Estorsione a ditta favarese mentre era latitante, boss Falsone a processo
È accusato di una estorsione di 13mila euro ad una ditta di Favara mentre era latitante
Giuseppe Falsone, gia’ capo di Cosa nostra agrigentina, dovra’ affrontare un nuovo processo a ventuno anni dal presunto episodio di estorsione. Il gup del tribunale di Caltanissetta ha disposto il rinvio a giudizio, respingendo le eccezioni sollevate dalla difesa che aveva chiesto il non luogo a procedere, sostenendo l’irregolarita’ delle procedure di estradizione.
Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, Falsone – all’epoca latitante – avrebbe incaricato alcuni suoi uomini di fiducia di chiedere 13 mila euro a un imprenditore di Favara impegnato nell’acquisto e nell’avvio di un impianto per la produzione di bitume e calcestruzzo a Sutera, nel Nisseno. L’attivita’, destinata alla fornitura di materiali per opere pubbliche e private, sarebbe finita nel mirino del clan per il potenziale guadagno economico. Tra i presunti complici figurano il favarese Vincenzo Parello e i nisseni Maurizio Carruba, Alfredo Schillaci e Angelo Schillaci.
Durante l’udienza preliminare, la difesa – rappresentata dall’avvocato Barbara Garascia – ha sostenuto che Falsone non potesse essere processato per questa vicenda, poiche’ l’estradizione dalla Francia, avvenuta il 25 giugno 2010 dopo dodici anni di latitanza, riguardava altri procedimenti. Il giudice ha pero’ ritenuto infondate le argomentazioni e ha disposto il rinvio a giudizio. Falsone, gia’ condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio, ha recentemente ricevuto un’ulteriore condanna a 22 anni di reclusione per avere, secondo l’accusa, continuato a gestire gli affari di Cosa nostra dal carcere con l’aiuto dell’ex avvocato Angela Porcello.


