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Porto Empedocle, “aiutò l’amico a suicidarsi”: rinviato a giudizio 16enne

Il processo sulla morte di Mirko La Mendola, suicidatosi a 26 anni sulla spiaggia di “Punta Grande” tra Porto Empedocle e Realmonte

Pubblicato 2 anni fa

Il gup del tribunale dei minori di Palermo Maria Pino, accogliendo la richiesta del pm della Procura dei minori Paoletta Caltabellotta, ha disposto il rinvio a giudizio di un 16enne nisseno accusato del reato di “omicidio del consenziente” per la morte di Mirko La Mendola, suicidatosi a 26 anni la sera del 25 agosto sulla spiaggia di “Punta Grande” tra Porto Empedocle e Realmonte. La prima udienza del processo è prevista a marzo.

La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Calogero Buscarino, aveva chiesto di sottoporre il minore ad una perizia psichiatrica e valutare se al momento dell’atto fosse capace di intendere e volere. Il ragazzino è stato arrestato lo scorso 30 ottobre dai carabinieri della Compagnia di Caltanissetta dopo accurate indagini. L’imputato ha anche preso la parola ieri in aula respingendo le accuse così come aveva fatto già durante il primo interrogatorio.

Questa la ricostruzione degli inquirenti:durante la settimana compresa tra il 18 e il 25 agosto scorsi, La Mendola si recò a Roma per sostenere le prove per l’accesso alla Polizia di Stato, carriera alla quale aspirava più di ogni altra cosa. Si trattava dell’ultimo tentativo possibile per raggiunti limiti d’età. Dopo aver superato le prime prove il 23 agosto, però, fu giudicato non idoneo, vendendo così svanire la possibilità di coronare il proprio sogno. Accantonata anche l’idea di proporre un ricorso contro l’esclusione, il giovane profondamente deluso e frustrato, ancora prima di fare rientro a Caltanissetta da Roma, avrebbe maturato la volontà di farla finita (già velatamente avanzata in una serie di messaggi prima della partenza per il concorso), condividendola con l’amico minorenne.

“I due si sono scambiati numerosi e dettagliati messaggi – hanno spiegato gli investigatori durante l’esecuzione della misura cautelare -, nei quali veniva programmata la realizzazione del suicidio, che avrebbe visto partecipare attivamente anche il minorenne”. Fu deciso il giorno, il luogo e l’utilizzo dell’arma da fuoco legalmente detenuta dalla vittima. “I due parlavano continuamente di un ‘comune intento suicidario’ – dicono ancora i carabinieri -, ma in realtà, dalle indagini compiute è risultato che solo il minorenne aveva reali intenzioni suicidarie”.  

Pochi minuti prima di compiere l’insano gesto, La Mendola lasciò una serie di drammatici messaggi vocali per salutare alcuni amici e le persone che gli erano state vicine, mentre il minorenne era lì con lui.

Le indagini, inoltre, hanno accertato la disponibilità, da parte del giovane, di un’ingente quantità di materiale pedopornografico sui suoi telefoni cellulari. Questa accusa però è rimasta fuori dal processo.

I familiari della vittima si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Rosario Didato.

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