Mafia

Colpo al mandamento mafioso di Brancaccio, nove fermi (vd e ft)

La Polizia di Stato, all’alba di oggi, ha eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, disposto dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo che ha coordinato le indagini, nei confronti di: Michele Marino, 50 anni, Stefano Marino, 47 anni, Nicolò Giustiniani, 38 anni, Antonino Chiappara, 53 anni, Raffaele Costa, 52 anni, Pietro […]

Pubblicato 4 anni fa

La Polizia di Stato, all’alba di oggi, ha eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, disposto dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo che ha coordinato le indagini, nei confronti di: Michele Marino, 50 anni, Stefano Marino, 47 anni, Nicolò Giustiniani, 38 anni, Antonino Chiappara, 53 anni, Raffaele Costa, 52 anni, Pietro Di Paola 29 anni Ignazio Ficarotta, 33 anni Sebastiano Giordano, 52 anni, Angelo Mangano, 40 anni.

Gli
indagati rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione,
associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti,
auto riciclaggio, danneggiamento fraudolento di beni assicurati ed altro.

Il provvedimento giunge al termine di una complessa attività d’indagine effettuata sul mandamento mafioso di Brancaccio con particolare riferimento ai fratelli Michele e Stefano Marino, pregiudicati mafiosi ed elementi di spicco, rispettivamente, della famiglia di Corso dei Mille e di quella della Roccella.

Operazione antimafia Brancaccio

I Marino
avevano il controllo di una vasta porzione di territorio nella zona dello
Sperone, area periferica del quartiere palermitano di Brancaccio, tanto da
essere interpellati da alcuni malviventi intenzionati a compiere una rapina a
mano armata in danno di un corriere. Ai Marino era anche demandata la delicata
gestione del denaro devoluto al mantenimento dei familiari dei detenuti.

Nella
loro “competenza” anche le numerose ed assai redditizie piazze di spaccio della
zona.

 Tra i loro più fidati collaboratori, figurano
Nicolò Giustiniani, Antonino Chiappara, Raffaele Costa, Pietro Di Paola.
Ignazio Ficarotta, Sebastiano Giordano, Angelo Mangano che si occupavano anche
della verifica del “lavoro” e degli incassi dei pushers. Il sistema era
capillare ed efficiente tanto da portare nelle casse dell’organizzazione,
mensilmente, centinaia di migliaia di euro.

Le
indagini, condotte dalla Squadra mobile di Palermo e coordinate dalla locale
Procura della Repubblica, hanno anche consentito di far luce sugli interessi di
Cosa nostra nel lucroso mercato delle truffe assicurative.

Retata antimafia a Brancaccio (Palermo): le intercettazioni

In
quest’ottica, già nei mesi di agosto 2018 e aprile 2019, la Squadra Mobile
aveva eseguito due provvedimenti cautelari urgenti, disposti dai magistrati
palermitani, nei confronti di numerosi soggetti specializzati nella simulazione
di incidenti stradali con lesioni gravissime procurate alle vittime compiacenti
e, conseguenti, lauti risarcimenti versati dalle compagnie di assicurazione.

 Tra i fermati a seguito di quelle attività,
figurano Massimiliano Vultaggio e Michele Caltabellotta, soggetti in stretto
contatto con i Marino che hanno beneficiato della “copertura” mafiosa per
accrescere il loro volume di affari nell’affollatissimo settore delle frodi
assicurative. I fratelli Marino assumevano il controllo delle
pratiche assicurative, talvolta estorcendole con metodo mafioso, ne delegavano
la gestione ai citati Vultaggio e Caltabellotta e, ad avvenuta liquidazione del
danno, incassavano diverse centinaia di migliaia di euro di risarcimento.

Come già
ricostruito nel corso di quelle indagini, il meccanismo fraudolento era assai
efficiente ed aveva alla base soggetti senza scrupoli, cosiddetti “spaccaossa”,
che, con metodi rozzi e grossolani, cagionavano fratture gravissime alle
vittime consenzienti fino a procurarne, in un caso, la morte.

Proprio
in queste fasi emergeva l’aspetto più cinico e crudele del sodalizio criminale;
le vittime, infatti, erano scelte e “reclutate” nei contesti cittadini di
maggior degrado e povertà prediligendo presone in difficoltà o, in taluni casi,
tossicodipendenti; disperati, insomma, disposti a subire dolorosissime fratture
in cambio del pagamento immediato di poche centinaia di euro e della promessa
di conseguire, successivamente, parte del risarcimento.

In
realtà, null’altro veniva poi pagato alle vittime, spesso danneggiate in modo
permanente, e, dedotte le “spese” di poche migliaia di euro da destinare agli
“spaccaossa” e agli altri partecipi della messa in scena, la gran parte del
denaro contribuiva ad alimentare la cassa della famiglia mafiosa.

Sono
stati, altresì, posti sotto sequestro una villa ed alcuni veicoli, per un
valore di 300.000 euro circa, nella disponibilità di Nicolò Giustiniani.

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