Giudiziaria

Indagato per le pistole in auto, 26enne torna in carcere: perquisita casa dei suoceri

Nell’abitazione del suocero, un ex carabiniere in pensione, trovate armi e munizioni che sono state sequestrate

Pubblicato 16 ore fa

E’ tornato di nuovo in carcere Andrea Sottile, 26 anni, grazie ad un provvedimento che ha aggravato la misura cautelare cui era sottoposto ossia il divieto di soggiorno in provincia di Agrigento.

L’altro giorno, Sottile è stato trovato dai carabinieri del Reparto investigativo di Agrigento, a Villaseta (dove non doveva stare) e il conseguenziale rapporto giudiziario ha indotto il Gip del Tribunale di Palermo Antonella Consiglio a rimodulare la misura spedendo in carcere il giovane.

Quasi parallelamente all’arresto di Sottile, i carabinieri hanno effettuato una perquisizione mirata a casa dei suoceri del giovane, ad Aragona, sospettando che in quel luogo fossero nascoste armi e munizioni. E l’attività investigativa è andata a buon fine. Infatti, nell’abitazione del suocero dell’indagato, un ex carabiniere in pensione, sono state rinvenute una pistola a salve priva di tappo rosso e parzialmente modificate e due fucili che risultavano censiti ma che sono stati sequestrati per il mancato aggiornamento della segnalazione di detenzione. Nello stesso contesto operativo, i militari dell’arma del Reparto investigativo di Agrigento hanno notato la moglie dell’ex carabiniere che tentava di disfarsi, lanciandolo dalla finestra, di un sacchetto contenente complessivamente 126 cartucce (a pallini e a salve). Inevitabilmente, i coniugi sono stati denunciati e del fatto si sta occupando direttamente la Procura della Repubblica di Agrigento

Andrea Sottile era stato fermato (poi arrestato, poi scarcerato per decorrenza dei termini della custodia cautelare e adesso nuovamente arrestato) insieme a  Simone Sciortino, 23 anni, e Antonio Guida, 19 anni e Danilo Barbaro, proprietario dell’auto.

Lo stesso Gip che aveva scarcerato tre dei quattro indagati firmò un nuovo provvedimento di cattura grazie a nuovi elementi portati alla luce dai poliziotti. Il primo è stato un colloquio intercettato tra gli indagati: “Dovevamo andare a sparare a quello in testa e invece siamo di nuovo al Petrusa”. Per il giudice era chiaro ed evidente l’intento omicida di quella notte. Il secondo, importante, elemento è stato rappresentato dal contenuto dei cellulari sequestrati. In uno di questi sono state scoperte delle chat con il detenuto James Burgio, già condannato per essere ritenuto “vicino” al capomafia Antonio Massimino.

Una notte – quella del gennaio scorso – caratterizzata anche da un tentativo di depistaggio delle indagini. Secondo quanto emerso, infatti, una chiamata anonima (poi rintracciata) è arriva al centralino delle forze dell’ordine dicendo di una rapina in corso in un noto bar. Il tutto proprio mentre i poliziotti stavano perquisendo le persone appena fermate a bordo dell’auto. Le indagini, come detto, sono proseguite e hanno consentito di ricostruire non soltanto gli spostamenti effettuati quella sera – dal Quadrivio, a Villaseta fino a Porto Empedocle – ma anche sulle pistole rinvenute. Una di quelle sequestrate è risultata intestata ad un 70enne di Favara. E poi, infine, il ritrovamento di sette proiettili nei pressi del supermercato in cui era scattato il fermo degli indagati. Qualcuno, prima di essere perquisito, le aveva gettate. Le telecamere, però, hanno ripreso tutto compreso il ritrovamento avvenuto poche ore dopo da parte di alcuni operatori ecologici.

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