Giudiziaria

Bonus facciate, la maxi truffa parte da Canicattì: “Prima per guadagnare due soldi..”

L’inchiesta nasce ad Agrigento e si sposta soltanto dopo a Verona: ecco i dettagli e le intercettazioni. Poste Italiane subisce il sequestro di 5 mln di euro

Pubblicato 10 mesi fa

Dieci arresti, dodici indagati e un tesoro di quasi venti milioni di euro reinvestito poi in alberghi, ristoranti, negozi e beni di lusso. È una storia (quasi) tutta agrigentina quella della maxi truffa sul “bonus facciate” portata alla luce da una delicata indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Agrigento e dai carabinieri di Verona. L’inchiesta, inizialmente coordinata dalla procura della Città dei Templi, passa in un secondo momento a quella di Verona. Due delle dieci persone arrestate sono nate e operano in provincia e, in particolare modo a Canicattì. Si tratta di Enrico Schembri, imprenditore di 42 anni attivo sul territorio con alcune società, e Francesco Guccione, 47 anni di Canicattì. Entrambi sono finiti agli arresti domiciliari. Al primo, a cui sono stati sequestrati 1,5 milioni di euro, si contesta il ruolo di procacciatore di imprese al fine della cessione dei crediti mentre per il secondo, ritenuto estraneo all’associazione a delinquere, l’accusa è quella di aver ceduto fittiziamente la sua società.

GLI ARRESTATI

Insieme a loro sono stati arrestati anche Luca De Filippo, 55 anni di Riano (domiciliari) ; Francesco Di Vara, 61 anni di Mazzarino (domiciliari); Antonio “Toni” Fagone, 47 anni di Palagonia (carcere); Tommaso Fagone, 52 anni di Palagonia (carcere); Arben “Benito” Ibrahimllari, 53 anni, albanese (carcere); Rocco La Rosa, 69 anni di Cittanova (domiciliari); Giorgio Scarso, 82 anni di Padova (domiciliari); Silvano Zornetta, 79 anni di Grisolera (domiciliari). Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio.

L’INDAGINE

L’intera inchiesta parte da Agrigento con un’attività di indagine condotta sul campo dai militari della Guardia di Finanza. Le fiamme gialle di Canicattì da tempo hanno acceso i riflettori su Enrico Schembri e su una sua società dichiarata fallita. Schembri ha precedenti per truffa e appropriazione indebita e dal 2010 al 2017 non dichiara praticamente un euro e negli anni successivi produce redditi bassi ma gli investigatori sospettano che sia inspiegabilmente in grado di movimentare ingenti quantità di soldi. Il 6 aprile 2021 viene intercettata una telefonata che, di fatto, avvia la maxi inchiesta: “Abbiamo la necessità di uscire un pò di soldi dal conto corrente?” gli chiede un interlocutore. “Milioni?” risponde un terzo soggetto. “No, ma a un milione ci arriviamo..” risponde Schembri. Inizia la vera indagine. Il sospetto, confermato anche dalle telefonate intercettate, è che gli indagati disponessero di notevoli somme di denaro corrisposte da Poste Italiane a fronte della cessione di inesistenti crediti di imposta. Sono state quindi scoperte decine di dichiarazioni di persone ignare su lavori di ristrutturazione delle facciate, con la detrazione e cessione del 90% della spesa e dei crediti a terzi, tramite il commercialista trevigiano. I crediti d’imposta venivano ceduti a società e imprese individuali, tutte riconducibili agli indagati, e da loro ceduti a Poste Italiane Spa, che parrebbe inconsapevole e indotta in errore ma di fatto ha subito un sequestro disposto dal Gip di quasi 5 milioni di euro, e infine monetizzati in denaro utilizzabile a tutti gli effetti.

LE INTERCETTAZIONI

La copertina dell’intera indagine, utile a comprendere il volume di affari apparentemente senza rischi che si era venuto a creare, è una conversazione captata dagli investigatori tra Schembri e Tommaso Fagone. È il 26 agosto 2021. “Minchia sono in tensione”.. “Eh, in tensione, sono i soldi perchè a questo prezzo.. È che noi siamo abituati che per guadagnare due soldi dobbiamo fare bordello, traffici, discussioni, storie.” Infine: “Si discussioni, chiacchiere, quello mi stacca la testa, quello ti ammazzo, quello ti sparo, in questa maniera ormai…” Lo stesso Schembri, due mesi più tardi, chiede allo stesso interlocutore se ci fosse la possibilità di ottenere gli stessi vantaggi anche con il “bonus 110%”. La risposta: “È complicato compagnero. Perchè ci sono controlli.. ci sono troppo controlli.. Lì c’è obbligo .. come si dice.. che devi presentare intanto l’inizio dei lavori, l’avanzamento dei lavori, fine lavori. È più controllato”.

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