Giudiziaria

Droga e ricatti sessuali in comunità, verso la sentenza del processo “Dark community”

Battute finali del processo scaturito dall’inchiesta “Dark community”, l’indagine che ipotizza un giro di droga e maltrattamenti all’interno della comunità Oasi di Emmanuele di Favara

Pubblicato 1 mese fa

Battute finali del processo scaturito dall’inchiesta “Dark community”, l’indagine che ipotizza un giro di droga e maltrattamenti all’interno della comunità Oasi di Emmanuele di Favara. In questo stralcio processuale, che si celebra col rito abbreviato, sono sette gli imputati. Questa mattina la parola è passata alle difesa con la discussione dell’avvocato Monica Malogioglio. Il prossimo 23 maggio, invece, sarà la volta degli avvocati Salvatore Cusumano e Maria Alba Nicotra che concluderanno il giro di arringhe prima delle sentenza del gup Iacopo Mazzullo.

La procura di Agrigento ha avanzato richiesta di condanna per tutti gli imputati e, in particolare: 12 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione per Chyaru Bennardo, 40 anni di Favara; 6 anni di reclusione per Carmelo Cusumano, 52 anni di Favara; 6 anni di reclusione per Carmelo Nicotra, 38 anni, di Favara; 4 anni di reclusione per Luigi Capraro, 24 anni di Agrigento, e Gaetano Lombardo, 47 anni di Favara; 4 anni e 4 mesi di reclusione sono stati proposti per Giovanni Colantoni, 27 anni. Tre anni di reclusione, infine, è la richiesta di condanna per Salvatore D’Oro, 50 anni, di Favara.

Nell’inchiesta sono coinvolti altri sette imputati. Per loro, che seguiranno la via del rito ordinario, il processo si celebra davanti i giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato. Si tratta di: Antonio Presti, 37 anni; Calogero Rizzo, 36 anni; Giuseppe Papia, 64 anni di Favara (difesi dagli avvocati Calogero Vetro, Antonietta Pecoraro e Gianluca Sprio) e di Paolo Graccione, 45 anni nato in Germania; Antonio Emanuele Gramaglia, 29 anni; Gaetano Gramaglia, 33 anni; Fiorella Bennardo, 43 anni di Favara (tutti difesi dall’avvocato Daniela Posante). 

Al centro dell’inchiesta c’è la comunità Oasi di Emmanuele. La struttura, che sulla carta si sarebbe dovuta occupare del recupero di persone con problemi psichici e di tossicodipendenza, si è ben presto rivelata una centrale di spaccio. La droga entrava e usciva con facilità e veniva venduta anche ai pazienti. E chi non riusciva a pagarla veniva “invitato” a saldare il debito con prestazioni sessuali. Tra le contestazioni anche un ricatto a sfondo sessuale con la minaccia di diffondere video e immagini compromettenti. La vittima, rappresentata dall’avvocato Samantha Borsellino, si è costituita parte civile. 

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *