Giudiziaria

Concessione edilizia, dopo sette anni dichiarato illegittimo l’annullamento

La società ricorrente potrà mantenere il proprio immobile

Pubblicato 3 anni fa

Il Presidente della Regione ha definitivamente accolto il ricorso della Società W.S. s.r.l. e per l’effetto annullando il provvedimento impugnato viene ripristino il titolo in sanatoria rilasciato in precedenza. Pertanto, la società ricorrente potrà mantenere il proprio immobile essendo preclusa la possibilità per il Comune di demolire l’immobile a fronte di un valido titolo di sanatoria. Nel 2011 il Comune di Lampedusa e Linosa aveva rilasciato in favore della Società W.S. s.r.l la concessione edilizia per un fabbricato costruito in data antecedente al 1976 sito in Lampedusa ed oggi, ricade in zona vincolata ed all’interno della Riserva Naturale Orientata.

A distanza di quasi 7 anni dal rilascio del  titolo edilizio, il Comune di Lampedusa e Linosa ha disposto l’annullamento in autotutela della concessione in sanatoria per la presunta mancata acquisizione del n.o. dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente necessario per gli immobili ricadenti all’interno delle riserve naturalistiche. A questo punto la Società W.S. s.rl. con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Vincenzo Airo’ ha proposto ricorso straordinario innanzi al Presidente della Regione deducendo illegittimità dell’operato del Comune di Lampedusa sotto diversi profili. In particolare, i difensori Rubino ed Airo’ hanno eccepito il difetto di motivazione poiché l’asserito interesse pubblico finalizzato al ripristino della legalità violata, in assenza di un’adeguata e compiuta istruttoria, non può assumersi in maniera apodittica e generica come prevalente rispetto alla posizione del privato che negli anni, sulla base del titolo assentito, ha consolidato l’aspettativa di mantenere legittimamente l’immobile in questione.

Il CGA, nell’esprimere il proprio parere di competenza sul ricorso straordinario presentato dalla W.S. s.r.l. ha ritenuto di condividere le difese degli avvocati Rubino e Airo’,  “in coerenza con la soluzione adottata in giurisprudenza che ha come presupposto una necessaria motivazione “rafforzata”, laddove l’intervento che si vuole essere ripristinatorio della legalità non sia stato tempestivo o abbia violato il termine previsto dei 18 mesi”.

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