Giudiziaria

Raffadali, omicidio Mangione: Riesame conferma carcere per Lampasona

Il tribunale del Riesame ha rigettato l’istanza avanzata dall’avvocato Antonino Gaziano con cui chiedeva l’annullamento della misura cautelare nei confronti di Roberto Lampasona, 43 anni di Santa Elisabetta, finito in carcere nelle scorse settimane per l’omicidio dell’ex dipendente comunale di Raffadali, Pasquale Mangione, ucciso il 2 dicembre 2011 nelle campagne di contrada Modaccamo. L’inchiesta, dunque, […]

Pubblicato 4 anni fa

Il tribunale del Riesame ha rigettato l’istanza avanzata dall’avvocato Antonino Gaziano con cui chiedeva l’annullamento della misura cautelare nei confronti di Roberto Lampasona, 43 anni di Santa Elisabetta, finito in carcere nelle scorse settimane per l’omicidio dell’ex dipendente comunale di Raffadali, Pasquale Mangione, ucciso il 2 dicembre 2011 nelle campagne di contrada Modaccamo.

L’inchiesta, dunque, regge al Riesame e Lampasona resta in carcere. La difesa aveva chiesto l’annullamento del provvedimento avanzando perplessità sugli indizi di colpevolezza.

L’omicidio, risolto dopo quasi dieci anni, sarebbe stato commissionato dal figlio della vittima, noto ristoratore di Raffadali, (che non è stato raggiunto da misura cautelare ma risulta indagato) dietro il pagamento di un compenso pari a 10 mila euro in favore dei tre odierni indagati. Una sentenza di morte sancita, secondo la ricostruzione degli inquirenti, dai comportamenti vivaci del 69enne al di fuori del vincolo matrimoniale. Da qui la decisione del figlio di commissionare l’omicidio del padre rivolgendosi ad Antonino Mangione. 

Proprio grazie alle dichiarazioni di quest’ultimo (che già aveva accusato il boss di Cosa Nostra Antonio Massimino nell’ambito dell’operazione della Dia “Kerkent”) le indagini sono giunte ad una svolta. Mangione ha di fatto confessato di aver organizzato e pianificato l’omicidio di Mangione, ucciso con due colpi di pistola calibro 7.65, materialmente eseguito da Lampasona e D’Antona. Il cadavere di Pasquale Mangione fu ritrovato dopo una settimana dilaniato dai cani e dagli agenti atmosferici. E gli odierni indagati (intercettati) speravano proprio che tali aspetti potessero garantire la loro impunità.

Le dichiarazioni di Mangione, che non è considerato un collaboratore di giustizia, sono state ritenute attendibili in seguito ai numerosi riscontri (soprattutto tecnici) effettuati dalla Squadra Mobile di Agrigento. Sono stati proprio gli odierni indagati, intercettati, a rivelare indirettamente il loro coinvolgimento.

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