Uccise a coltellate i genitori, al via processo a Sedita: familiari si costituiscono parte civile
L'uomo ha ucciso padre e madre con oltre cinquanta coltellate nel giorno di Santa Lucia in un appartamento a Racalmuto
Al via questa mattina, davanti la Corte di Assise di Agrigento presieduta dal giudice Giuseppe Miceli, il processo a carico di Salvatore Gioacchino Sedita, 34 anni di Racalmuto. Le accuse sono duplice omicidio aggravato e maltrattamenti in famiglia. Il trentaquattrenne, reo confesso, lo scorso 13 dicembre massacrò con quasi cinquanta coltellate padre e madre – Giuseppe Sedita, 66 anni, e Rosa Sardo, 62 anni – nell’abitazione che condividevano. Era il giorno di Santa Lucia. Si è aperto, dunque, il dibattimento.
L’unico assente era proprio Salvatore Sedita, l’imputato. L’uomo ha rinunciato a comparire in aula ed è attualmente detenuto a Barcellona Pozzo di Gotto. Tutti i familiari dell’imputato, compreso il figlio minorenne (rappresentato dall’avvocato Flora La Vecchia), si sono costituiti parte civile nel processo: le sorelle Salvina (con il marito), Letizia, Gaetana e Maria Letizia – rappresentate rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Barba, Giuseppe Zucchetto, Giuseppe Contato. La difesa, sostenuta dall’avvocato Ninni Giardina, ha preannunciato la richiesta di una “super perizia” al fine di accertare anche una parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato. Il presidente della Corte di Assise Giuseppe Miceli, in attesa di sciogliere alcune riserve legate all’acquisizione di documentazione, ha rinviato al prossimo 5 ottobre per sentire il primo testimone presente nella lista del sostituto procuratore Gloria Andreoli. Si tratta del maresciallo Blanco, che ha seguito dall’inizio l’intera attività investigativa, in servizio alla stazione di Racalmuto.
L’omicidio si consuma nel giorno di santa Lucia, in un appartamento del piccolo centro dell’agrigentino. Giuseppe e Rosa stavano pranzando ma la tavola era apparecchiata per tre. A far scattare l’allarme era stato un vicino di casa che, chiamando una delle figlie, raccontò dell’assenza di Giuseppe alla festa organizzata proprio per il suo pensionamento. I sospetti sono subito ricaduti sul figlio Salvatore, ragazzo con un passato complicato caratterizzato da maltrattamenti e uso di sostanze stupefacenti. In un primo interrogatorio sconclusionato, reso al sostituto procuratore Gloria Andreoli, Sedita ha negato le sue responsabilità dichiarando di vedere i fantasmi, di chiamarsi in un altro modo e di aver incontrato anche l’uomo nero. In un secondo interrogatorio, questa volta davanti il gip Francesco Provenzano, Sedita cambiò versione confessando il duplice omicidio.
All’origine del massacro ci sarebbero i contrasti con i genitori che, a suo dire, non l’avrebbero accettato e avrebbero persino minacciato di buttarlo fuori di casa. La linea difensiva dell’imputato, ribadita anche oggi dall’avvocato Ninni Giardina, è basata sulla infermità mentale del ragazzo. Circostanza, questa, esclusa dal consulente incaricato dal tribunale durante l’incidente probatorio. Per lo psichiatra Lorenzo Messina, che ha visitato l’uomo nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, Sedita “va considerato capace di intendere e di volere al momento del reato e in atto è capace di partecipare coscientemente al procedimento che lo riguarda”. Per il consulente, inoltre, “il fatto non è diretta espressione di una infermità mentale ma è avvenuto sotto l’effetto della cocaina”. Una tesi sposata in pieno anche dallo psichiatra forense Gaetano Vivona, docente universitario, nominato dall’avvocato Giuseppe Zucchetto, perito di parte nell’interesse delle persone offese.