elenco degli incarichi impressiona, ciò che rimane davvero – e che la laudatio racconta con commozione – è il suo modo di essere maestro. Severità che non mortifica mai, rigore che accende curiosità, rispetto per gli studenti più giovani, fermezza nelle situazioni difficili. Gli allievi lo descrivono come un uomo capace di trovare sempre una “cerniera”, un punto di contatto tra mondi diversi: tra simboli e segnali, tra ragionamento e percezione, tra tecnologia e domande di senso. È un metodo che ha generato non solo articoli scientifici, ma una scuola vera, fatta di persone capaci di portare altrove il suo stile, i suoi princìpi, il suo modo di intendere la ricerca.
La sua traiettoria, oggi, guarda alle frontiere più avanzate: la quantum artificial intelligence, la cybersecurity come proprietà emergente dei sistemi, la coscienza artificiale. Temi complessi, che Gaglio ha affrontato con la stessa serietà con cui, quarant’anni fa, intrecciava robotica e logica simbolica. Non c’è mai salto improvviso, mai moda da inseguire: c’è un ponte, un percorso che evolve mantenendo coerenza.
E proprio il ponte è l’immagine con cui i suoi allievi lo salutano. Un ponte che parte da Genova e Atlanta, si radica a Palermo, porta con sé le sue origini agrigentine e si apre verso i territori inesplorati dell’IA del futuro. Su quel ponte hanno camminato centinaia di studenti, decine di ricercatori, interi gruppi di lavoro. Su quel ponte – è stato detto – continueremo a camminare.
L’Università di Palermo lo ha celebrato, ma più di tutto lo ha ringraziato. Per il rigore. Per la visione. Per l’eredità culturale e scientifica che lascia. E per aver dimostrato che la ricerca non è una carriera, ma un atto di responsabilità. Un ponte da costruire ogni giorno.




