Mafia e stidda: Cgil, comune di Canicattì e centro Pio La Torre parte civile nel processo Condor
L'inchiesta che ha fatto luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra e stidda nella parte orientale della provincia di Agrigento
Entra nel vivo l’udienza preliminare scaturita dall’inchiesta Condor, l’operazione che lo scorso anno ha fatto luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra e stidda nella parte orientale della provincia di Agrigento. Il blitz, eseguito nove mesi fa dai carabinieri del Comando provinciale e dai militari del Ros, portò all’arresto di nove persone. La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 15 imputati tra vecchie e nuove conoscenze del panorama criminale agrigentino. Il procedimento è in corso davanti il gup del tribunale di Palermo, Ivana Vassallo. Il giudice, dopo aver dichiarato utilizzabili tutte le intercettazioni, ha dato l’ok alla costituzione di parte civile del comune di Canicattì, della Cgil di Agrigento e del Centro Pio La Torre. In aula sono state poi affrontate alcune questioni preliminari che saranno superate all’udienza del 16 ottobre.
Quattro dei quindici imputati – già questa mattina – hanno preannunciato tramite i rispettivi legali (gli avvocati Salvatore Cusumano, Giuseppe Barba, Salvatore Manganello e Diego Giarratana) la richiesta di accedere al rito abbreviato: si tratta di Ignazio Sicilia, 48 anni di Favara; Luigi Montana, 40 anni di Ravanusa; Domenico Lombardo, 31 anni di Favara; Salvatore Curto, 39 anni, di Canicattì. Gli avvocati degli altri 11 imputati sceglieranno il rito alla prossima udienza. L’accusa è sostenuta in aula dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Claudio Camilleri.
In quindici, come detto, rischiano il processo: Pasquale Alaimo, 54 anni, di Favara; Baldo Carapezza, 27 anni, di Agrigento; Francesco Centineo, 38 anni, di Agrigento; Antonio Chiazza, 37 anni, di Canicattì; Gioacchino Chiazza, 62 anni, di Canicattì; Giuseppe Chiazza, 51 anni, di Canicattì; Salvatore Curto, 39 anni, di Canicattì; Salvatore Galvano, 52 anni, di Agrigento; Francesco Genova, 43 anni, di Palermo; Giovanni Cibaldi, 35 anni, di Licata; Domenico Lombardo, 30 anni, di Agrigento; Luigi Montana, 40 anni, di Ravanusa; Rosario Patti, 59 anni, di Palma; Nicola Ribisi, 42 anni, di Palma di Montechiaro; Giuseppe Sicilia, 43 anni, di Favara e Ignazio Sicilia, 47 anni, di Favara.
Il blitz, denominato “Condor” è scattato nella parte orientale della provincia e fra Licata, Palma di Montechiaro, Canicattì ma anche Favara ed Agrigento. Gli indiziati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo hanno consentito di acquisire un compendio investigativo sugli assetti mafiosi nel territorio di Favara e quello di Palma di Montechiaro, quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di Cosa Nostra e di formazioni criminali denominate “paracchi” sul modello della Stidda. In questo contesto i carabinieri hanno raccolto indizi sul tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, ossia su Favara e sul Villaggio Mosè di Agrigento; sul ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro a favore di un esponente della Stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì. Raccolti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie); di “messe a posto” a Favara e danneggiamenti a mezzo incendio.