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Meccanico scompare su un peschereccio, familiari contro l’archiviazione: “Vogliamo verità”

Il giovane meccanico è scomparso misteriosamente nel luglio 2020 al largo di Lampedusa dopo essersi imbarcato su un peschereccio

Pubblicato 2 ore fa

Giovedì 16 ottobre il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, dott. Iacopo Mazzullo, presiederà l’udienza sull’opposizione alla richiesta di archiviazione relativa alla scomparsa di Hamdi Besbes, il giovane meccanico di bordo tunisino scomparso nel luglio 2020 al largo di Lampedusa. Il procedimento, aperto contro ignoti e con contestazione per omicidio colposo, resta al centro dell’attenzione delle famiglie coinvolte e dell’opinione pubblica.

La vicenda non è seguita soltanto in Italia: in Tunisia e nelle comunità tunisine d’Europa permane forte interesse e mobilitazione sul caso. La madre di Hamdi, Awatef Daoudi, partecipa attivamente a iniziative di sensibilizzazione e a momenti pubblici di sostegno alle vittime delle traversate del Mediterraneo, anche insieme a reti di mutuo aiuto che affiancano i familiari delle persone scomparse in mare.  Awatef è descritta da chi la conosce come una donna provata da un dolore profondo ma determinata: in questi anni ha partecipato a presenze pubbliche e a manifestazioni, ha raccontato la propria storia in programmi televisivi e non ha mai smesso di cercare risposte. Le sue parole e la sua mobilitazione assumono oggi il valore di una protesta civile che reclama chiarezza e giustizia per il figlio. 

La famiglia ha chiesto che il procedimento non venga chiuso e che si proceda ad ulteriori accertamenti, anche di carattere internazionale e documentale, ritenuti rilevanti per ricostruire la vicenda. L’udienza del 16 ottobre sarà quindi decisiva per stabilire se le indagini dovranno proseguire o se si accoglierà la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura. Per la famiglia la posta in gioco è prima di tutto umana: ottenere risposte che ridiano dignità a un giovane la cui assenza ha segnato i giorni di parenti e amici. «Non posso rassegnarmi», ha detto la madre in più occasioni: «Voglio sapere che cosa è successo a mio figlio». Il suo impegno pubblico è anche un appello alla responsabilità delle istituzioni e alla sensibilità della società civile verso chi vive l’attesa e il dolore di una scomparsa senza risposta.

L’udienza del 16 ottobre sarà seguita con attenzione non solo dai familiari ma anche da rappresentanti delle comunità tunisine e dalle associazioni che si occupano di diritti e di assistenza alle vittime della rotta mediterranea. La decisione del GIP sarà seguita con attenzione dalla famiglia e da quanti, in Italia e in Tunisia, hanno seguito il caso fin dall’inizio.

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