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Patrizia Russo, uccisa per non aver dato 250 euro al marito: depositate le motivazioni 

Per i giudici Giovanni Salamone ha ucciso Patrizia Russo per il rifiuto della moglie di consegnare 250 euro che l’uomo avrebbe dovuto utilizzare per ripianare uno scoperto sul conto corrente

Pubblicato 13 minuti fa

Il movente dell’omicidio di Patrizia Russo, insegnante agrigentina uccisa a coltellate dal marito esattamente un anno fa, sarebbe di natura economica. E, in particolare, nell’essersi rifiutata di consegnare immediatamente 250 euro che il coniuge – Giovanni Salamone – avrebbe dovuto utilizzare per ripianare uno scoperto sul proprio conto corrente. Ne sono convinti i giudici della Corte di assise di Alessandria che – proprio nelle scorse ore – hanno depositato le motivazioni della sentenza con la quale tre mesi fa è stato condannato all’ergastolo Salamone. La procura aveva chiesto per l’imputato l’applicazione di una pena di 21 anni di reclusione con il riconoscimento delle attenuanti. I giudici, invece, hanno inflitto il carcere a vita all’agrigentino. Oggi vengono resi noti i motivi di tale decisione ma – soprattutto – si definisce per la prima volta il movente del brutale omicidio. 

La Corte di assise presieduta dal giudice Maria Teresa Guaschino mette nero su bianco quanto segue: “Il movente di tale delitto deve individuarsi nello sconcerto provato dall’imputato per il rifiuto della moglie di provvedere immediatamente alla consegna di denaro che egli avrebbe voluto utilizzare per ripianare il modesto scoperto sul proprio conto corrente e ciò dopo che il Salamone aveva incassato anticipatamente taluni buoni fruttiferi postali per consentire alla famiglia di avere un piccolo gruzzolo con il quale superare il periodo di grossa difficoltà economica, dovuto al fatto che, pur a fronte delle ingenti spese determinate dal trasferimento della famiglia a Solero per le esigenze lavorative della moglie, egli era disoccupato da oltre un anno sicché l’unico stipendio in famiglia era quello della moglie che – tuttavia – nel mese di ottobre 2024 non sarebbe stato regolarmente accreditato per problemi burocratici presso la Ragioneria dello Stato, legati al passaggio della Russo all’incarico d’insegnante di ruolo, mentre l’anno prima aveva lavorato come supplente.”

Un altro passaggio decisivo è dedicato alle condizioni di salute mentale dell’imputato. La difesa, durante il dibattimento, aveva chiesto alla Corte di poterne valutare la capacità di intendere e volere al momento dell’omicidio. Sul punto i giudici scrivono: “L’imputato al momento del fatto era persona capace di intendere volere; invero, egli – a tutto concedere – soffriva di un Disturbo dell’Adattamento, dovuto alla scoperta delle cartelle esattoriali (circa 40mila euro) ed al processo penale pendente ad Agrigento (un’inchiesta per ricettazione poi archiviata), ma tale disturbo, come ben argomentato dalla Consulente del Pubblico ministero, non aveva una pervasività tale da elidere la capacità dell’imputato di intendere e volere.” 

Il delitto di Patrizia Russo, inoltre, è un omicidio aggravato dai futili motivi. I giudici spiegano il perchè: “Sussiste la circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto per futili motivi. Sussiste il dato oggettivo in quanto vi è una evidentissima sproporzione tra il bene giuridico leso dal reato – ossia la vita umana – ed il risentimento che l’imputato provava verso la moglie per il fatto che costei non aveva immediatamente provveduto a versargli la somma di denaro che egli le aveva chiesto; tale sproporzione è ancor più evidente laddove si consideri che il denaro oggetto del contendere era stato versato sul conto corrente della Russo per far fronte alla grave situazione economica che si era determinata in famiglia e che si è sopra descritta, situazione che era ben nota all’imputato e che – a suo dire – era causa dello stato depressivo che egli ha rimarcato. Inoltre, è possibile connotare detta sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale laddove si pensi al fatto che lo scoperto sul conto corrente dell’imputato era modestissimo e che – come già detto – tali denari servivano a garantire i fabbisogni familiari finché non fosse stato versato lo stipendio alla Russo, unica percettrice di reddito in famiglia. Ecco – allora – che il reato, letto sotto questa luce, si connota come l’occasione dell’imputato per sfogare la propria frustrazione, generata dalla mancanza di lavoro, con la conseguente perdita del ruolo di pater familias che egli si è sempre accreditato.”

IL DELITTO DI PATRIZIA RUSSO

I protagonisti di questo dramma sono volti noti ad AgrigentoGiovanni Salamone, 61 anni, agricoltore e commerciante di prodotti della terra con la passione per l’ambiente. Da anni era uno degli attivisti, impegnato sul fronte di Punta Bianca, dell’associazione ambientalista Mareamico. Nel 2020 aveva anche tentato la carriera politica, candidandosi al Consiglio comunale senza successo. Patrizia Russo, 53 anni, stimata insegnate di sostegno. In molti la ricordano per le sue esperienze prima alla scuola media “Castagnolo” di Agrigento e poi all’istituto “Andrea Camilleri” di Favara. Amava il suo lavoro, sorridente, sempre disponibile. Una famiglia come tante che ha vissuto momenti felici e di sconforto, alti e bassi che contraddistinguono la quotidianità di vita delle persone ma mai – almeno fino a quel drammatico 16 ottobre 2024 – un segnale che potesse lasciar presagire un epilogo così tragico. Salamone prima accoltella la moglie mentre dormiva. Poi la chiamata ai carabinieri e la confessione: “Ho fatto una sciocchezza”. Il motivo ancora oggi rimane un mistero e Salamone, sottoponendosi all’esame, ha attribuito la responsabilità del delitto al demonio poiché a suo dire in quel momento “era posseduto da Satana”. Per questo motivo la difesa aveva chiesto una perizia psichiatrica per valutarne la capacità di intendere e volere. Una richiesta, a cui si erano fermamente opposti il pubblico ministero e gli avvocati della parte civile Maria Luisa Butticè e Annamaria Tortorici, che è stata rigettata dalla Corte di assise che ha ribadito come già in fase preliminare di indagine sia stata esclusa anche una parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato.

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