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Trafficanti di migranti incastrati dal primo collaboratore di giustizia della banda: 14 fermi

Ci sono le dichiarazioni di un elemento di spicco dell’associazione criminale alla base dell’operazione della Squadra Mobile di Palermo e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato (ma anche, tra gli altri, della Squadra Mobile di Agrigento guidata dal vicequestore aggiunto Giovanni Minardi) che ha portato al fermo di 14 persone accusate di appartenere […]

Pubblicato 4 anni fa

Ci sono le dichiarazioni di un elemento di spicco dell’associazione criminale alla base dell’operazione della Squadra Mobile di Palermo e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato (ma anche, tra gli altri, della Squadra Mobile di Agrigento guidata dal vicequestore aggiunto Giovanni Minardi) che ha portato al fermo di 14 persone accusate di appartenere a una banda transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina all’esercizio di attivita’ abusiva di prestazione di servizi di pagamento. 

Ed è una primissima volta che un ex trafficante di migranti decide di collaborare con gli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo a tal punto da essere riconosciuto come collaboratore di giustizia ed essere inserito – come avviene con i pentiti di mafia ad esempio – nel programma di protezione.  Una collaborazione, spinta a suo dire dal numero delle vittime tra i migranti,  iniziata nel 2015 e che i magistrati palermitani definiscono credibile e autentica in seguito a scrupolosi accertamenti. 

Le indagini hanno permesso di accertare l’esistenza di un vero e proprio gruppo criminale strutturato gerarchicamente che si è posto come una azienda, o meglio come una società di servizi in grado, in cambio di adeguata retribuzione, di garantire il viaggio per l’Italia o per un altro Paese europeo, divenendo paradossalmente dispensatrice di speranze. Si tratta fondamentalmente un rapporto tra il migrante che chiede e il criminale che offre un servizio illegale dietro adeguato compenso. 

Dall’attività di indagine è emerso che l’associazione abbia operato su due fronti diversi, ma strettamente interconnessi fra loro: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, da una parte, e l’esercizio abusivo di attività di prestazione di servizi di pagamento, dall’altra. In primo luogo, nei primi mesi del 2017 (periodo a partire del quale si è focalizzata l’attività investigativa espletata congiuntamente dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dalla Squadra Mobile di Palermo e di Agrigento), l’organizzazione criminale oggetto delle investigazioni ha supportato i migranti sia nel corso del loro viaggio sul continente africano che in occasione del loro concentramento presso i famigerati campi di prigionia in Libia. In seguito, appena gli stessi sono giunti in Sicilia, a bordo delle navi impiegate in attività di soccorso in mare, gli associati odierni indagati sono intervenuti, in un primo momento, consentendo ai migranti ad allontanarsi dai centri di accoglienza, ove erano ospitati, nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro in alcuni casi vitto e alloggio, e, in un secondo momento, curandone la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poi raggiungere agevolmente le località del nord Europa – meta finale del loro viaggio. 

La banda non ha mostrato alcuna preoccupazione del destino finale delle vittime dei loro traffici, che in molti casi hanno perso la vita lungo l’attraversamento del deserto, assaltati dai predoni, o in fondo al Mar Mediterraneo, a seguito dei purtroppo frequenti eventi di naufragio. Come quello avvenuto il 3 ottobre 2013, drammaticamente conclusosi con la morte di 368 persone a largo dell’isola di Lampedusa. Lo scopo è sempre lo stesso: lucrare sulla speranza di centinaia di migliaia di persone di cambiare la loro vita, anche a costo di rischiarla. 

L’organizzazione, ben strutturata, operava e si suddivideva in questo modo: procacciatori: all’inizio c’è chi si occupa di cercare persone nei paesi di origine che vogliono raggiungere gli stati europei, organizzando il viaggio dietro il pagamento di somme di denaro; trafficanti: durante il viaggio numerosi facilitatori, prevalentemente in Sudan e Libia, si occupano dello “stoccaggio” dei migranti e della loro partenza via mare. Questi sono organizzati in cellule, a capo delle quali sono posti i trafficanti, che gestiscono le. safe house, in cui i migranti vengono stipati in condizioni disumane e sottoposti a violenze e torture fino al pagamento del prezzo richiesto; facilitatori nei paesi di destinazione: altri sodali forniscono quindi assistenza ai migranti a seguito degli sbarchi per consentire loro di raggiungere il nord-Italia e, a seguire, gli altri Paesi europei che rappresentano la destinazione finale; gestori dei flussi monetari: le elevate somme di denaro derivanti da tali attività criminali e circolanti tra gli stati europei, i paesi africani e il Medio Oriente, vengono generalmente gestite tramite il metodo noto come hawala. I primi collettori dei ricavi sono ovviamente i trafficanti che, a loro volta, trasferiscono i capitali verso il Medio Oriente. 

I destinatari del provvedimento di fermo sono: Girmay Embaye Alexander, 30 anni;Ghebremedhin Temesghen Ghebru, 33 anni; Solomon Tekliyes, 47 anni; Tesfaalem Melake, 38 anni; Amine Weldensea, 38 anni; Samuel Aklilu Habte, 58 anni; Mussie Ghirmay, 42 anni; Abas Idris, 39 anni; Binyam Tesfagabr, 47 anni; Henok Gebremedene, 31 anni; Anday Mogos, 32 anni; Smret Tesfaionas, 39 anni; Solomon Haileseleasie, 44 anni; Berhanu TekebaNegussie, 51 anni; Musie Andemickael, 46 anni; Damer Grenet Gehad, 68 anni; Robel Yosief Sium, 28 anni; Tsegezab Teklamical, 38 anni.  

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