Immigrazione clandestina, bloccata nave madre: 5 fermi a Lampedusa
L'inchiesta della Procura di Agrigento che ha portato al fermo di 5 scafisti
I Finanzieri della Sezione Operativa Navale di Lampedusa, ad esito di un’attività di Polizia Giudiziaria avviata lo scorso 17 febbraio nei confronti di un peschereccio tunisino, hanno sottoposto alla misura del fermo per indiziato di delitto i 5 membri dell’equipaggio, con l’accusa di aver consentito l’ingresso irregolare in Italia di 11 migranti. La misura cautelare è scattata nei confronti di: Alahemar Mohsin 51 anni, Ayed Mohamad 46 anni, Rizki Mourad 54 anni, Amen Ben-Mansour 33 anni, Mokni Hedi 67 anni.
A seguito di una segnalazione pervenuta da un velivolo operante per conto dell’Agenzia Europea Frontex, inerente un non meglio noto peschereccio extracomunitario, già in acque territoriali italiane, che dirigeva verso l’isola pelagica con al traino un natante in ferro, privo di motore e di occupanti, venivano inviate in zona la vedetta V.7007 della Sezione Operativa Navale di Lampedusa e il Guardacoste G.206 Corrias della Sezione Operativa Navale di Milazzo, quest’ultimo temporaneamente rischierato sull’isola, al fine di indagare la situazione in corso. All’atto dell’intercetto, tuttavia, l’imbarcazione in ferro non era più vuota ma risultava occupata da nr.11 migranti irregolari, tra cui donne e bambini, di provenienza tunisina ed algerina.
“Dal qualche mese abbiamo ipotizzato che ci fosse un canale diverso e alternativo di partenza dalla Tunisia che si affiancava ai barchini in ferro che partono da Sfax i cosiddetti barchini della morte. In questo caso siamo riusciti, grazie al Roan della Guardia di Finanza, ad accertare nuovi scenari, dei viaggi in business class, viaggi sicuri che costano molto di più di cittadini tunisini a bordo di imbarcazioni di pesca, estremamente sicure e idonee per arrivare nel territorio siciliano”. Cosi il Procuratore facente funzioni di Agrigento Salvatore Vella in conferenza stampa.
Verificata l’assenza di pescato sull’unità da pesca e le ottime condizioni di salute dei migranti intercettati, poco compatibile con chi affronta i cosiddetti “viaggi della speranza” via mare, i militari prendevano il controllo del motopesca, sospettato di essere coinvolto nel traffico di migranti, e procedevano verso il porto di Lampedusa per approfondimenti. Gli immigrati, invece, venivano trasbordati sulle unità navali del Corpo e messi in sicurezza, per poi essere affidati al dispositivo di accoglienza presente in porto e successivamente trasferiti all’Hotspot dell’isola.
Le complesse attività investigative poste in essere dai finanzieri di mare, tutte svolte sotto il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, si concretizzavano nell’esecuzione della misura del fermo di indiziato di delitto nei confronti di tutti i componenti dell’equipaggio del peschereccio tunisino, i quali, sempre a mezzo della vedetta V.7007 venivano trasferiti presso Porto Empedocle per poi essere tradotti alla Casa Circondariale Petrusa di Agrigento.
In data 20 febbraio, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Agrigento, ritenendo solido il quadro probatorio a carico degli indagati, convalidava i fermi, confermando l’esigenza della custodia cautelare in carcere.
L’attività, svolta prima in mare e sviluppata successivamente a terra dalle fiamme gialle, oltre ad essere espressione del consolidato ruolo di Polizia del Mare attribuito alla Guardia di Finanza, dimostra l’instancabile impegno del personale del Corpo presente sull’isola sia a salvaguardia della vita umana in mare che al contrasto delle attività criminali svolte dai trafficanti di migranti.
“Non c’è stata collaborazione da parte dei migranti che erano in viaggio. Ma questo non ci stupisce perché, in genere, i tunisini a bordo vengono trattati meglio rispetto ai subsahariani che, invece, di fatto poi sono più collaborativi con le forze di polizia italiane perché rischiano la vita e hanno una forma di gratitudine nei confronti dei nostri equipaggi in mare – ha spiegato il procuratore facenti funzioni Vella. “In questo caso, è venuta fuori una solidarietà stretta fra tunisini trasportati ed equipaggio. A fare parziali ammissioni di responsabilità è stato uno dei membri dell’equipaggio che ci ha confermato che questo era un viaggio destinato a trasportare i migranti”.