Faida Favara – Liegi: assoluzione Calogero e Antonio Bellavia: vuoto probatorio
La seconda sezione della Corte di Assise di Palermo, presieduta dal giudice Angelo Pellino, ha infatti depositato la sentenza, 156 pagine in tutto, che fa luce giudiziariamente sulla tristissima e intricatissima vicenda
Finalmente si conoscono le motivazioni della sentenza di secondo grado del processo scaturito dall’inchiesta Mosaico, l’operazione che ha fatto luce sulla tristemente nota faida Favara-Liegi. Una lunga scia di sangue caratterizzata da tre omicidi che ad oggi restano senza colpevoli. La seconda sezione della Corte di Assise di Palermo, presieduta dal giudice Angelo Pellino, ha infatti depositato la sentenza, 156 pagine in tutto, che fa luce giudiziariamente sulla tristissima e intricatissima vicenda. Anzi, più che luce – vista l’assoluzione di tutti gli imputati dall’accusa di omicidio . riapre inevitabilmente pagine buie ed incerte ancora tutte da illuminare sino ad arrivare a certezze.
Il processo di Appello ha ribaltato completamente il verdetto di primo grado quando furono inflitte pesanti condanne e due ergastoli. In particolare, i giudici di secondo grado hanno largamente riformato la sentenza del gup di Palermo: A Calogero Bellavia, inizialmente condannato al carcere a vita, sono stati inflitti 20 anni per due tentati omicidi (assolto per gli omicidi); lo zio Antonio Bellavia, anche lui condannato all’ergastolo in primo grado, è stato invece assolto da tutte le accuse (omicidio e tentato omicidio) e immediatamente scarcerato; assolto e scarcerato anche Calogero Ferraro, condannato in primo grado a 14 anni di reclusione. Sconti di pena anche per gli altri imputati: Gerlando Russotto (5 anni e 2 mesi); Carmelo Nicotra (3 anni, 9 mesi e 10 giorni); Salvatore Vitello (4 mesi e 10 giorni di reclusione). Negli ultimi casi la pena inflitta è stata quasi interamente scontata.
Ecco cosa scrivono i giudici della Corte d’Assise d’appello (Angelo Pellino presidente e Pietro Pellegrino): “Un primo cospicuo blocco di reati – quello che si snoda attraverso le fattispecie di cui ai capi d’imputazione A), B) e C) dell’epigrafe – che vede imputati i due impugnanti Bellavia Antonio e Bellavia Calogero, può essere affrontato con percorso motivazionale unitario, posto che gli atti d’appello, già succintamente esposti, proposti nell’interesse di questi due prevenuti sviluppano – entrambi postulando con forza l’assoluzione dei rispetti vi raccomandati dai delitti in parola, per non averli commessi. Si comprende bene come, nel già descritto vuoto assoluto di altri riscontri, attesa la voluta cripticità della riportata captazione, la teoria di nomignoli, soprannomi e nomi che sono stati rilasciati in libe1tà, prima nella requisitoria scritta di prime cure del PM, poi nella sentenza di primo grado, con riferimento all’identità dei responsabili dei delitti di cui al capo F) e poi di quelli connessi di cui ai capi G), H) e I) della rubrica, non consente in alcun modo di confermare la declaratoria di penale responsabilità pronunciata in primo grado a carico almeno di Bellavia Antonio e Ferraro Calogero.
La responsabilità penale – è addirittura pletorico dirlo – è personale e non basta certo, se del caso, convenire sul fatto che il tentato omicidio di cui al capo F) della rubrica sia da inserirsi nel contesto dell’asperrima contesa tra i Bellavia ed i Di Stefano, per attribuire responsabilità a soggetti o persone, in assenza di prove certe o indizi coordinati oltre ogni ragionevole dubbio, solo perché facciano parte di una fazione. Comunque non potrebbe mai essere questo il caso dal momento che, come si è visto fondando il giudizio esclusivamente sugli atti e sul contenuto della sentenza di primo grado, è veramente impossibile sostenere che per i due imputati anzi detti vi siano prove affidabili di partecipazione ai fatti del capo F). Il quadro probatoriamente deficitario fin qui descritto, non muta, per i due appellanti, neanche nel prisma del contributo dichiarativo del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta.
Sul tenore del reale contributo di costui si è già ampiamente detto e non ci si ripeterà.
Qui è sufficiente ricordare come egli negli interrogatori in atti, anche in quello principale e più ampio del 1° febbraio 2008, di Ferraro Calogero non parli affatto – nel senso letterale del termine – limitandosi a dire di conoscerlo di vista e di sapere solo trattarsi di un lavoratore, probabilmente fratello di Ferraro Emanuele. In ogni caso, anche per i segmenti della propria narrazione riferibili ai reati di cui ai capi F), G), H) e I) della rubrica, lo stile dichiarativo di Quaranta è lo stesso del quale si è già detto in termini generali. Correttamente, anche in questo caso, il dichiarante ha sempre premesso di non avere che informazioni de relato (fonte diretta l’ormai defunto Ferraro Emanuele) ed anche queste non dovevano essere circostanziate se, come può leggersi con precisione a f. 36 dell’interrogatorio citato del I 0 febbraio 2018, al PM che, parlando degli odierni imputati, gli domandava testualmente: “…loro erano…Potevano sembrare coinvolti in questo o lo descrivevano come una cosa…cioè…”,Quaranta rispondeva: “coinvolti, secondo me erano coinvolti”.
E’ chiaro che la forma dubitativa usata (secondo me) per trasmettere una propria impressione personale, risulta compiutamente sintomatica del fatto che dell’attentato del 23 maggio 2017 ai danni di Nicotra, nessuno gli avesse parlato in termini veramente espliciti ed inequivoci e che egli avesse magari solo spicchi non organici di informazione, sui quali, in assenza di altri riscontri di responsabilità individualizzante, visto che quelli proposti nella sentenza di primo grado, come si è spiegato a fondo, non hanno retto all’esame critico delle reali emergenze processuali, non può certo fondarsi l ‘affermazione di penale responsabilità.
Quanto al fatto, infine, che a f. 86 della sentenza di primo grado (mutuandolo dai ff. 85 e ss. della memoria depositata dal PM all’udienza preliminare, del pari in atti) sia stato incorporato un virgolettato – cui si rinvia – che parrebbe contenere delle lineari dichiarazioni d i Quaranta che accusano i prevenuti, va fatta una precisazione importante.
Queste dichiarazioni, a petto delle quali parrebbe che Quaranta avesse fatto con precisione e senza palesare dubbi i nomi degli odierni imputati, risulterebbero tratte, come almeno viene detto m sentenza, dall’interrogatorio del I 0 febbraio 2018.
Tuttavia la lettura integrale delle trascrizioni di quell ‘interrogatorio, che sono agli atti, non ha consentito di trovarle, almeno nella forma in cui vengono organicamente menzionate, dovendosi ritenere pertanto che possa trattarsi di una sintesi interpretati va, comunque non attribuibile dichiarante.
Per tutte queste insuperabili ragion i, con assorbimento fisiologico dei motivi subordinati di doglianza, in parziale riforma della sentenza di primo grado, Bellavia Antonio e Bellavia Calogero vanno assolti dal delitto di cui al capo F), per non aver commesso i l fatto.
Ciò comporta la loro assoluzione anche dai reati collegati per i quali la responsabilità nella sentenza di primo grado (cfr. f. 98 di quella motivazione) è dedotta sostanzialmente solo come conseguenza della partecipazione dei prevenuti al delitto di sangue di cui al capo F).