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“Il paracco di Palma di Montechiaro”, annullata (con rinvio) misura cautelare a Gioacchino Pace

Dovrà pronunciarsi di nuovo il tribunale della Libertà ma il 51enne resta comunque in carcere

Pubblicato 4 anni fa

La quinta sezione della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Santo Lucia, ha disposto l’annullamento con rinvio della misura cautelare nei confronti di Gioacchino Pace, 51 anni di Palma di Montechiaro, coinvolto nella maxi operazione “Oro Bianco” sul cosiddetto paracco di Palma di Montechiaro, una famiglia mafiosa “parallela” a Cosa Nostra. Pace è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di droga. La Cassazione ha disposto, dunque, un nuovo giudizio nei confronti del 51enne al tribunale della Libertà di Palermo. L’accoglimento dell’istanza arriva dopo due rigetti precedenti sia davanti il gip che in un primo passaggio al Riesame. Pace, attualmente detenuto nella casa circondariale di Secondigliano, resterà comunque in carcere. 

L’operazione “Oro Bianco” – coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – è stata eseguita nel gennaio scorso dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento facendo luce su intrecci pericolosi tra mafia, imprenditoria e politica tra Palma di Montechiaro e Favara. In quell’occasione furono 12 le persone arrestate tra cui un consigliere comunale in carica – Salvatore Montalto, considerato dagli inquirenti uno dei capi decina della famiglia – e il capo clan Rosario Pace, detto “Cucciuvì”. Lo scorso settembre la Dda di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di 34 persone accusate, a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e traffico di droga. Il gruppo criminale, denominato “paracco”, non farebbe parte di Cosa Nostra, ma ne avrebbe tutte le caratteristiche organizzative. Come la stidda si affiancava alla mafia, di cui subiva l’autorita’ , ma si muoveva in autonomia. A descrivere le caratteristiche del paracco il collaboratore di giustizia Quaranta che ha parlato delle “famigghiedde” costituite da una decina di persone, i “paraccari”, con una struttura gerarchica composta da capi, sottocapi, capidecina.

L’inchiesta muove i primi passi nel palermitano ma ben presto si sviluppano i collegamenti con la provincia di Agrigento. Collegamenti che sono stati tracciati anche dal collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta. Dalla figura di Salvatore Troia, uomo d’onore di Villabate, si è giunti a Favara dove era in contatto con Giuseppe Blando, arrestato (e assolto in primo grado) nell’operazione Montagna. Blando è il fratello del più noto Domenico, favoreggiatore della latitanza di Giovanni Brusca a Cannatello. 

L’accusa per gli indagati e’ di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omerta’ che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali. Tra i tentativi di estorsione svelati dall’indagine ci sarebbe quello ai danni del gruppo di imprese che si è aggiudicato un appalto da due milioni e tre cento mila euro nell’ambito del “Contratto di quartiere”.

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