Giudiziaria

Agrigento, giovane suicida con la pistola del padre: assolto vigile urbano

Il vigile urbano era accusato di omessa custodia dell’arma che il figlio ha usato per togliersi la vita

Pubblicato 2 anni fa

Convivere con lo straziante dolore di aver perso un figlio, suicida a soli ventidue anni, e finire a processo con l’accusa di non aver custodito diligentemente l’arma di servizio utilizzata dal giovane per compiere l’estremo gesto. Si tratta di un vero e proprio dramma nel dramma quello vissuto da un vigile urbano di Agrigento che, almeno nel suo risvolto processuale, ha avuto una lieta conclusione.

Il giudice monocratico Michele Dubini ha assolto un cinquantanovenne agente della polizia locale, difeso dall’avvocato Michele La Placa, dall’accusa di omessa custodia di armi. L’iter giudiziario che lo riguarda si intreccia fatalmente alla tragica scomparsa del figlio. La vicenda risale al marzo dello scorso anno. Il ventiduenne, utilizzando l’arma di servizio del padre, si suicida. Munizioni e pistola erano legalmente detenute per ragioni di lavoro. Il gesto, inaspettato, sconvolse l’intera comunità del quartiere di Villaggio Mosè gettando naturalmente nello sconforto i familiari.

Le immediate indagini svolte dai carabinieri portarono all’iscrizione nel registro degli indagati del padre per l’ipotesi di reato di omessa custodia di armi. Con tutte le ripercussioni del caso. La procura di Agrigento, nel dicembre scorso, dispose infine il decreto di citazione a giudizio a carico del vigile urbano con l’inizio del processo fissato tre mesi più tardi. A conclusione del dibattimento, accogliendo la richiesta della difesa sostenuta dall’avvocato La Placa, il tribunale di Agrigento ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste. 

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